Ancor prima di
entrare nella sala da gioco, già a due stanze di distanza,
mi basta
sentire il tintinnio delle monete in movimento
per cadere quasi preda
delle convulsioni. [1]
Scritto nel 1866 in soli 28 giorni e
strutturato come diario del suo protagonista, Aleksej Ivanovič, il romanzo affronta
un tema caro al celebre autore russo, quello del vizio della roulette, non a
caso parola più menzionata nell’opera. Lo spunto autobiografico è sfruttato per
rendere efficace la resa di tutti quei possibili gradi di degradazione umana
che si consumano nella pratica del gioco d’azzardo.
Attraverso l’esperienza del gioco,
Aleksej viene travolto nel vortice del rischio, divenendo qualcosa di diverso
da sé e riscoprendosi nello stato di giocatore febbrile “capace di afferrare
l’io estraneo non come oggetto ma come altro soggetto”.[2]
Il gioco come esperienza di vita è stato
indagato dallo psicoterapeuta Winnicot che lo considera un’attività creativa e
una ricerca del sé. “Il cercare può venire soltanto da un funzionare sconnesso,
informe, o forse dal giocare rudimentale, come se avesse luogo in una zona
neutra. È soltanto qui, in questo stato non integrato della personalità, che
ciò che noi descriviamo come creativo può comparire”.[3]
La creatività è intesa come
universale in quanto appartiene al fatto di essere vivi e alla maniera che ha
l’individuo di incontrare la realtà esterna. Così, per Winnicot il gioco è sempre
un’esperienza creativa che si volge nel continuum spazio-temporale, “è solo
nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé”.[4]
Secondo lui la sostanza del
gioco sta nell’esperienza informe e negli impulsi creativi, motori e
sensoriali; sulla base del gioco
verrebbe costruita l’intera esistenza dell’uomo come esperienza.
La componente della precarietà
(fortemente presente nel romanzo dostoevskijano preso in esame) pare sia dovuta
proprio al fatto che il gioco si svolge sempre sulla linea teorica che separa
il soggetto da ciò che è oggettivamente percepito. Quest’area è chiamata da
Winnicot spazio potenziale (in quanto
sta al di fuori dell’individuo ma non corrisponde né al mondo esterno, né alla
realtà psichica interna) e in essa si persegue la promozione dell’identità.
Anche Aleksej mentre gioca ricerca se
stesso e attraverso il gioco desidera migliorare la sua identità personale, ma
non ci riesce. Infatti, se per Winnicot il gioco è una forma di comunicazione
che facilità la crescita e la sanità, per il protagonista del romanzo non è lo
stesso. La sanità è intesa dal psicoterapeuta in termini di fusione tra impulsi
costruttivi e distruttivi.
Niente di tutto ciò avviene nella
vicenda narrata da Dostoevskij ne Il
Giocatore. Il gioco distrugge l’esistenza di Aleksej riducendola
all’ossessione malata verso la roulette. Non si ha in lui nessuna
ricomposizione interiore né un ampliamento, un completamento o una
ricostruzione della sua anima ma piuttosto un suo rivolgimento. Il gioco,
infatti, porta in lui a un cambiamento grazie al quale un nuovo essere si
autoafferma non come estraneo, ma come un altro io con la forza della volontà e
del pensiero.
Quindi, nel testo letterario, il
percorso creativo del gioco, pur partendo da una mancata integrazione della
personalità del protagonista con se stesso e il mondo che lo circonda, non si
conclude alla maniera teorizzata da Winnicot. Tant’è che mentre per
quest’ultimo il gioco è soddisfacente anche quando porta ad un grado elevato di
angoscia e, solo un grado insostenibile di tale angoscia può distruggere il
gioco; nell’opera di Dostoevskij vediamo compiersi il processo inverso. Ossia,
il gioco non soddisfa e non si distrugge perché è esso stesso strumento di
distruzione, è causa di un divenire che invece di ricomporre pian piano demolisce.
