11/04/11

Jeong Jae-eun, 고양이를 부탁해 (GOYANGIREUL BUTAKHAE), TAKE CARE OF MY CAT


["One could phantasize a mother probing the future for the younger subject of the picture in front of that statue in Insadong...". Foto di Marzia Poerio]

Corea, 2001. Con Bae Doo-na, Lee Eun-jo, Lee Yo-won, Ok Ji-young

Il film esplora la vita personale e l'interazione tra Tae-hee, Hae-joo, Ji Yung e Bi-ryu, quattro giovani che, finita la scuola superiore nella città di Incheon, rappresentata con toni industriali e realistici, si trovano a venire a patti col futuro.

By-riu e Ohn-jo rappresentano una posizione ottimista, cercando di ingegnarsi a sopravvivere tra difficoltà economiche, ma non perdendo il buon umore e il senso di solidarietà.

Hae-joo trova un impiego a Seoul in una ditta. Ambiziosa, egoista e orientata più sui beni materiali che su quelli interiori, non è nondimeno in grado di avanzare nella carriera non potendo permettersi di continuare gli studi.

In lei sembrerebbe che i valori tradizionali si siano incrinati, mentre essi permangono in Ji-Yung il cui futuro non appare roseo. La più povera del gruppo, è costretta a rinunciare a ogni possibilità di lavoro nel suo campo (il design di tessuti), sconfortata al punto da non trovare nemmeno lavoro in altri settori, perseguitata infine da una sorte legata alla propria condizione sociale al punto che il tetto precario della casa le crolla addosso, uccidendo la nonna con cui vive e portandola a un alterco per aver protestato contro il commento di un poliziotto che ventilava un eventuale sollievo relativo all'esser stata così esentata dalla necessità di prendersi cura della parente. Invece era proprio l'affetto quel che le restava; e l'ingiustizia delle istituzioni come vengono rappresentate nella pellicola la conduce in carcere.

Tae-hee, pur provenendo dalla piccola borghesia e avendo abbastanza di che mantenersi in famiglia, ha insoddisfazione per la propria condizione: quando se ne presenta l'opportunità, assieme all'amica uscita di prigione va verso l'avventura, emigrando nell'ultima scena del film.

Oltre che temi sociali mostrati con realismo sia negli interni che negli esterni, il film si centra sull'amicizia tra queste ragazze, le crisi che ne nascono e i tentativi soprattutto di Tae-hee di recuperare lo spirito dui corpo che le legava ai tempi della scuola.

Secondo Shin Chi-yun, non si tratrta di "a radical or angry feminist film [...] but it registers the feminist theme of identity quest which is explored through the character of Tae-hee in particular" [1], evitando tuttavia toni paternalistici nei confronti del patriarcato.

Il gatto del titolo, trovato per la strada e salvato da un destino sfortunato, che passa dall'una all'altra nel corso del film, allegoriza l'accudimento, ma è anche totem simbolico, un alter ego delle protagoniste, ovvero, come dichiara la regista: "I had hoped for the girls to be like cats - flexible, independent, complex" [2].

Film ben realizzato, che intreccia spaccato sociale e penetrazione psicologica, ricettività di immagini iconiche e reperti simbolici.


NOTE

[1] P. 127 di Shin Chi-yun, TWO OF A KIND: GENDER AND FRIENDSHIP IN FRIEND AND TAKE CARE OF MY CAT, in Shin Chi-yun e Julian Stringer, NEW KOREAN CINEMA, Edinburgh University Press, 2005, pp. 117-31.

[2] Ibidem, p. 128.


[Renato Persòli]