01/07/14

Damien Keown, BUDDHIST ETHICS




 [Sugnamsa. (Corea 2013). Foto Rb]

Daniel Keown, Buddhist Ethics. Oxford University Press, 2005

Una parte del volume è dedicata a una tipologia dell’etica in generale per promuovere un’ottica comparativa tra Occidente e Oriente. In Occidente, Keown individua tre ramificazioni: etica descrittiva, normativa e metaetica. Nell’ambito normativo, l’imperativo categorico kantiano è un aspetto (consistente nella razionalità dell’azione morale, da cui i precetti sociali). Altre e divergenti interpretazioni sono l’utilitarismo di Benthan e Stuart Mill. Centrale nella discussione dell’etica occidentale è il concetto di virtù, fin da Aristotele, con l’idea del divenire persone dotate di virtù tramite comportamenti appropriati.

Nel caso del Buddhismo, si notano una prevalenza di etica della virtù, la compresenza di un aspetto individuale e altruistico (azioni etiche per migliorare se stessi e gli altri), una nozione dei valori accompagnata da elementi relativistici, un approccio cognitivo.

Vengono messe in rilievo le somiglianze tra tutte le scuole buddhiste, basate sugli insegnamenti originari e non contraddette dalle evoluzioni successive, in particolare le strategie di liberazione da brama, odio e illusione e la pratica di compassione ed equanimità, come pure le differenze tra la tradizione Theravada, di maggiore rigore normativo, forse, e quella Mahayana, in cui si segnala l’importanza assegnata al Bodhisattva, ovvero a chi, raggiunta l’illuminazione, rinuncia al Nirvana per restare tra gli esseri e svolgere un’opera costante di aiuto altruista.

Un aspetto dell’etica buddhista, è l’impegno  con la focalizzazione su questioni vaste quali giustizia, povertà, politica e ambiente. La versione contemporanea viene in gran parte ascritta a Thich Nhat Hanh che coniò appunto l’espressione “Buddhismo socialmente impegnato”.

Si snodano poi vari capitoli di discussione di momenti cruciali: animalismo e ambiente a partire dal precetto del rispetto per ogni forma di vita; il non prescrittivismo degli abiti vegetariani, ma di fatto la sua universale preferenza tra i religiosi buddhisti; la correttezza dei rapporti sessuali tra la comunità dei laici e l’astinenza tra i religiosi; discussione attuale tra i Buddhisti anche su questioni quali la procreazione assistita, l’interruzione della gravidanza, il suicidio e la guerra. In particolare, il suicidio viola il principio del rispetto della vita, nondimeno è esistito nella tradizione moderna: noti in particolare i suicidi di monaci durante la guerra del Vietnam, con un certo giustificazionismo che nega il termine suicidio evidenziando invece l’atto dimostrativo di appello all’opinione pubblica con quel gesto clamoroso per sensibilizzare. Sulla guerra si ritrova un dibattito tipico anche in Occidente su quanto il conflitto bellico sia giusto o ingiusto, e fino a che punto il non uccidere impedisca lo svolgersi di azioni militari per difendere nazione e valori quali la libertà: in tal caso, versioni diverse del Buddhismo hanno dato risposte diverse col coinvolgimento di vari paesi dell’Est asiatico in guerre e violenze. Le contraddizioni, in breve, sul piano pragmatico, rispetto ai precetti, non mancano.

Un libro utile, chiaro, ben argomentato, conciso.


[Roberto Bertoni]