21/08/18

Han Suyin, DESTINATION CHUNGKING


[Portraits of a whole life? (Paris 2017). Foto Rb]



Han Suyin, DESTINATION CHUNGKING, 1942. Harmondsworth, Penguin, 1959

Abbiamo già parlato di un libro di Han Suying, A Many-Splendoured Thing, in cui ci aveva colpito la capacità narrativa quanto quella di rendere una cultura e una società con partecipazione emotiva e obiettività al contempo, caratteristiche che troviamo anche in questo volume, più direttamente autobiografico, eppure testimonianza di un periodo storico tragico per la Cina, gli anni 1938/1941, che la narratrice, di famiglia agiata, visse, dopo un soggiorno di studio universitario inglese, assieme al marito Pao, tornato in Cina per arruolarsi nell’esercito nazionalista e che sposò all’età di ventuno anni, nelle zone detenute dal Kuomintang, vivendo la ritirata dello Stato Maggiore di Chiang Kai-Shek, cui Pao era assegnato, sotto i bombardamenti giapponesi, ad Hankow, Kweilin e appunto Chungking, trascritte oggi come Hankou, Kweilin e Chongqing.

Non solo assistiamo alla sensibilizzazione di quel ceto intellettuale verso l’idea di antimperialismo e salvezza nazionale, raccogliendo l’eredità ideologica di Sun Yat-Sen, che portò Ann Suyin in quel periodo a simpatie nazionaliste, ma in contrapposizione alle destre del Kuomintang, tanto che il libro termina con una lode della resistenza e del ruolo sociale determinante dei coolies, intendendo con questi il popolo, le classe non privilegiate; e in seguito l’autrice esprimerà simpatia per i risultati di emancipazione ottenuti sotto la Cina maoista. che per ora, però, resta in sottordine, citata senza condanna, ma come una soluzione non preferibile alla democrazia.

Le pagine sul bombardamento giapponese di Chungqing, uno degli episodi più ingloriosi dell’occupazione, dato che vennero per mesi intenzionalmente bombardati gli insediamenti civili cinesi, alternano la descrizione delle sofferenze alla vita quotidiana del tempo di guerra, con una galleria di personaggi che rappresentano diverse posizioni mentali e sociali.

Il libro, scritto in inglese, nato da frammenti inviati a persone amiche in Inghilterra, mantiene la volontà di parlare della cultura materiale e delle istituzioni, con capitoli rivelatori come il decimo sulla famiglia cinese esemplificata dalla famiglia allargata dell’autrice. Si realizza così il progetto di allargare la tematica:

“I had thought to write in this book only of Pao and myself, caught in the turmoil of war-time China. It would be the story of two Chinese typical of many millions, our life and experiences differing in detail but in broad outline the story of our people. But I find that I cannot make this a faithful reflection of China unless I tell of the Big Family which is the unit of Chinese life” (p. 148).

Che senso ha la scrittura memoriale:

“Casting back mind and body to eleven years ago, to myself as young in Chungking at war, I recall the world as it was, a solid one; words of assured meaning; ends self-evident, right, and honourable; doubt a grievous offense against oneself and others; virtue, and faith, carrying one through hunger, pain, and trouble. One was sur to live to laugh again, to enjoy life in spite of present trouble and the ever-recurring theme of bombing which accompanied each sunny day, everything was surely going to come right in the end” (p. 7).


[Roberto Bertoni]