04/08/07

Marie-Louise von Franz, I MITI DI CREAZIONE


[Chinese butterfly. Foto di Marzia Poerio]

Marie-Louise von Franz, I MITI DI CREAZIONE (1972, 1975 e 1978), Torino, Bollati-Boringhieri, 1989

Avendo recensito qualche settimana fa la ristampa dell’analisi di von Franz sulle fiabe, è stato spontaneo orientarsi verso un altro suo libro, non ristampato di recente, sui miti di creazione, ovvero storie centrali tanto nella storia culturale quanto nell’interpretazione analitica junghiana in quanto proiezioni di immagini simboliche collettive e individuali, portatrici di identità e partecipazione coesa tra soggetto e oggetto, tra mondo interiore e mondo esterno, rappresentazioni preconsce, funzionali a dare un’origine alla comunità di appartenenza ma anche a rigenerare e ordinare il caos che sta nei precordi. In sede di analisi individuale, i miti di creazione paiono presentarsi poco prima di una svolta decisiva nel processo di individuazione, come “risveglio della coscienza” (p. 27), o come più generale premonizione di un cambiamento.

Le tipologie prese in esame da von Franz sono il movimento dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto; i due creatori; la prima vittima; l’uovo cosmico; l’uomo primordiale; le creazioni abortite e le catene di generazioni. Per studiarle, l’autrice si serve di miti dell’India, degli indiani d’America, degli eschimesi e di testi gnostici e alchemici. Già vario il materiale riportato, esso si dispone alla possibilità di interpretazioni multiple; e quella di von Franz è una delle possibilità.

Tra i risvolti in sede di psicologia analitica, che coinvolgono i processi creativi e fasi di trasformazione, se ne enucleano qui di seguito, scegliendo tra le molte considerazioni di von Franz, alcune che sono parse al presente lettore più stimolanti di altre.

La creazione dall’alto verso il basso, se appare nei sogni (ad esempio l’arrivo di un’astronave), indicherebbe un’“illuminazione”, un’“idea con una forte carica emotiva”; mentre un’emersione dalle profondità segnalerebbe “un atto concreto, un’iniziativa di cui solo successivamente il sognatore comprenderà il senso simbolico” (p. 48).

Nella creazione con due artefici, von Franz osserva che conscio e inconscio parrebbero nati storicamente assieme; e vede varie valenze: lo stato preconscio e quello conscio, il principio maschile e quello femminile, una tendenza verso la vita e una verso la morte: stati talora cronologici nelle storie mitiche, ma spesso coesistenti come nella psiche di ognuno di noi. “Ogni impulso verso la creazione ha una duplice natura e corrisponde a questa strana tendenza dell’inconscio a far emergere qualcosa per poi rifiutargli l’accesso alla coscienza. Ogni impulso creativo racchiude un e un no, un aspetto attivo e uno passivo” (p. 82).

Nella creazione con una prima vittima si riscontra che “l’Io assume […] la funzione originaria di contrastare il caos e la frantumazione in una molteplicità incoerente di modelli archetipici divergenti e opposti”; la costruzione dell’io tramite il conflitto tra tali modelli contribuisce a rafforzarlo (p. 108).

La paura della solitudine (una malattia della modernità?) è paura di confrontarsi col proprio inconscio, ma nei rituali di iniziazione e sciamanici la solitudine è proprio la condizione che permette alla visione di presentarsi. Nella vita contemporanea “è il vuoto ciò che si teme” (p. 118) e occorre imparare a dialogare con l’inconscio in solitudine senza lasciarsene dominare psicoticamente, ma accogliendo la visione come fonte di creatività.

C’è, forse, un’inversione del paradigma freudiano nella constatazione che, quando la creatività riprende a funzionare, anche certi disturbi sessuali si risolvono (parrebbe non viceversa per von Franz).

Fondamentali sono i simboli; tra questi propri delle emozioni sono i simboli del fuoco e della luce. “L’oro, il fuoco, la moneta indicano tutti l’energia e quello che è il valore fondamentale di scambio, l’energia psichica, la libido” (p. 135). Il fuoco, come già in Eraclito, figura simbolicamente come mitica forza creativa: “la sostanza spirituale che contiene e conferisce un ordine intelligente a ogni cosa” (p. 136).

Più in generale, sul rapporto tra razionalità e irrazionale nella pratica analitica, “l’idea di inconscio esiste solo quando vi è una riflessione cosciente: per poter parlare dell’inconscio, prima bisogna diventare coscienti, poi mettere in discussione la coscienza. Finché non si sono compiute queste tre fasi, non vi è alcuna idea di inconscio” (p. 138).

Come già in Jung, ci si trova di fronte a un ampio materiale mitico, storico, interiore, con una ricerca di significato e un’adesione agli elementi simbolici. Anche questa, come le altre opere di von Franz, è di notevole interesse.


[Roberto Bertoni]