25/09/18

Hirokazu Kore-eda, UN AFFARE DI FAMIGLIA


["Life as dance, or is it as rigid as a statue..." (Paris 2018). Foto Rb]


Giappone 2018. Titolo originale giapponese: 万引き家族 (Manbiki kazoku, cioè La famiglia dei taccheggiatori). Titolo in lingua inglese: Shoplifters. Con Sakura Ando, Lily Frankie, Kairi Jyo, Kirin Kiki, Mayu Matsuoka, Miyu Sasaki



Il tema delle relazioni familiari non armoniche, ma col ritrovamento di sentimenti autentici tra alcuni individui, ricorre nei film di Kore-eda quali Little Sister (2015) e Ritratto di famiglia con tempesta (2016), mentre il genere noir collegato con difficili storie di famiglia è centrale in The Third Murder (2017). Entrambi questi elementi si associano in Un affare di famiglia.

L’intreccio presenta dapprima un gruppo di persone che condividono vita, affetti e sopravvivenza nella dimora di un’anziana, tirando avanti in povertà, parzialmente lavorando e in parte con furti di merci di prima necessità nei negozi. Raccolgono una bambina lasciata in solitudine dai genitori di classe media: la madre di una coppia che subisce violenze da parte del marito, ma non fornisce amore alla figlioletta.

Si è insomma costituita una famiglia fondata sulla scelta da parte dei suoi componenti e non sui legami di sangue, l’unico dei quali è quello tra l’anziana e una delle ragazze che vivono in comunità. Questa idea del rapporto profondo e familiare basato sull’adozione volontaria è uno dei motivi del film.

Un altro elemento essenziale è quello dell’etica dell’autenticità contrapposta alla morale sociale dominante. Il furto viene presentato come fonte di sopravvivenza e non si estende al consumo non necessario. La lealtà è alla radice dei rapporti interpersonali tra i membri della comune.

Importante, infine, il distanziamento dai modelli di integrazione sociale determinati dal lavoro fisso. Questi personaggi vivono ai margini della compagine economica prevalente.

Il quadro sembrerebbe paradossalmente idillico nella povertà, ma vari aspetti crudi si svelano nella seconda parte della pellicola. Quando la bambina viene ritrovata dalla polizia, gli altri sono arrestati, poi rilasciati tranne una persona, e il bambino affidato ai servizi sociali. La nonna deceduta e seppellita in casa per non separarsi da lei risulta agli occhi del mondo un fatto efferato. I due amanti del gruppo si scopre abbiano ucciso il marito di lei seppure per autodifesa. Il ragazzino adottato informalmente era stato prelevato da un’auto in cui lo avevano lasciato i genitori biologici. 

Si contrappongono dunque qui la devianza involontaria, una strana buona fede dei partecipanti alla vita in comune, da un lato, e i parametri del mondo ordinato da leggi e convenzioni. Sebbene si mostrino scene in cui la disfunzione dei rapporti umani è più pronunciata tra la classe media che tra gli emarginati, non c’è condanna totale né degli uni, né degli altri.

Il film si tiene su un piano di buon gusto e di non esagerazione anche nei momenti scabrosi.

La recitazione è notevole per naturalezza, compresi, evidentemente ben guidati dal regista, i bambini, una di sette e uno di dodici anni nella vita reale.



[Roberto Bertoni]