07/01/16

Marina Pizzi, DIVE ELEMOSINE - 2015 (Strofe 11-15)


16.

Nel naso di Pinocchio appendo
Gli affetti svaniti per negligenza
Perduti. Duttile Angelo vieni al mio fianco
Così ch’io possa salire le scale
Senza fatica adesso che devo far sparire
Il corpo invecchiato. Tu talismano di dio
Non ascolti le proteste di morenti
Agostani sotto l’afa che li fa rantolare
Amici in braccio ad una madre partigiana.


17.

Il tuo disprezzo sormonta radici
Si fa potente tenebra di bravura
Nel lascito di non avere nulla
Né essere barcone protetto
Da ìlari e devoti delfini.
Le unghie nere del baratro
Solleticano l’astratto per pietà
Il fato astrale di chiamarsi stella.
Senza vendette aiutami
A migliorare le marette ripetenti
Questo remo senza zattera vicina.
Bagliore d’amore una volta un dì
Pressappoco gigante orizzonte
Sacrilego nel nome di battesimo
Il futuro del tempo che poi detona.


18.

La gioia vespertina del senza sole
Finalmente terminato agguato.
Raggiunto occaso la natura veglia
La vergogna àncora di pregare
Per ottenere la gara di vincere
Addirittura il record solitario.
Veranda bambina v’è la bambola
Centenaria con la tenacia della polvere
Su polvere. Verrò a trovarti appena
Sarò salva è questo il valore di costringere
Le lacrime a non scendere mai e più.
Gerundio compassionevole rivederti
Sonnolento anfratto della mia memoria.


19.

L’indice è scritto solo con i puntini di sospensione.
L’atroce cecità del sale
Allunga le ciocche delle vergini
Capelli salini zuccherose rose
Il petto preso a sassi da ragazzacci
Graziosi solo quando nacquero.
Ora difendo l’ozio della dolenza
Contro il materiale infìdo che fa paura
Lo strapiombo di rammentare la fine
Lesta lesta stazione di ultimo binario.
Gloria di sfarzo guardarti la nuca
Amante del caso di esistere
Binario reo che si contorce al sole.
Nei cortili delle scuole giocano
I sacerdoti chissà se felicissimi.
Cosmesi del pianto doverti perdere
Nell’androne dell’astio ospedaliero.


20.

Dio della foce portami con te
Verso la cesta dove sono i dolciumi
Senza panici di erbe velenose
Né crateri di nebbie né forti streghe
Le beghe di ogni giorno come preghiera
Detta e ascolta e fammi assolta nel vivaio delle piante
In fiore. Re canuto che mi ascolti bambina
Abbi la fretta di strapparmi
Da qui dove si piange senza ragione
E trottola la mente teschi di boia.
Dal sudario che a piene mani torna
Nave d’inchino con la bestemmia
Che i muri sbriciola e la ciotola
Si fa di pietra per la fame di tutti.
In mano al trapasso che si attarda
Demolisci il sorpasso del sole arido
La lisca che strozza appena nati.



[Le strofe precedenti sono uscite su altri numeri di Carte Allineate]