21/04/11

Christian G. Moretti, IL PIANTO DEI CILIEGI


[Organic life from granite (Brussels, 2011). Foto di Marzia Poerio]


Oggi è il mio terzo compleanno.

Sono nato in Francia ed ho sempre festeggiato i miei compleanni, i miei unici due compleanni, nella mia casa a Parigi.

Il mio papà è italiano e la mia mamma è giapponese; si sono sposati due volte, una in Giappone e una in Italia. Nella mia casa di Parigi c’erano tante foto del mio papà in kimono nero e grigio, tipico dello sposo nel rito scintoista, e della mia mamma in abito bianco, tipico della sposa nel rito occidentale. La mia mamma e il mio papà si amano così tanto che hanno deciso di sposarsi due volte.

Io sono fortunato perché sono giapponese ma sono anche italiano. A volte penso di essere più giapponese quando parlo con la mia mamma; altre volte però, quando mi guardo allo specchio, mi rendo conto che i miei occhi non sono proprio come quelli della mia mamma, hanno il colore di quelli del mio papà, ho la bocca del mio papà, i capelli del mio papà, e parlo anche la lingua del mio papà.



Amo molto la mia mamma che mi dà ogni giorno la pappa, mi lava e mi parla in giapponese, ma amo molto anche il mio papà che lavora tanto per me e mi compra sempre tanti giocattoli, lui mi fa sempre giocare ogni sera quando torna dal lavoro. Il mio papà è medico, lui salva la gente.

Il mio papà mi vuole molto bene, me lo dice sempre, me lo dice in italiano, una lingua che parlo solo con lui. Io ho un segreto con il mio papà, io e lui parliamo una lingua che la mamma non capisce. Il mio papà mi fa sempre tanti suoni strani, divertenti, mi racconta le favole e io sono felice perché solo io le posso capire.

Una volta ho raccontato ai miei amici dell’asilo una storia che mi ha raccontato il mio papà ma loro non l’hanno capita. Certo, era in italiano e loro non parlano questa lingua magica che parlo solo con il mio papà.



Con la mia mamma parlo giapponese, è una lingua diversa dall’ italiano ma che mi piace ugualmente. La mia mamma non ha molto tempo da passare con me, lei fa la cuoca e cucina sempre per tante signore. Le signore parlano la stessa lingua e sono convinto che vengono da qualche paese lontano, fatato, dove possono comunicare con noi. Anche la lingua che parlo con la mia mamma è il mio piccolo segreto con lei. Quando parlo questa lingua con i miei amici, loro mi fanno le boccacce e scappano via.

Io sono un bimbo speciale perché ho già due segreti.



Quest’anno il mio compleanno è diverso.



Sono da parecchi mesi lontano dalla mia casa di Parigi e sono circondato da tante persone che parlano una lingua che credevo di poter parlare solo con la mia mamma. La mamma mi dice che ora vivremo in Giappone, io non so cosa sia il Giappone. “Mamma, che cos’è il Giappone?” le chiedo, e lei: “E’ la mia nazione, la tua nazione”. “Mamma ma perché questa gente parla la nostra lingua? Pensavo di poterla parlare solo io con te!”, “Mamma ma perché non c’è il papà con noi?”, “Mamma, voglio stare con papà!”.

Ad ogni mia domanda la mia mamma mi dice di non preoccuparmi che qui staremo bene e che la nostra vita è qui.

La mamma è molto occupata, sta cercando un lavoro e dice che andremo a vivere in una grande città che si chiama Tokyo. Io credo di esserci stato una o due volte, quando ero più piccolo, ma ricordo solo delle case alte alte e tanta gente per le strade. Quelle volte però c’era il mio papà che mi stringeva forte.

Il mio papà mi ha sempre stretto forte e mi dava tanti bacini.

La mia mamma è molto bella, troppo bella per prendermi in braccio e stringermi a lei. Secondo me ha paura a stringermi perché potrebbe sporcarsi e sgualcirsi il suo vestito; è meglio che io stia nel passeggino.

