Modena, Mucchi, 1993
La pubblicazione del Meridiano Mondadori su Cassola a cura di Alba
Andreini nel 2007, con una seconda edizione nel 2016, per quanto sia antologico
e comprenda solo alcuni dei testi dal 1937 al 1970, escludendo in blocco tutto
il lavoro successivo, che rimane invece importante e vario, ha comunque
senz’altro contribuito al rilancio dell’autore tra i classici, superando le
sciocche seppure militanti polemiche di un tempo sul suo presunto populismo
(Asor Rosa), o, peggio, aspirazione all’Appendice (Sanguineti). L’introduzione
della curatrice, piuttosto misurata e utile, intitolata “Il romanzo delle
origini” occupa le prime interessanti 50 pagine dell’opera. L’appendice critica
rivela pochi saggi su Cassola, tuttavia, in questo secolo. Peccato. Si auspica
che tale lacuna parziale venga presto colmata da giovani esperti del campo
letterario.
Frattanto abbiamo rispolverato un breve saggio di Spinazzola degli anni
Novanta che ci era, e lo auto-deprechiamo, sfuggito. Nota come altri che la
dichiarazione forse più significativa di Cassola riguardo la poetica “è quella
che indica, come oggetto privilegiato della rappresentazione letteraria, l’esistenza,
nella sua naturalità nuda” (p. 7). La novità parziale di Spinazzola è nell’assegnare,
freudianamente, un ruolo preponderante, in questo campo, all’“eros” che “non
mantiene le promesse di felicità” (p. 8).
La “condanna alla solitudine” (p. 34) è il destinio di parecchi
personaggi di Cassola; Spinazzola ribadisce dunque il senso di inutilità, la
difficoltà dei personaggi a rendersi conto della vanità dei loro sforzi per
realizzarsi; e una “contrapposizione tra l’autenticità esistenziale e l’inautenticità
della vita di relazione” (p. 11). Più in specifico:
“La velleità di conformare la vita all’esistenza, cioè
di rendere l’esistenza vivibile, non è che fomite di inquietudine, sino a un
esito obbligato di smarrimento, di delusione fatale. Questa prospezione della
instabilità costitutiva dei sentimenti nel loro turbamento stanco, confuso e
perplesso, questo è, secondo me, il vero nucleo di modernità dell’oggettivismo
e del realismo cassoliano” (p. 12).
Varie altre note interessanti in questo volumetto, per esempio l’importanza
del rifiuto cassoliano della violenza che lo distingue dai contemporanei anche
nei testi neorealisti. E sul piano delle tecniche letterarie una modifica dell’impersonalità
verghiana, tramite un “personaggio che è protagonista della storia stessa:
colui che narra si pone allo stesso livello di colui che è narrato”; tuttavia,
rispetto a Verga, “non è la stessa cosa” perché “l’obbiettività degli avvenimenti
raccontati viene filtrata dalla sensibilità soggettiva di chi ne fa esperienza”
(p. 21).
[Roberto Bertoni]