17/11/10

Giacomo Ravello, CANZONI PER OLIVIA

1.

QUI BRANGANIA LA FEDELE

Olivia
ha tenuto
anche per me
un quadratino di memoria
al riparo dalla risacca
e così, all’appuntamento del tempo,
eravamo pur nuovi e intonsi
stasera.

Si chiudeva l’ovale
si sfarinava il nitrato
del fotogramma or ora intatto
che, fedele, Brangania custodiva.
Era tutto allora già registrato
i nomi le cose i fatti
e tutto daccapo
daccapo si riavvolgeva
stasera.

Olivia guardava fisso,
per non perdersi
durante la cena,
oltre la mia spalla destra
appena in alto,
io
temevo una caduta di forfora
fuori luogo
stasera.

Poi,
fosse la cartolina dei lungarni
o fosse il dente
che all’ultimo secondo
riagganciava la pellicola,
sotto l’altana
del linguista defunto
che festeggia, di certo, rapito,
ci fu l’agnizione perfetta
di lingue e carezze
nella sera [1].


2.

LA TRATTORIA "DA PIETRO"

Il frigorifero
vuoto
mi ha gridato, risentito,
e mi ha cacciato fuori di casa
– mentre l’eco di me
rimbombava
nei suoi ripiani desertificati;
stasera
nemmeno Michele, il ristoratore,
sazio di clienti
ne voleva sapere di me;
alla fine, con l’occhio interno,
mi ha visto brucare l’aiuola
e ha avuto pietà
– purché in un passaggio veloce
che non alterasse
l’entrare e l’uscire
dei prenotati.
Abusivo come sempre
mi sono nutrito
da solo
sprecando ipotesi di conversazione
e il tovagliolo rosso pompeiano.
Dopo, a casa,
mi aspettava paziente
un pullover
che sapeva di te.
Un po’ geloso di sé
tratteneva
con rigorosa parità
gli abbracci morbidi
e gli abbracci più forti
– la giacca invece
perdeva
a secco
per soli sei euro
le tracce del trucco,
assai contenta del calembour
che aveva contenuto.
Io, cioè lui, cioè io
lasciava affiorare
la sua – di lei, s’intenda –
la sua…
non sapeva bene che cosa
ma lui – dico lui, cioè io –
sorrideva
con la faccia un po’ stupida,
pensandola,
come fosse una cosa nuova.


3.

“URANIA” 1950

Olivia
a suo modo
è timida
o forse prudente
e ha ragione
- lo sarei anche io
se non fossi
per l’appunto
io.

Io
che dico “io”
ho perduto i comandi
dell’astronave,
stringo il quaderno di bordo
e mantengo il passo elastico
del comandante
- perché “io” sono
il comandante.

Ma oggi Olivia
svuota i polmoni
e torna umana
si rilassa – dice
e cerca la schiena
del comandante in frantumi
che assapora l’esserci
nonostante il tracollo dell’universo
in questo libro anni 50
che sorride
nella copertina
un po’ ruvida
di inchiostri campiti
gialli e blu e rossi.


4.

PASO DOBLE

Il paso doble
danzano e ridanzano
le lancette
sui numeri del quadrante
dorato;
per complicare la coreografia del tempo
si raddoppiano le battute,
per affiancare il passo al passo
la mano alla mano che trova.

Il dubbio resta - già!
se sia tutto un effetto
di suggestione,
se si mostrerà
presto il cartone
al piovere scolorato
del dicembre.

Olivia trema
nello scarto
ellittico
della grammatica a lei ignota;
così nell’orbita
il proietto vitale
si disegna a tratti,
come nel manuale
delle antiche
speranze scientifiche.
Vi sia lì dentro
la cagnetta Laika
o la gattina smarrita
chiamata Minou,
dispersa nello spazio
senz’aria
nell’agonia stirata
di un respiro piano piano mozzo,
io resto a terra
con lo sguardo
dell’attesa
dell’asfissia
della sorpresa.


NOTE

[1] Si allude al saggio di Giovanni Nencioni (1911-2008) AGNIZIONI DI LETTURA, pubblicato nel 1967 in “Strumenti critici”.