Da parecchi giorni sto con i miei nonni giapponesi, loro mi preparano da mangiare, mi vestono e mi portano al mio nuovo asilo. Credo di ricordare che forse ho altri due nonni e che abitano in un paese lontano. Ricordo di avere anche uno zio, quello sì che me lo ricordo, veniva spesso a trovarmi perché il papà diceva che abitava in un paese vicino che si chiama Inghilterra.

Ricordo che una volta è venuto a trovarmi, lui prendeva sempre il treno, è un treno magico, che passa sotto il mare e io sono sicuro che si possono vedere anche i pesciolini dal finestrino. Una volta mi ha portato un camion che parlava, ora non so più dove sia, forse è rimasto nella casa di Parigi.

La mia mamma non la vedo quasi mai, solo la sera un po’. E’ molto occupata lei e sta cercando un lavoro.

Oggi che è il mio compleanno, non c’è il mio papà, non possiamo parlare la nostra lingua segreta e non possiamo nemmeno giocare al ragnetto. Il mio papà mi fa sempre giocare al ragnetto, è un animaletto buono che viene a trovarmi e mi da tanti bacini.

“Mamma, perché il papà non c’è?”, “Mamma, papà si è forse dimenticato del mio compleanno?”

A volta penso che il mio papà si sia dimenticato di me. Sono tanti giorni che non lo vedo. Ogni tanto la sera la mia mamma mi dice di mettermi davanti al suo computer, da quel computer esce una voce; questa voce è strana, parla la lingua segreta del mio papà ma non è lui.

Un giorno la mia mamma ha messo un occhio elettrico, strano, davanti alla mia faccia e mi ha detto di guardare dentro. Io l’ho fatto ma non capivo perché. Ad un certo punto, ho sentito la stessa voce che parla la lingua del mio papà, mi chiamava, mi diceva di guardare lo schermo del pc, io ho guardato ed ho visto il mio papà! “Papà” ho detto.

“Mamma, perché il papà è in quello schermo?”, “dov’è?”, “posso andare da lui?”

La mia mamma dice che il papà non è in quello schermo, il papà è lontano e non può venire. Io però non ci credo, so che il papà vuole vedermi e che mi vuole bene. So che il papà vuole giocare al ragnetto, so che il papà vuole darmi tanti bacini, il mio papà non mi ha abbandonato.

Oggi ho parlato con il mio papà, mi ero appena svegliato, da lui però era notte ed era tutto buio. Gli ho fatto vedere come gioco, ho preso l’occhio strano e l’ho portato con me vicino ai miei trenini. Gli ho fatto vedere come faccio volare lo Shinkansen che mi ha comprato una volta quando siamo andati nella grande città che la mia mamma chiama Tokyo.

Il papà mi chiama sempre, vedo le sue labbra pronunciare il mio nome, vedo i suoi occhi che cercano la mia presenza.

“Mamma, ma io non riesco a guardare papà negli occhi, questo è un occhio per il computer”, “Mamma, non riesco più a capire la lingua del mio papà”, “Mamma, il mio papà capirà quello che gli dico anche se parlo la tua lingua?”



Oggi è un giorno speciale, la mia mamma mi ha detto che il mio papà è in viaggio dall’Europa. Io non so cosa sia l’Europa ma immagino sia un posto lontano, dove ci sono altri nonni, un’altra famiglia. Non so se questo è vero, quando lo chiedo alla mamma lei non mi risponde.

“Mamma, possiamo andare a prendere il papà?”

Il giorno dopo, mentre sono all’asilo, arriva il mio papà. Sento la sua voce chiamarmi e gli corro incontro chiamandolo: “Pa-pà”.

“Dove sei stato papà?”, “Perché sono qua e tu non sei stato con me tutto questo tempo?”.