Aleksej inizia il suo diario scrivendolo
in prossima successione con lo svolgersi della realtà temporale. Dopo
un’assenza di due settimane, torna alle dipendenze del suo principale (il
generale) e della sua famiglia, presso cui svolge la mansione di precettore di
due bambini. Con sistematicità vengono presentati sia i componenti di questa
stravagante famiglia russa, vicina alla rovina finanziaria, sia i personaggi
che insieme ad essa soggiornano nello stesso albergo della fittizia cittadina
di Roulettenburg (famosa per le acque termali e il casinò che attira molti
turisti). Aleksej e il ricco inglese Mr. Astley, personaggio timido e onesto,
sono innamorati della figliastra del generale, Polina Aleksandrovna che a sua
volta ama il marchese francese De Grieux. Da parte sua, il vecchio generale,
rimasto vedovo, vorrebbe conquistare una giovane francese dal passato turbolento,
M.lle Blanche, e per riuscirci attende la salvezza finanziaria dalla morte
della sua anziana madre Baboulinka confidando di riceverne l’eredità. Proprio
l’arrivo improvviso e inaspettato della nonna, per presunte cure termali, nella
cittadina tedesca, determinerà lo svolgersi della vicenda per i due terzi
dell’opera. Invece che la salvezza, questa figura ‘darà il là’ alla rovina
esistenziale di Aleksej che perderà gli affetti e il lavoro da precettore per
diventare un inguaribile giocatore d’azzardo.
Il cambiamento è visibile anche nella
diversa frequenza con cui il protagonista scrive il suo diario che verrà
abbandonato e ripreso a distanza di tempo dallo svolgersi dei fatti, non più,
quindi, nel breve periodo di una registrazione serale, come avveniva nella
prima parte del romanzo.
Un’anticipazione espressamente negativa
dell’iniziazione al gioco si trova già nella seconda pagina del primo capitolo,
in cui il generale rimprovera e avverte il giovane precettore in procinto di
portare i figli, Miša e Nadja, a fare una passeggiata: “Voi magari li portate
al casinò, alla roulette, mi scuserete […] ma so che siete ancora alquanto
sventato e magari siete capaci di mettervi a giocare […]”. A lui il giovane
replica “Ma se non ho nemmeno i quattrini […] per perderli tutti al gioco
bisogna prima averli”. Alla fine di questo capitolo l’incarico che riceve
Aleksej da Polina, “vincere alla roulette, a qualsiasi costo”, coincide con la
prima autoanalisi dei sentimenti del protagonista verso la figliastra del generale:
“sprofondavo completamente nell’analisi dei sentimenti che provavo per Polina”.
Il secondo capitolo si apre con
l’esplicitazione dell’idea che il protagonista ha del gioco: “la cosa non mi
risultava sgradita; benché avessi deciso di giocare, non intendevo affatto
cominciare a farlo per altri”; con il calcolo delle probabilità di vincita e
con lo studio del meccanismo di una partita.
Si compie poi un’interessante
descrizione negativa delle sale da gioco, delle sensazioni che si provano nel
visitarle e dei diversi personaggi che le popolano. Originale risulta la
diversa concezione del gioco nella vita fra gli uomini: i ricchi anche quando
perdono mantengono il sorriso “perché i quattrini devono essere al di sotto
della loro natura”, il vero aristocratico può anche solo accontentarsi di
esaminare il lerciume delle sale da gioco per svago senza eccessiva insistenza,
in quanto lo spettacolo non è adatto a loro. I plebei invece giocano per il
solo interesse di vincere. Ed è proprio
in questo frangente che avviene una prima presentazione del protagonista e
un’anticipazione delle successive disavventure.
Altra idea espressa da Winnicot è che il gioco porti alle relazioni di gruppo. Aleksej par contro gioca da solo. Di questo aspetto si è interessato Jurij Lotman che ha messo in luce come nei giochi d’azzardo “chi punta gioca non con un’altra persona ma col Caso che è sinonimo di fattori ignoti”.[5] La sua teoria del gioco si basa sul contrasto tra le ferree leggi del mondo esterno e il desiderio di successo personale e di autoaffermazione. Si tratta di un gioco del personaggio con le circostanze, la storia, l’universo. La fortuna infrange in modo imprevisto le leggi fisse del mondo per seguirne delle proprie che rimangono ignote.
Altra idea espressa da Winnicot è che il gioco porti alle relazioni di gruppo. Aleksej par contro gioca da solo. Di questo aspetto si è interessato Jurij Lotman che ha messo in luce come nei giochi d’azzardo “chi punta gioca non con un’altra persona ma col Caso che è sinonimo di fattori ignoti”.[5] La sua teoria del gioco si basa sul contrasto tra le ferree leggi del mondo esterno e il desiderio di successo personale e di autoaffermazione. Si tratta di un gioco del personaggio con le circostanze, la storia, l’universo. La fortuna infrange in modo imprevisto le leggi fisse del mondo per seguirne delle proprie che rimangono ignote.
Questa possibilità di infrazione
dell’ordine rigido della società portava la Russia di fine XVIII inizio XIX
secolo a proibire formalmente i giochi d’azzardo perché ritenuti immorali,
mentre di fatto prosperavano. Anche ne Il
giocatore la messa in scena del gioco è connotata in questo senso, lo si è
riscontrato sia nell’iniziale avvertimento del generale al protagonista, sia
nella descrizione delle sale da gioco.
