12/03/07

Carmine Abate, TRA DUE MARI

Milano, Mondadori, 2002


Il libro è narrato in prima persona da uno dei personaggi, Florian, ma è solo l'ultimo capitolo a chiarirlo, quando il narratore si rivela e spiega di avere raccontato la storia che abbiamo letto all'autore (pp. 195-97). Si tratta di una tecnica di autenticazione dei fatti adoperata anche da altri autori recenti (ad esempio da Rea in LA DISMISSIONE). È un procedimento, inoltre, che permette di raccontare senza dover usare la terza persona, dunque facendo scorrere più liberamente il racconto.

Come negli altri libri di Abate, compare qui il tema dell'emigrazione in Germania e del rapporto con il paese di origine di chi è emigrato, che in questo caso si chiama Roccalba. La famiglia di Florian abita in Germania: il padre è tedesco e la madre è calabrese. Florian vive in entrambe queste realtà e alla fine del romanzo, dopo aver deciso di fermarsi per la maggioanza dell'anno in Italia, dichiara: "Quattro mesi li passo nell'altra casa, ad Amburgo, dove sono nato. Ne ho bisogno per non perdere pezzi miei di passato e forse di futuro. Vivendo in due posti diversi tra di loro come il sole e la luna, mi illudo di vivere due volte, perché in ogni posto mi tuffo a capofitto" (p. 196). Rivela così una doppia appartenenza; e potremo in questo senso collocarlo sullo sfondo dell'Europa unificata e della globalizzazione, in una fase successiva dell'emigrazione e diversa da quella dei libri precedenti. Già la generazione a lui precedente è emancipata e colta: la madre di Florian è laureata, insegna in una scuola tedesca, conosce bene la lingua, è integrata in Germania per quanto nostalgica del paese di origine e profondamente legata alla sua terra, tanto da averne approfondito un aspetto (il Grand Tour di Stolberg in Italia nel Settecento, p. 71) anche per la tesi di laurea. Tanto più la generazione di Florian vive le due realtà tedesca e italiana con una certa naturalezza.

C'è però contemporaneamente una doppia appartenenza, indicata anche dalla metafora che dà il titolo al libro: "tra due mari", che si riferisce geograficamente a Roccalba, collocata tra il mar Tirreno e il Mare Ionio in vetta a un crinale da cui si vede "l'azzurro luccicante di due mari, lo Ionio e il Tirreno, uno a [...] destra e uno a [...] sinistra" (p. 59); "il paese è appoggiato come un ferro di cavallo su una collina tra due mari, lo Ionio e il Tirreno" (p. 10). Il riferimento è logicamente anche alla doppia indentità del narratore; ed è il luogo di un confine culturale e antropologico dove si congiungono presente e passato, tradizione e modernità. È inoltre un luogo dove si raccolgono testimonianze, avventure immaginarie e racconti: "si cerca un posto e si trovano delle storie" (p. 195).

La struttura del romanzo è articolata tramite un'altra metafora centrale, quella del viaggio; e di nuovo, almeno in parte, collegata al tema dell'emigrazione. I capitoli sono infatti intitolati PRIMO VIAGGIO, SECONDO VIAGGIO, TERZO VIAGGIO e QUARTO VIAGGIO; l'introduzione è denominata PARTENZA e la conclusione comprende la parola SOSTA. Il viaggio è nel tempo e nello spazio.

Il percorso temporale è relativo alla trasmissione ereditaria di una locanda, il Fondaco del Fico. Ci sono infatti riferimenti allo scrittore Dumas, che insieme all'artista Jadin si sarebbe fermato nel 1835 in una proprietà della famiglia protagonista del romanzo, il Fondaco del Fico, di cui è rimasto, trasmesso da varie generazioni, uno scrigno contenente un libro di Dumas e un disegno di Jadin (p. 36 e 197). Il fondaco del Fico è l'elemento di unificazione epocale: una locanda appartenuta all'antenato Gioacchino Bellusci, poi passato al figlio di lui, Focubellu, ma distrutto nel 1865 dall'esercito italiano per catturare dei briganti che si erano lì rifugiati, dietro un compenso in danaro insufficiente per ricostruire. Il figlio di Focubellu, Gioacchino, di ritorno dall'America dove era emigrato, non possedendo abbastanza denaro per ricostruire il Fondaco, avvia una macelleria, che trasmette al figlio Giorgio Bellusci, nonno di Florian (pp. 103-11).

Il desiderio principale di Giorgio Bellusci è quello di ricostruire il Fondaco. Ci prova, ma la mafia lo minaccia, richiedendo il pizzo, per cui Giorgio perde la testa e uccide chi cerca di perpetraree l'estorsione, dovendo così subire sette anni e mezzo di carcere. Uscito dal carcere, si rimette al lavoro, ma un'esplosione fa saltare la nuova costruzione quasi terminata. Giorgio non si dà per vinto e si rimette al lavoro, fino a quando, in viaggio per la Calabria assieme all'amico fotografo Hans Heumann, vengono tutti e due uccisi dalla mafia: "volevano dimostrare chi è più forte e l'hanno fatto" (p. 150). Il motivo sociopoliticco del romanzo, assieme all'immigrazione, è appunto la malavita organizzata e la sua penetrazione nella struttura sociale calabra, con la punizione di chi non si sottomette.

Tutto questo, assieme ad altre notizie sulla vita della famiglia del protagonista (sia quella tedesca che quella calbrese), lo veniamo a sapere poco per volta, in una strutturazione orchestrata con complessità sebbene di agevole lettura e non disposta in modo cronologico. Il primo viaggio è quello di Giorgio Bellusci dalla Calabria alla Puglia per andare a chiedere in sposa Patrizia. È così che Giorgio conosce Hans Neumann negli anni Cinquanta. Il secondo viaggio è quello della madre di Florian per la Germania, dove conosce Klaus, il figlio di Hans, e lo sposa: avranno due figli, Florian e Marco. Il terzo viaggio è quello di Florian a Roccalba, dove decide di andare a vivere dopo la maturità (è a lui che resterà il Fondaco del Fico dopo la morte del nonno); Florian si fidanza con Martina, una giovane di Roccalba con cui alla fine della storia ha costituito una famiglia. Il quarto viaggio è quello di Giorgio e Hans sullo stesso itinerario che già avevano pecorso da giovani e verso la morte.

Altri elementi sono i contrasti, oltre che le unità familiari: la famiglia come microcosmo sociale, più unita quella italiana e con rapporti di distanza tra Klaus e Hans in quella tedesca.

Scritto in un linguaggio standard, ma con questa complessità compositiva e di motivi, e con riferimenti linguistici più alla vita quotidiana e al folclore che ai linguaggi mediatici e televisivi, si tratta senz'altro di un romanzo importante e di buona qualità letteraria.


[Roberto Bertoni]