05/01/14

AA.VV., MISS LITTLE CHINA






































[Chinese restaurant abroad. Seoul 2012]


AA.VV. Miss Little China, DVD e volume. Sottotitolo: Sudano, piangono, sognano: l’Italia dei cinesi. Riccardo Cremona e Vincenzo De Cecco, autori del documentario in DVD. Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò autori del volume. Milano, Chiarelettere, 2009


È ben eseguito il documentario che accompagna il volume, in cui si mostrano varie fasi di  un concorso di bellezza organizzato nell’ambito della comunità cinese residente in Italia, frammischiato sia a interviste alle candidate e alle loro famiglie, nonché ad altri cinesi d’Italia, sia a frasi raccolte in varie città da italiani che esprimono cliché e pregiudizi (del tipo i cinesi sono enigmatici, i cinesi stanno per conto loro, i cinesi lavorano troppo, eccetera).

Uno degli scopi del documentario, come pure del volume, è proprio quello di contestare e sfatare gli stereotipi che si sono purtroppo ed erroneamente diffusi.

La strana idea che i cinesi non muoiono mai, per esempio, oltre ad evidenziarsi come assurda tramite la visita a un cimitero in cui i cinesi d’Italia, come tutti i mortali, sono sepolti, viene spiegata non con il cliché che le identità di tutti i cinesi deceduti siano riciclate in permessi di soggiorno illegali a cinesi in arrivo, ma con il più credibile fatto che la maggioranza dei cinesi immigrati è giovane, quindi meno esposta al rischio della vita troncata per comuni ragioni di raggiunti limiti di età [1].

Soprattutto la concezione che i cinesi stanno sempre dentro le loro comunità e mancano di comunicazione con il paese di accoglienza viene contestata attraverso le interviste. Al contempo, si mette in rilievo come le nuove generazioni siano prossime, in termini di preferenze alimentari e aspirazioni di vita, ai coetanei italiani più che alla generazione cinese che li ha preceduti.

La mediazione culturale, inoltre, a opera di persone residenti in Italia da molto tempo, è più diffusa da parte dei cinesi in direzione dell’Italia che viceversa. Ciò indica l’interesse a sapere sul nostro Paese, non un presunto gusto dellignoranza dell’Altro e dellauto-occultamento come da varie parti si sente dire.

Questo lavoro interessante, tanto nel corredo visivo che in quello della parola stampata, si muove nella direzione giusta del sono come noi (per usare un'espressione che parecchi adoperarono, e tra loro Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern, per parlare dei nemici durante la guerra). Scrivono Oriani e Staglianò:


“È sempre un buon esercizio provare a mettersi nei panni degli altri. […] Il disturbo più diffuso è l’amnesia collettiva […]. Sono tanto diversi dai nostri padri, madri e nonni di cinquant’anni fa […] i migranti cinesi che oggi si riversano da noi con l’unico obiettivo di lavorare sodo, fare fortuna e mettersi in proprio?” [pp. 6-7].


Il titolo stesso dell’opera è forgiato non sulle Chinatown di varie parti del globo, ma su un rimodellamento in chiave cinese delle Little Italy dei migranti del nostro Paese, per sottolineare le somiglianze.

Più oltre, riscontrando nel 2007, rispetto al 2006, l’aumento dell’8 in un anno di imprese guidate da immigrati:


“I padroncini stranieri danno lavoro anche agli italiani, consumano beni e servizi, generano un indotto. E da dove viene la maggioranza di questi neoimprenditori? […] Dalla Cina. […] Gli immigrati che in Italia portano lavoro, ambizioni, entusiasmo […] varrebbe la pena […] mostrarsi riconoscenti e da lì poi proseguire il ragionamento” (p. 13).




NOTE

[1] I cinesi non muoiono mai era il titolo di un libro precedente di Oriani e Staglianò (Milano, Chiarelettere, 2008), in cui tra l’altro contestavano la veridicità dei capoversi di apertura di Gomorra di Saviano, pur mettendo in evidenza anche elementi di illegalità come la corruzione a certi livelli, gerarchicamente alti, del lavoro cinese in Italia. In larga misura, però, il libro aveva lo scopo di contestare i pregiudizi, mettendo in rilievo la “fatica” (parola che spesso compare in quel testo), le reti di interazione e di solidarietà, i sacrifici, il risparmio, la buona riuscita dei più giovani a scuola, tramite interviste e analisi tra le comunità cinesi di Bagnolo Piemonte, Milano, Prato e Matera. Tra i “vizi” quello del gioco d’azzardo.


[Roberto Bertoni]