Ridley
Scott, Exodus: dei e re, USA, UK, Francia, 2014, con Christian Bale, Joel Edgerton,
Ben Kingsley, Aaron Paul e Sigourney Weaver.
Darren Aronovssky, Noah, USA,
2014, con Douglas Booth, Leo McHugh Crroll, Jennifer Connolly, Russel Crowe, Anthony
Hopkins, Logan Lerman, Ray Winstone.
Mah. La spettacolarità corredata da effetti
speciali e la distorsione gratuita, o meglio forse motivata commercialmente,
diciamo magari modernizzante, delle “favole antiche”, come le chiamava
Leopardi, non sono il nostro forte, quindi abbiamo avuto qualche problema ad
assorbire i due film del 2014 di stampo “colossal” di rilancio di episodi
biblici: Noah e Exodus: dei e re.
Sia nel caso di Noè che in quello di Mosè, se si
legge la versione biblica, essa procede con chiarezza, linearità, efficacia, concisione.
Non così nelle versioni cinematografiche, che distorcono le storie originarie,
trasformandole in fantasy. Ci sarebbe
anche da domandarsi, nella scarsità di lettori della Bibbia
ai nostri giorni, se chi vede questi due film
penserà che la vicenda cinematografica di Noè e quella di Mosè siano fedeli al
testo sacro. Cioè, i due film hanno una funzione più diseducativa che
educativa, sebbene non mettano in questione l’idea di Dio e la religione. Noi
comunque, in questo contesto stiamo solo parlando di filologia, includendo il
significato simbolico delle due storie, sia che le si guardi da un’angolazione
religiosa o laica.
Se I dieci
comandamenti di Louis De Mille (versione del 1956), restava abbastanza
fedele alla fabula originale di Mosè,
era al contempo caratterizzato da una recitazione hollywoodiana discutibile in
termini di filologia dei costumi e dei comportamenti autentici degli antichi, infine
anche i prodigi risultavano un che coartati. Al contrario Exodus, con gli effetti speciali dei nostri tempi, ricostruisce le
città egiziane con concessioni architettoniche che le portano in vita e
reinterpreta, consono allo scientismo vigente, l’apertura del Mar Rosso come un’onda
di tsunami. Perché, però, il regista
Scott toglie la verga a Mosè? Questo non l’abbiamo francamente capito. Invece,
l’invenzione di una rivalità con un fratello egizio si spiega con la necessità
di dare un intreccio narrativo con l’oppositore individuale. I due protagonisti
del film, il Patriarca e il Faraone, diventano eroi fantasy invece che rappresentanti di due autorità forti sul piano
politico e intese a preservare ciascuno valori sacri. Nondimeno, la pellicola,
pur se giudicata negativamente da diversi critici sul piano estetico, a livello
di intrattenimento è piuttosto accattivante. Però, per divertire, perché
scegliere una storia sacra e poi confezionarla come una storia profana?
Quando a Noah
di Aronofsky, successore di diverse versioni filmiche, fin dai tempi del muto, si
presenta come un prodotto senz’altro eretico che, servendosi di un’ambientazione
vagamente fantascientifica, richiamando tra l’altro gli angeli caduti
trasformati in statue parlanti e grottesche di pietra, piazzando Tubal Caino ai
tempi di Noè come il suo nemico principale, e accreditando una interpretazione
che avesse inventato le armi da guerra, ma facendone il boss di una banda di fanatici violenti, fa fraintendere al
Patriarca il messaggio divino: cioè il Noè fondamentalista ecologo di questo
film ritiene che Dio gli abbia affidato il compito di distruggere l’intera
umanità e salvare solo le bestie, pertanto se nasceranno delle figlie a sua
nuora promette di ucciderle, in quanto potrebbero procreare, ma fortunatamente
al momento della nascita di due gemelle non riesce a sopprimere le neonate e
sarà la nuora a spiegargli che Dio ha voluto metterlo alla prova, concedendogli
di dare all’umanità una seconda possibilità. La Bibbia, a dire il vero, parla chiaro: Dio dice a Noè di prendere
con sé sua moglie, i suoi figli e le loro mogli; manderà il diluvio: e questi esseri
umani residui, insieme agli animali, saranno gli unici superstiti da cui
rinascerà l’umanità. Ora, ci si domanda, nel film, oltre alla distorsione di
chi si porta dietro Noè sull’arca e dei suoi chiari scopi, c’è anche una
questione di incesto, perché restano sulla terra un figlio di Noè in conflitto
col padre che se ne va da solo per la sua strada; altri due figli di Noè, uno
sposato con due figlie e uno scapolo e bambino: da chi nasceranno i prossimi
esseri umani? Veramente siamo nel grottesco (o nel freudiano?).
Tra i critici, naturalmente, c’è chi ha notato la
distorsione, che a nostro parere è anche un elemento di cattivo gusto. E tra i
religiosi, c’è chi ha detto, di Noah
per lo meno, che non è nocivo, in quanto in un modo o nell’altro avvicina alla
storia sacra, spingerà forse a leggere l’originale e cercare di capirlo.
[Roberto Bertoni]