Il mio papà mi ha portato tanti giocattoli, mi ha comprato tanti vestiti nuovi, mi da tanti bacini.
La sera ha acceso il suo computer, che è diverso da quello della mamma, ed abbiamo parlato con altre due persone. Papà mi ha detto che il primo era “Zio” e la seconda era “Nonna”. Il giorno dopo abbiamo chiamato anche un’altra persona, il papà ha detto che è il “Nonno”.

Il mio papà oggi mi ha portato in un parco, abbiamo giocato tantissimo e ci siamo divertiti. Il mio papà mi stringe sempre forte e mi dà tanti bacini.

Anche a Parigi lo faceva sempre, ora però sento qualcosa di diverso in questi bacini.

“Papà mi porti con te in Europa?”

Il papà mi da la mano, il papà mi fa il ragnetto, il papà mi porta sotto i ciliegi, hanno tanti fiori. Il vento fa volare tanti fiorellini rosa, il mio papà dice che sono i ciliegi.

“Papà cosa sono i ciliegi?”

Il mio papà mi spiega che i ciliegi sono alberi che in questo periodo piangono perché non vogliono perdere i loro fiorellini che sono bellissimi e piccoli.

“I fiorellini sono i figli dei ciliegi, papà?”, “Perché perdono i fiorellini, papà?”

Non so perché, ma quando il mio papà mi da i bacini sotto questi ciliegi mi sento anche io un fiorellino piccolo piccolo e bellissimo.

“Papà tu sei il mio albero vero?”, “Anche tu piangi come loro?”

Il mio papà mi stringe forte, sempre lo fa. Mi dice che mi vuole bene e che non mi abbandonerà mai e io gli credo.

“Papà, ma perché allora devi andare?”

Il mio papà oggi mi ha sussurrato in un orecchio che non mi lascerà, non vuole farlo ma deve. La mamma non vuole più stare con lui.

Ricordo il mio ultimo giorno a Parigi, era il compleanno del mio papà. Ricordo di avergli cantato “Tanti auguri” e ricordo anche la sua torta. C’erano due candeline accese. Il mio papà mi dice sempre che i miei occhi sono le sue due candeline.

“Papà, voglio farti gli auguri tutti i giorni”.

Ricordo che il papà ci ha accompagnati in un posto grande dove c’erano tanti uccelli grandi, siamo saliti su uno di questi uccelli e abbiamo volato per tanto tempo. Questi uccelli però non sono come quelli che c’erano nelle strade di Parigi o quelli sulla spiaggia del paese del mio papà. Questi uccelli sono cattivi perché mi hanno portato lontano dal mio papà.

Ricordo l’ansia della mamma, voleva che il papà le spedisse tutte le sue cose e ricordo che gli diceva che andavamo in vacanza e saremmo tornati.

Il papà ci credeva, e anche io.

Mentre volavamo la mamma mi ha detto: “Non torneremo più”.

“Mamma, perché hai voluto andartene?”, “Perché mi hai separato dal papà?”

Il mio papà mi stringe forte, sempre lo fa.



Il mio papà oggi dovrà ripartire. Mi ha detto che la mamma non vuole che stia qui con me. Mi ha detto che lui vorrebbe tanto ma non può.

“Mamma, perché hai deciso per me?”

Il mio papà mi dà un bacio, io gli sorrido, non so cosa succede. Mi saluta. Vedo la sua ombra allontanarsi. Mi sento solo. Mi manca l’aria.

“Perché?”

“Mamma, perché?”


Caro papà, non so dove sei, ti vedo ogni mattina con il computer della mamma. Fisso un occhio elettrico, ma non è il tuo. So che ci sei, mi trasmetti il tuo calore.

“Papà, non voglio staccarmi da te come i fiori dei ciliegi. Non voglio che piangi per me come loro. Io sono il tuo fiore piccolo e bello e lo sarò per sempre”.



NOTA DELL’AUTORE

Ho scritto la storia di un padre. La storia di tutti quei genitori che, per varie ragioni, non possono vedere i loro figli, non possono godere del loro amore. Ho scritto la storia di un figlio a cui viene negata la cosa più preziosa che ci sia: l’amore di un padre.