[Chinese restaurant abroad. Seoul 2012]
AA.VV. Miss Little China, DVD e volume. Sottotitolo:
Sudano, piangono, sognano: l’Italia dei cinesi. Riccardo Cremona e Vincenzo De
Cecco, autori del documentario in DVD. Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò
autori del volume. Milano, Chiarelettere, 2009
È ben eseguito il documentario che accompagna il volume, in cui si
mostrano varie fasi di un concorso di
bel lezza organizzato nell’ambito della comunità cinese residente in Italia,
frammischiato sia a interviste alle candidate e alle loro famiglie, nonché ad altri
cinesi d’Italia, sia a frasi raccolte in varie città da italiani che esprimono
cliché e pregiudizi (del tipo i cinesi sono enigmatici, i cinesi stanno per
conto loro, i cinesi lavorano troppo, eccetera).
Uno degli scopi del documentario, come pure del volume, è proprio
quello di contestare e sfatare gli stereotipi che si sono purtroppo ed
erroneamente diffusi.
La strana idea che i cinesi non muoiono mai, per esempio, oltre ad
evidenziarsi come assurda tramite la visita a un cimitero in cui i cinesi
d’Italia, come tutti i mortali, sono sepolti, viene spiegata non con il cliché
che le identità di tutti i cinesi deceduti siano riciclate in permessi di
soggiorno illegali a cinesi in arrivo, ma con il più credibile fatto che la
maggioranza dei cinesi immigrati è giovane, quindi meno esposta al
rischio della vita troncata per comuni ragioni di raggiunti limiti di età [1].
Soprattutto la concezione che i cinesi stanno sempre dentro le loro
comunità e mancano di comunicazione con il paese di accoglienza viene
contestata attraverso le interviste. Al contempo, si mette in rilievo come le
nuove generazioni siano prossime, in termini di preferenze alimentari e
aspirazioni di vita, ai coetanei italiani più che alla generazione cinese che
li ha preceduti.
La mediazione culturale, inoltre, a opera di persone residenti in Italia
da molto tempo, è più diffusa da parte dei cinesi in direzione dell’Italia che
viceversa. Ciò indica l’interesse a sapere sul nostro Paese, non un presunto gusto dell’ignoranza dell’Altro e dell’auto-occultamento come da varie parti si sente dire.
Questo lavoro interessante, tanto nel corredo visivo che in quello
della parola stampata, si muove nella direzione giusta del sono come noi (per
usare un'espressione che parecchi adoperarono, e tra loro Nuto Revelli e Mario
Rigoni Stern, per parlare dei nemici durante la guerra). Scrivono Oriani e
Staglianò:
“È sempre un buon esercizio provare a mettersi nei
panni degli altri. […] Il disturbo più diffuso è l’amnesia collettiva […]. Sono
tanto diversi dai nostri padri, madri e nonni di cinquant’anni fa […] i
migranti cinesi che oggi si riversano da noi con l’unico obiettivo di lavorare
sodo, fare fortuna e mettersi in proprio?” [pp. 6-7].
Il titolo stesso dell’opera è forgiato non sulle Chinatown di varie parti del globo, ma su un rimodellamento in chiave cinese delle Little Italy dei migranti del nostro Paese, per sottolineare le somiglianze.
Più oltre, riscontrando nel 2007, rispetto al 2006, l’aumento dell’8 in
un anno di imprese guidate da immigrati:
“I padroncini stranieri danno lavoro anche agli
italiani, consumano beni e servizi, generano un indotto. E da dove viene la
maggioranza di questi neoimprenditori? […] Dalla Cina. […] Gli immigrati che in
Italia portano lavoro, ambizioni, entusiasmo […] varrebbe la pena […] mostrarsi
riconoscenti e da lì poi proseguire il ragionamento” (p. 13).
NOTE
[Roberto Bertoni]