17/01/17

Anna Maria Ortese, IL MARE NON BAGNA NAPOLI

Torino, Einaudi, 1953 (Edizione Kindle tratta dalledizione a stampa Milano, Adelphi, 1994)


La polemica del gennaio 2017 tra Roberto Saviano e Luigi De Magistris su se Napoli sia o no cambiata [1], e quanto in essa è implicito di non gradimento dell’immagine negativa proposta dallo scrittore, ha richiamato quanto scriveva Anna Maria Ortese sul suo libro Il mare non bagna Napoli: “Fu giudicato, purtroppo, un libro ‘contro Napoli’”. La conseguenza che ne trasse l’autrice fu, diversamente da Saviano, l’allontanamento volontario: “Questa ‘condanna’ mi costò un addio, che si fece del tutto definitivo negli anni che seguirono”. Giustamente Ortese osserva: “A distanza […] di quattro decenni […] mi domando se il Mare è stato davvero un libro ‘contro’ Napoli” [2].

Nella propria autolettura, Ortese insiste sulla qualità letteraria del testo, che è indubbia, percecibile in un italiano allo stesso tempo scorrevole e letterario, leggibile da tutti, ma privo di sciattezza e banalità. Oltre a ciò occorrerebbe indicare l’impegno, che si rivela proprio perché la rappresentazione a tratti onirica-surreale deforma parzialmente, esagerando e mettendosi su un confine del fantastico radicato nel realismo e nella verità. Non dunque un libro contro” Napoli, ma un documento ottenuto tramite raffinati filtri letterari e gli schermi dellimmaginazione che vede da una prospettiva inedita e ampliata rispetto al documento giornalistico. 

Si vedano gli occhiali acquistati con fatica di risparmi materni alla ragazzina tenuita in disparte, quasi emarginata, perché non bella: gli occhiali si rompono il giorno stesso della loro consegna, né se ne può acquistare un secondo paio nuovo data la mancanza di risorse economiche.

Altrove i riferimenti alla “gioventù malaticcia e disoccupata, con poche ambizioni, pochi sogni, poca vita”.

La via degli orafi che comprano oggetti da chi doveva impegnarlo per sopravvivere.

La visita ai casamenti popolari del “III e IV Granili”, che “non è solo ciò che si può chiamare una temporanea sistemazione di senzatetto, ma piuttosto la dimostrazione, in termini clinici e giuridici, della caduta di una razza”. E il commento indubbiamente pessimista: “Solo una compagine umana profondamente malata potrebbe tollerare, come Napoli tollera, senza turbarsi, la putrefazione di un suo membro, ché questo, e non altro, è il segno sotto il quale vive e germina l’istituzione dei Granili”. Le parole dantesche di uno dei residenti: “Questa non è una casa, signora, vedete, questo è un luogo di afflitti. Dove passate, i muri si lamentano”.

Più in generale, con riferimento all’intero Meridione, Ortese denunciava l’occultamento della ragione illuminista: “Esiste, nelle più lucenti terre del Sud, un ministero nascosto per la difesa della natura dalla ragione, un genio materno d’illimitata potenza, alla cui cura gelosa e perpetua è affidato il sonno in cui dormono quelle popolazioni”.


NOTE

[1] Cfr. Il Fatto Quotidiano, 6-1-2017.

[2] Nella prefazione all’edizione del 1994, intitolata “Il ‘mare’ come spaesamento” e riprodotta nella versione Kindle.


[Roberto Bertoni]