27/03/11

I Chang-Dong, 시 (SCI), POESIA


[Multiple perspective (Korean traditional house, Seoul 2011). Foto di Marzia Poerio]

I Chang-Dong, 시 (SCI), POESIA. Corea, 2010. Con Ahn Nae-sang, Kim Hira, Yun Jeong-hee, I David, Pak Myeong-sin

Un'anziana, Yang Mi-ja (interpretata da Yun Jeong-hee, che ha vinto l'anno scorso a Cannes il premio per la recitazione proprio per questo ruolo), è la protagonista di questa storia, la cui sceneggiatura, ad opera del regista I Chang-Dong, ha anch'essa ottenuto un riconoscimento al medesimo festival.

La narrazione è ben articolata attorno ai movimenti misurati, alla corporatura esile e al sorriso mite della protagonista, che si trova a dover venire a termini con la brutalità tardomoderna in quanto, residente la figlia per lavoro in un'altra città, è custode del nipote che, assieme ad altri tre giovanissimi, compie violenza sessuale su una compagna di scuola. La ragazza, a causa di ciò, si suicida; e le famiglie dei quattro giovani cercano di accordarsi per fornire un compenso alla madre della deceduta.

Tutti i personaggi sono valutati umanamente: i colpevoli non sono assolti, ma di quello tra di loro che vediamo, il nipote di Mi-ja, viene evidenziato più il dolore, il rancore sordo, l'incapacità, si direbbe, di rendersi conto dell'enormità di ciò che ha compiuto, che una stigmatizzazione moralistica pura e semplice. La nonna continua ad accudirlo con angoscia mentre, tra i silenzi che dominano la pellicola, cerca per lo meno di fargli comparire una voce di coscienza attraverso un dialogo cui il ragazzo pare non rispondere e altri particolari reticenti e significativi. Come se ci fosse una barriera tra due codici etici, quello di lei (il passato) e quello di lui (il presente).

Mi-ja, in quanto donna tra i tre padri degli altri rei, viene inviata in un'ambasceria dalla madre della giovane suicida; e non riferisce, una volta incontratala al lavoro nelle campagne, la questione del denaro, bensì instaura un rapporto umano parlando di tutt'altro.

Da questa angolazione, il film sembra mettere in rilievo la caduta proprio di un'umanità fondata su parametri altri da quelli della contemporaneità e della monetizzazione; e soprattutto la violenza gratuita, senza emozioni e priva di scrupoli.

Allo stesso tempo assistiamo a una storia parallela e altrettanto importante, quella della presa di coscienza, da parte di Mi-Ja, di avere l'Alzheimer, che si manifesta allo stadio iniziale con vuoti di memoria di parole e significati.

La condizione della terza età è rappresentata anche dal rapporto di Mi-Ja con un anziano relativamente benestante che ella accudisce per arrotondare la pensione.

Si rivela il contrasto di condizioni sociali. La famiglia della protagonista è l'unica, per condizioni economiche, a non poter provvedere il denaro necessario alla soluzione del problema.

Questa pellicola disposta su diversi piani, commovente e non sentimentaleggiante, rivaluta i processi di simbolizzazione della poesia attraverso le immagini e, en abyme, per mezzo degli appunti presi da Mi-Ja per un corso di poesia per adulti. Alla fine, unica tra i partecipanti al corso, sarà in grado di comporre una poesia che ascoltiamo recitare sullo sfondo mentre l'anziana scompare dalla vista, non trovata dalla figlia che è frattanto ritornata a casa, ignara ancora della tragedia familiare che si è svolta in quanto, presumibilmente per proteggerla, la madre l'ha tenuta all'oscuro del reato perpetrato dal nipote.

[Renato Persòli]