17/11/15

Marina Pizzi, DIVE ELEMOSINE - 2015 (Strofe 6-10)

6.

Dio allo scoglio non vedrò sirene
Né plausi di fasti per resistere
Alle incombenze delle perle in conchiglia
Accattivate dal tarlo della bellezza.


7.

Rovine di castelli ascoltare i vecchi
Le crisi vive di chi non è più
Che tarlo nel sangue guerra vuota
Tra le stamberghe del caso di morire
Con più che morti sulle spalle.
Rotonda giostra la viltà
Di fingere di volare ìlari
Oltre il  rospo meraviglioso.
Sei  la zanna che genera sorprese
A questo mondo stra-pazzo
Verso la fune che addirittura impicca
Le pene che girandolano nel dolo.


8.

Con la voce nel cipresso per asilo
Le colonne sibilano nel tempio
Proprio a me una fola nella tasca
Che sotto il sole si scioglie in lacrime.
Di domenica s’indossava il vestito della festa
Il tempo sembrava perenne e senza noia
Una gioia unica essere toccata da padre e madre.


9.

L'asino fatica un inferno di fatica
Spezzato da pietre e tetri pesi
Come le lucciole impazzite dal sole
O i morenti che ciondolano da fermi.
Gridi di strazi i resti che non bruciano
Le cialde amarognole del sole
Quando d’estate si amano sconosciuti
Lutti frequenti i gradi dell’ignobile.
Incesti di cespugli le autostrade pessime
Medesime da sempre in trottole di ruggine
Dove l’appello dell’universo è fame
L’orologio segna le lunghezze di serpenti.
La logica di stare è la palude che la inghiotte
Sotto farmaci che non risanano che apparenze
Il volo dalla ringhiera si fa continuo
Con cadavere da non vedere tanto sfigurato.
Tu aggiungimi alla calunnia che ti vive
Tanto da qui è solo strofa perfetta
Versi soli senza baby sitter
Né fedi dispersive per racconti.


10.

Giovinezze apolidi giocano al pallone
Logori enigmi di un fardello
Immerso nella palude di distanze.
La polvere convince gentilezze
Ad andarsene dove la morte stenta
Gl’imperi delle trottole fanciulle.
Gira il silenzio un vagito chissà
Di chi. E dove sei venerando
Cappotto indossato tra le rovine
Che non demordono donando monumento
Al nudo strazio del perpetuo rantolo.
A cena mangio sola col frigorifero
È la sfida bacata della fine commestibile.
Dove sei refrigerio dell’infanzia
Quando nessuno m’insegnava niente
E in castigo all’angolo faccia al muro
Sopportavo il mio gorgo il giogo marcio
Il refrigerio di cantare a squarciagola appena dopo.



 [Le strofe precedenti sono uscite su altri numeri di Carte Allineate]