USA, 2014. Con Sarah Bradshaw, Sharlto Copley, Angelina
Jolie, Sam Riley
I crediti annunciano che Maleficent è basato sul film Sleeping
Beauty, pure di Disney, del 1959. Strana la filiazione, a dire il vero,
dati i numerosi cambiamenti dell’intreccio e rispetto anche e soprattutto alle
fonti letterarie, fin dal Medioevo, ma principali la versione secentesca di
Perrault e quella ottocentesca dei Fratelli Grimm.
I critici inglesi sono stati in numero non basso
impietosi con questa pellicola, in particolare Bradshaw sul “Guardian”[1].
Noi concordiamo piuttosto con Zoller Seitz, che fornisce apprezzamenti tutto
sommato positivi [2].
Perché non ci è dispiaciuto, nonostante la nostra
polemica contro la commercializzazione e il kitsch?
In primo luogo, la revisione della storia adatta
ai tempi il concetto di malvagità.
In questa pellicola, infatti, la Fata cattiva della tradizione era nata Fata benefica; e si è accanita contro una fanciulla innocente per il dolore
provocatole dagli esseri umani nella persona dell’innamorato di cui si fidava e
che invece le ha tagliato le ali per portarle al Re e succedergli. Dunque, il
male nasce dalla sofferenza; e ha una giustificazione nelle azioni calamitose
della nostra specie che, interferendo col mondo delle Fate, lo deteriora e
lo danneggia.
Sempre in relazione al concetto di malvagità,
mentre nella storia tradizionale l’odio e la gelosia della Strega sono
assoluti, qui possono ricevere una trasformazione. Dopo avere scagliato la maledizione
dell’arcolaio (al compiere dei sedici anni la figlia dell’ex innamorato, ora
Re, sarà punta e cadrà in un sonno da cui la risveglierà soltanto un amore
vero), poco prima che la fanciulla compia l’età fatale, Maleficent si finge sua
madrina, ma sviluppa nello starle accanto un affetto materno autentico; e sarà
lei, non il Principe Azzurro, a risvegliarla con un bacio genitoriale. Insomma,
qui si suggerisce che il vero amore, forse, non esiste tra fidanzati, ma è proprio dei rapporti di
compassione e disponibilità totale della madre (pur se non biologica e solo
simbolica).
Inoltre, nel mutamento di intenti di Maleficent da
avversione a simpatia per la ragazza, c’è il pentimento, la revisione
interiore, la maturazione degli affetti. Una metamorfosi che riscatta il
passato in un presente benefico determinato dall’amore.
Che dire poi della non violenza? Se è vero che il
padre della Bella Addormentata viene ucciso in un duello mortale da Maleficent,
ciò accade non per intenzione, bensì per incidente, anzi lei voleva salvarlo,
ma la dinamica della caduta dall’alto del castello e la difesa della propria
incolumità l’hanno impedito.
La Bella Addormentata, nel finale, diventata
Regina, si allea col popolo della Fate e sigla un’alleanza (in termini
allegorici congiunzione di sogno e realtà, junghiana unità degli opposti?).
Quanto all’estetica, gli effetti speciali non
disturbano più di tanto; le Fatine buone sono piuttosto divertenti; Jolie un che
grottesca negli zigomi in rilievo accentuato e con le corna tipo ariete; ma
dopotutto è una fiaba.
[Roberto Bertoni]
[1] Maleficent: Review of Reviews, “The Telegraph”, 5-7-2014.
[2] Matt
Zoller Seitz, Maleficent,
rogerebert.com.