21/05/11

Marina Pizzi, VIGILIA DI SORPASSO, 2009-2010 [51-60]


[Fate was taken in that old fashioned harbour, as a wrapped up net. Foto di Marzia Poerio]

51.

sfinito il porto sfumata la darsena
neppure a casa un apice di pace
dacché morì il cuore del silenzio
comatoso lo iato di finestre.
così di pomeriggio l’atollo delle rondini
ricorda la ragione di svignarsela
contro i portici che non servono più a nulla:
è sotto il treno il fato della lapide.
in tutto il comignolo della stirpe
sa di sudario il calendario apocrifo
la nomea intrisa dentro il sale.
incudine e martello la furia del fato
penombra brava a far di ruggine
il boato di un qualunque cielo.
a morte si dirà fu la vita
plasmata dalla ronda di malìa
stessa àncora la vita.


52.

almeno un’anemia avesse il laccio
che mi menziona lirica e falò
dentro il sangue ossuto della melma
da terremoto dentro. in calice al baccano
delle rondini riordino l’abaco del coma
la donna sterile che mi seppe amare.
in fato all’accetta di far boia
questa riunione d’indici cattivi
sotto la nenia del sillabario nitido.
l’arena della bocca grida “non vengo”
dentro la morsa del salario
stanco l’alambicco di capirlo.
in pace sulla rendita del sangue
grava la cintola del frate scalzo
l’avanzo della vanga che non fa tesoro.


53.

cura dell’abaco starti più vicina
se finalmente l’atrio delle rondini
inventa lo stornello più calzante.
in fondo a te sentii la bellezza
il cruciverba nel talamo da sposa
la ginestra alla balìa del vento.
nel cielo che riordina le staffe
so la marea del su e giù cortese
la folla che in silenzio si dimette.
acredine del vuoto la sfilza darsena
quando dimori il limbo del più bello
dentro le more delle siepi al senso.
qui nella penombra che conviene serre
sta scritto il breviario della via qualunque
il lutto della vergine Lolita.


54.

a me conviene oscurare il tempo
adempiere ad un disguido come nascere
gemellata col pompiere del relitto.
in palmo alla pienezza dell’olivo
c’è mia madre che mi consuma e miete
la rondine che ero col becco aperto.
in testa alla barriera dello scrigno
non basta lo studiolo benemerito
né l’arringa di coprirsi il viso.
la furia che combatte il gran ladrone
dà filo da torcere al silenzio
che nulla giustifica o redime.
in cima alla scalata della fattucchiera
c’è la scuola elementare c’è la reggia
che giganteggiano a ritmo di baci.
tu non potrai più essere guardingo
visto che il podio della luna stigia
non basta l’elemosina di tanti.


55.

la rondine che sfiata nella darsena
arrende su di sé l’ultimo velo
la tragedia del senno senza nuca.
la guerra sul sospetto della prua
ha la bàlia di capire il sogno
almeno la sconfitta d’ogni gerundio.
in lutto o contumacia la riva di pece
ha frazioni di addendi senza somma
né la canzone che accomodi l’amore.
speranze non ne vuole la risacca
questa carenza cronica di nido
verso l’adempirsi del righello a tacche.
così primizia e leccornìa d’avaro
sono le milze degli schiavi in corsa
che gettano le ronde allo scompiglio.


56.

di me che sono questa età di tarlo
parli il soppiatto delle lune scure
le merci nere delle frottole più cupe.
meringa amenità il tuo commercio d’essere
scarpa bucata con il sole ai lati
così insieme una carretta al trotto
col riso del fratello giusto nel clown.
meringa sotto l’abaco fiscale
sta la nenia di fasciare il secolo
catastrofe di terra ernia del volo.
piombo il cielo di trincea celato
vaga la doglia del ricatto boia
questa lanterna fallica di buche.
incontro al fato non darò più niente
solo l’elemosina del dubbio.


57.

l’astro in collina che calunnia il sole
unghia di luce estro d’avvampo
oh quale musica è scampo di condono
sul lastricato d’esito palustre
e genio d’eloquenza non ha il lupo
del mistico conforto dello stagno.


58.

sotto la curva della frusta
gimcana provvida di labirinto
gita al sole dopo la neve.
di te vorrò l’arrivo e la fortuna
il trauma magico di volerti bene
sotto l’inguine del mare.
includo a te l’arena e la visione
questo pertugio che ti chiama nudo
nonostante l’universo dell’intorno.
maretta di cosmesi bella vedetta
questa meringa simile con l’angelo
con la gente che chiama le stazioni.
qualora tu tornassi nel guaio del bambino
dammi la frotta delle ortiche buone
la nenia come fiamma di rivolta.


59.

non ho più secoli d’avanzo
né gerle per le nuvole
dacché l’avvento della letargia
fece di me la genesi del lutto.
tra combriccole di nervi
vocio di credulità l’amore
che invece inventa liti di coccole.
viene l’erta covo di briganti
vigilanza la rondine cortese
grazia d’acrobata la lezione giglio.


60.

tutto un gioco di luci a ritrovar l’avvento
della faccenduola bella la cornucopia
la darsena al sudario dietro il paravento.



[Le strofe precedenti di VIGILIA DI SORPASSO sono uscite su "Carte allineate" in data 27-11-2010, 17-12-2010, 19-1-2011, 21-3-2011, 7-4-2011]