[Spring in Dublin (2014). Foto Rb]
Eugenio Borgna, La dignità ferita. Milano,
Feltrinelli, 2013 (edizione Kindle)
È difficile non dare ragione a Borgna sul fatto che la
dignità umana vada rispettata sempre e senza condizioni: “la dignità di una
persona, il suo diritto al rispetto, sono assoluti e inviolabili: anche, e
soprattutto, quando la sua fragilità e la sua debolezza, la sua indigenza e la
sua desolazione, la sua perdita di ogni bene materiale, siano estreme”.
Ben delineata, dunque la metafora dell’“ombra” per
delineare “dolore” e “tristezza dell’anima”, mentre il suo contrario è un
aspetto della luminosità e della leggerezza, un recupero della dignità
“riscattata dalle ferite che la lacerano e recuperata nei suoi orizzonti di
senso”.
Dignità, dunque, nella trattazione di Borgna s’identifica
con vari aspetti del comportamento e dello scavo interiore, come prevedibile
nell’approccio da parte di uno psicologo, ma al contempo si inserisce in un
panorama sociale.
Borgna insiste infatti sulla “gentilezza” e sulla
“mitezza” in quanto valori, spesso ingiustamente considerati sorpassati o
peggio inutili, che sono invece attuali perché legati al rispetto “in un mondo
così facilmente portato, oggi, all’insensibilità e alla negazione del senso del
sacrificio, all’indifferenza e all’intolleranza”.
Elementi, tutti che appaiono fondamentali anche nel
campo della terapia con pazienti affetti per esempio da aggressività o da
depressione. Il rispetto della dignità è fondamentale e “premessa alla
prevenzione”, esattamente al contrario di quanto invece prevedeva la logica
della “porte chiuse” nelle case di cura mentale di una volta.
Una parte della trattazione investe le migrazioni in
massa, “il fenomeno dello sradicamento e della perdita delle radici”, la cui
comprensione “non è possibile senza tenere presenti gli sconvolgimenti
emozionali che ne conseguono”; da qui un’analisi della nostalgia; e sulle
“maschere dell’ignoto”; infine, nell’ambito specifico dell’argomento del
volume, la perorazione di tenere presente appunto la dignità dato che, anche verso
i migranti, “ci sono infiniti modi, oggi, di ferire e sfregiare”.
[Roberto Bertoni]