[A scene from popular Italy (La Spezia 2017). Foto Rb]
Marco Balzano, L'ultimo arrivato. Palermo,
Sellerio, 2014
Avevamo
recensito un romanzo precedente di Balzano, Pronti
a tutte le partenze, che preannunciava la presenza significativa della
tematica sociale all’interno di una storia che evidenzia le particolarità
caratteriali e psicologiche dei personaggi.
In L’ultimo arrivato, questa miscela si
esprime tramite una narrazione in prima persona che copre l’arco di una vita a
partire dalla fine degli anni Cinquanta, quando il protagonista emigra dalla
Sicilia, da una situazione di emarginazione anche se non di povertà cieca, per
recarsi nel Nord all’età di quindici anni, compiendo esperienze che dovrebbero
essere più quelle di un adulto che di un adolescente così giovane.
Al lavoro
manuale, accompagnato dal soggiorno in alloggi precari, si assomma la crescita
personale, concretizzatasi nelle amicizie con persone di età superiore alla sua
e nella conoscenza carnale e sentimentale sfociata in un matrimonio precoce e
duraturo.
Il tono è
inizialmente arguto, stabilizzandosi più oltre su una maggiore sobrietà.
Una nota
dell’autore spiega in appendice che voleva appunto occuparsi dell’“emigrazione
infantile […] ancora consistente nel periodo compreso tra il 1959 e il 1962” e
che vedeva una “svolta […] a quindici anni, quando molti di loro riescono ad
entrare in fabbrica come operai” (p. 203). Da sue interviste con “una
quindicina di persone” (p. 204), Balzano ha ricavato la storia esemplare che
racconta.
La
prospettiva è quella di una rivisitazione del miracolo economico dal lato di
chi ne ha sofferto, emancipandosi al contempo. Da ricordare in un’Italia che
non sempre ospita gli immigranti odierni.
[Roberto
Bertoni]