24/07/07

George Ritzer, LA GLOBALIZZAZIONE DEL NULLA


[A. Pomodoro, SPHERE WITH SPHERE, Trinity College Dublin. Foto di Paola Polito]


George Ritzer, LA GLOBALIZZAZIONE DEL NULLA, edizione in lingua inglese Thousand Oaks (California), Pine Forge, 2004. Edizione italiana: traduzione di Davide Panieri, Bra (CN), Slow Food, 2005.


Il concetto di nulla adottato in questo libro indica, come spiega l’autore, “forme sociali generalmente concepite e controllate culturalmente che sono relativamente prive di contenuto sostanziale distintivo” (p. 13); forme reperibili soprattutto nella sfera del consumo e con riferimento a quelli che con frequenza, ormai, vengono designati come “non-luoghi”, con l’aggiunta, qui, di “non-cose, non-persone e non-servizi”, in un’accezione non tanto necessariamente negativa quanto obiettivamente evolutasi a contatto coi processi paralleli e intrecciati della glocalizzazione (il locale espresso nel mondo globalizzato) e di ciò che un neologismo di Ritzer chiama “grobalizzazione”, ovvero crescita (“growth” in inglese, da cui il prefisso gro) nata dalla globalizzazione e dallo sviluppo del capitalismo.

Il nulla, stando all’autore, si espanderebbe sempre di più; e sarebbe solo occasionalmente, ma in alcuni casi senz’altro, sostituito, man mano che le forme globalizzate si dilatano, anche dal qualcosa, cioè da rapporti umani meno impersonali, da oggetti più individualizzati e da servizi più affabili verso l’utente.

Questa analisi lungamente svolta ha come corollari altri processi quali le cosiddette “americanizzazione” e “macdonaldizzazione”. Si notano gli intenti di comprensione del mondo attuale. Si osserva che certi rapporti umani sono oggi effettivamente caratterizzati da distanza, gli oggetti sono prodotti meno artigianalmente, i luoghi di recente creazione sono talora poco ospitali.

Ma perché dire "non-luoghi, non-persone, non-cose"? Se tali lessemi potevano avere una loro maggiore ragione di essere tempo fa, all’apparire della nuova fase della tarda modernità, oggi si possono definire "non-persone" coloro che per professione si comportano impersonalmente in una banca o in un'agenzia di viaggi? E sono "non-luoghi" gli aeroporti o i centri commerciali, ai quali ci si è abituati e che determinano anche forme di socializzazione? C’è un film degli ultimi anni, il cui protagonista, bloccato per settimane da un disguido burocratico in un aeroporto statunitense, conduce una vita di relazione che comprende amicizie e amore proprio in quell’ambiente di sale d’attesa e negozi, consumistico e inospitale, uno dei luoghi in cui nel tempo presente agiscono gli esseri umani tra oggetti d'uso e di scambio prodotti in serie, tra momenti di alienazione e la ricerca di vie d'uscita affidate all'autenticità.


[Roberto Bertoni]