21/03/11

Marina Pizzi, VIGILIA DI SORPASSO, 2009-2010 [31-40]


[Suffering of that thorny bush. Foto di Marzia Poerio]


31.

amo a martirio il codice d’onore
stare sull’erba con i piedi scalzi
o il librino del muto che tiene ad amarmi.
qui sulla regìa che dice di baciarci
la femminile amarezza del rancore
quando quell’uomo è un carico di chiodi.
ora è felice l’arca di commedia
la luna stretta che non acchiappa niente
neppure le paratie amorose delle nuvole.


32.

la sofferenza del cardo
pungolo d’angelo dolente
ammaina relitto la voce
senza pace etere d’ombra.
sciacquio di pomice la fretta
questa voluttà di morte
risacca d’aquila la mano
sempre assassina.


33.

la rotta del fardello quale un accatto
di ortiche che rimuovono l’orto
per le fandonie plurime del pozzo.
indagine del fuoco l’agonia del ventre
quando un bambino fa l’armistizio
con i cipressi plurimi e vincenti.
appena inchiodo la disarmonia del mondo
sto sotto carica di dondoli assassini
con le lancette d’orologio in vortice.
svenuta maestà quest’era vuota
carbone sul catrame pece di cielo
leccornìe del pipistrello appeso al coma.
più ordine di così non so fischiare
alla banderuola in cima a far da diva.


34.

tornava a casa con la fronte in panne
sempre si accorgeva di aver perso
la sola effigie e il deambulo finanche.


35.

nonostante l’estro di porgere aiuto
si restava confinati in una cerchia
di aiuole marce. fu così che la ginestra
si fece nera e la fandonia azzurra
come le migliori delle certezze.
aspro il ciliegio divenne aspro
dalla maratona di ogni tonfo a terra.


36.

il codice del cipresso sa star quieto
dietro la rendita del sole cattivo
andirivieni a rendita di spine.
portico di fronde questo dolore
moltiplicato rettile di fossa
gerundio senza rotte angelicate.


37.

è passato un giorno lontano
dal sito della neve al ritorno della notte.
con il marsupio ho inventato casa
da sùbito bivacco. non c’è speranza
per un albore che sa di sabbia
e barattoli scaduti. d’inverno la barca
si rovina in taciti svincoli di sale.
poi subentra il fato della cialda
promettente. chissà quale aiuto
ingoiò il rantolo per farla finita
con la pece. non c’è datore che si presti
al gioco d’essere magnanimo. è tutto
un far di stucchi per reggere una casa
in grave gravame di reato. la foggia
canterina della sposa attenua le rughe
della bisaccia.


38.

rumina il vento elegie di stoppie
quasi s’inchina un albero al passaggio
dell’orologio favolistico del grembo.


39.

in coda alla mansione di resistere
si chiama il vento un dondolio di sfingi
blasfeme su di un manico di scopa.
la ruggine che svetta sopra la nuca
antesignano coriandolo di morte
io sono. muso lungo non avrò il tuo
amore, ma resistere il partigiano
aneddoto vedrai saprò nella rupe
dell’occaso. maretta d’anima vederti
da sotto il caso che mi accinge morta.


40.

fu un autunno di verbi all’infinito
come a reagire ad un’offesa tanto
tanto mal anima da coprire il volto.
di te ricorderò l’occaso pieno
la vena occlusa da cotanto grembo
in grembo alla maestà dell’alluvione.
oggi son arsa da ferrigna darsena
a nulla serve reagire d’anima
contro il novello sguardo della polvere.
amore di congedo il tuo travaglio
voluto dalle stoppie delle rondini
quando già manca chi chiunque voglia.
le fiaccole cosmetiche del lutto
seducano le giostre che resistono
educate alle voglie del dio sole.


[Le strofe precedenti di VIGILIA DI SORPASSO sono uscite su "Carte allineate" in data 27-11-2010, 17-12-2010 e 19-1-2011]