Lotman rileva che fra gli intrecci
chiave di tutta la letteratura europea degli anni 1830-40, stiano i contrasti
della società borghese, il potere del denaro, il conflitto povertà- ricchezza.
Fra questi, negli intrecci della letteratura russa si inserirebbe anche il caso, quale insieme di avvertimenti che
possono avvenire o non avvenire in seguito ad una esperienza fatta. Il caso
come forma specifica della creazione del destino individuale è un concetto a
cui è facile ricondurre il pensiero di Aleksej. Lotman ricorda anche come già
nella seconda metà del XVIII secolo in Russia si era stabilito il canone
letterario di intendere il caso e la carriera come risultati del gioco
imprevisto delle circostanze, dei capricci della Fortuna. In tale prospettiva
il gioco d’azzardo è visto come modello della società.
Così, c’è chi come Mauro Martini ha
visto in Aleksej la figura del classico intellettuale russo sradicato che,
attraverso il simbolo della roulette, pone la linea di demarcazione tra la
Russia e l’Europa. Il giocatore, sperando nella vincita in grado di riportarlo
al novero degli esseri umani, non mirerebbe tanto al denaro, quanto alla
possibilità di soggiogare, lui russo, l’intero Vecchio Continente,
rappresentato dai “tipi” francese (De Grieux), inglese (Mr. Astley) tedesco (il
barone). Si veda in proposito il quarto capitolo.
Aleksej inizia a giocare per soddisfare
le richieste di Polina, ma è solo il preludio di un bisogno di riscatto più
grande “col denaro diventerò anche per voi un’altra persona” (cap. V, p. 45). D’altronde,
anche l’amore nei romanzi dostoevskijani non è concepito come autonomo ma è
solo rivelazione del cammino tragico dell’uomo. Polina rappresenterebbe allora
una resa dei conti di Aleksej con se stesso.[6]
In questo scenario il gioco diventa un
mezzo che sul piano psicologico offre soluzioni indispensabili alla vita
dell’uomo perché gli consente di avere un gratificante affrancamento
provvisorio dalla realtà. Ma, “l’estrema assoluta libertà di questo secondo
mondo dove tutto è possibile, può, portata alle estreme conseguenze, condurre
alla scoperta, sotto la superficie, dell’essenza vera delle cose, oppure la
chiusura in un mondo fittizio, nell’estraneità dal reale”. [7] Aleksejcomincia così ad immedesimarsi in una parte recitata con estrema
convinzione: “È strano, ancora non ho vinto, ma mi comporto, mi sento e penso
come un ricco, e non posso immaginarmi diversamente” (cap. VII, p. 58).
Aleksej passerà a giocare alle
dipendenze di Baboulinka che, una volta dilapidati tutti i suoi beni al tavolo
da gioco, uscirà di scena infrangendo i sogni di gloria dei suoi eredi e
compromettendone il futuro; e successivamente solo per se stesso. Lascia il
lavoro e assume un potere sociale rende pari a quello di coloro i quali prima
erano i suoi superiori, nel tredicesimo capitolo sarà addirittura il generale
in persona a chiedergli aiuto per conquistare M.lle Blanche.
Il gioco comincia allora a rivendicare
un posto nella realtà e l’eroe, al fine di superare il proprio solipsismo
etico, cerca di risolvere la propria coscienza separata trasformando ‘l’altro
uomo’ in realtà. Il giocatore non riuscirà però ad affermare sino in fondo l’altro
e il gioco non sarà per lui una forma di comunicazione che lo porta alle
relazioni di gruppo. Al contrario, nel suo giocare continuamente, Aleksej si
isola rinchiudendosi in un suo mondo, fallisce il suo progetto di promozione
sociale e quello conseguente di trovare la pace in unione con Polina, che
rifiuta di essere comprata.
[1]
Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Il
Giocatore, a cura di Mauro Martini, Roma, Newton, 2008, p.150.
[2]
VJčeslav Ivanov, Dostoevskij, Tragedia
mito mistica, Bologna, Il Mulino, 1994, p. 34.
[3]
Donald W. Winnicot, Gioco e realtà, Roma,
Armando, 1974, p. 117.
[4]
Ivi, p. 102.
[5]
Jurij M. Lotman, Testo e contesto,
semiotica dell’arte e della scrittura, a cura di Simonetta Salvestroni,
Bari, Laterza 1980, p. 159.
[6]
Nikolaj Berdjaev, La concezione di
Dostoevskij, Torino, Einaudi, 2002, p. 88.
[7] Jurij M. Lotman, op.cit, p. XXXI.