21/03/17

Marco Balzano, L'ULTIMO ARRIVATO



[A scene from popular Italy (La Spezia 2017). Foto Rb]


Marco Balzano, L'ultimo arrivato. Palermo, Sellerio, 2014


Avevamo recensito un romanzo precedente di Balzano, Pronti a tutte le partenze, che preannunciava la presenza significativa della tematica sociale all’interno di una storia che evidenzia le particolarità caratteriali e psicologiche dei personaggi.

In L’ultimo arrivato, questa miscela si esprime tramite una narrazione in prima persona che copre l’arco di una vita a partire dalla fine degli anni Cinquanta, quando il protagonista emigra dalla Sicilia, da una situazione di emarginazione anche se non di povertà cieca, per recarsi nel Nord all’età di quindici anni, compiendo esperienze che dovrebbero essere più quelle di un adulto che di un adolescente così giovane.

Al lavoro manuale, accompagnato dal soggiorno in alloggi precari, si assomma la crescita personale, concretizzatasi nelle amicizie con persone di età superiore alla sua e nella conoscenza carnale e sentimentale sfociata in un matrimonio precoce e duraturo.

Il tono è inizialmente arguto, stabilizzandosi più oltre su una maggiore sobrietà.

Una nota dell’autore spiega in appendice che voleva appunto occuparsi dell’“emigrazione infantile […] ancora consistente nel periodo compreso tra il 1959 e il 1962” e che vedeva una “svolta […] a quindici anni, quando molti di loro riescono ad entrare in fabbrica come operai” (p. 203). Da sue interviste con “una quindicina di persone” (p. 204), Balzano ha ricavato la storia esemplare che racconta.

La prospettiva è quella di una rivisitazione del miracolo economico dal lato di chi ne ha sofferto, emancipandosi al contempo. Da ricordare in un’Italia che non sempre ospita gli immigranti odierni.


[Roberto Bertoni]