Londra, Faber, 2009
Una recensione Di Jeff Turrentine cattura in poche parole uno dei tratti essenziali della narrativa di Auster, sospesa tra sperimentazione e rappresentazione della realtà: è propria anche di INVISIBLE, come dei romanzi precedenti, una "intersection of memory, language, fate and self-discovery - with [...] playfulness very much intact" [1].
Come in altri romanzi dell'autore statunitense, la narrazione è articolata in varie voci. Mentre progredisce il tracciato diacronico, estendendosi in INVISIBLE nell'arco di quarant'anni, in ogni parte un diverso narratore racconta. La storia di cornice è quella di Jim Freeman, uno scrittore che sotto pseudonimo ha scritto una storia raccontata da un altro, un amico di nome Adam Walker.
A complicare l'intrico strutturale, il primo dei quattro capitoli (che narra un triangolo amoroso tra Margot, una ragazza francese scostante e introversa, il suo fidanzato Born, un docente universitario e manipolatore di persone, forse responsabile di un omicidio, e Adam) è narrato, sotto forma di memoriale della sua vita negli anni Sessanta, da Walker.
Nel secondo capitolo, Freeman, cui, essendo egli uno scrittore affermato, Adam si è rivolto per consigliarsi sulla pubblicazione del testo, pur giudicando il memoriale un che ingenuo, spinge l'amico a inviargli anche la seconda parte, che è un'altra parte dell'autobiografia, scritta però, questa volta, col "tu" narrativo, come nel Calvino di SE UNA NOTTE D'INVERNO UN VIAGGIATORE, che a Walker serve per distaccarsi da eventi scabrosi, in parte incestuosi nei confronti della sorella.
Nel terzo capitolo, Freeman va a trovare Walker, ma trova la figliastra di lui, non l'amico, che è deceduto; e recupera un riassunto di un'altra parte del memoriale di cui leggiamo la rielaborazione da parte di Freeman, questa volta in terza persona, sul viaggio di Walker per Parigi, avvenuto poco dopo gli eventi del primo capitolo, dove Adam rivede Margot, riallaccia una relazione sporadica con lei, ma contemporaneamente ha una storia con una ragazza di nome Cécile, figlia di Helène, una donna coinvolta con Born, il quale pare ancora più potente del previsto se riesce a far espellere dalla Francia per sempre Walker dopo che questi manovrqa per mandare a monte il matrimonio previsto tra Born ed Helène.
Nella quarta parte, narrata in prima persona da Freeman, la sorella di Adam fornisce una sua diversa versione dei fatti che la riguardano nel memoriale degli anni Sessanta. Nel corso di un viaggio in Francia, inoltre, dopo avere pubblicato il memoriale a proprio nome, Freeman entra in contatto con Cécile ed è in parte dalle sue parole, in parte da estratti del suo diario, che apprendiamo il seguito della storia e alcuni elelemtni finora mancanti.
La complicatezza dell'intreccio è compensata da un linguaggio elegante quanto s emplice e da un'abilità nell'incastro delle sezioni narrative in modo tale da creare suspense e continuità, per cui il romanzo si propone come lettura in verità continuativa e avvincente.
La narrazione per voci diverse costruisce una forma di collaborazione narrativa tra personaggi, che è in realtà col lettore, e costituisce come un rompicapo, un poliedro, un resoconto moltepliice in cui la verità è messa in pericolo ad ogni svolta del racconto. Gli eventi narrati nella prte precedente potrebbero rivelarsi fallaci. Restano frattanto degli enigmi. La narrazione stessa poterbebbe essere di per sé fallace. Tuttavia, alla fine, la versione data come ultima sembrebrebbe corrispondere ad una verità efettiva.
Poco ha adito in questo romanzo la visualità mass mediale, semmai prevalgono i panorami della mente, la visione interiore, la modernità della prima maniera.
NOTE
[1] "Washington Post", RECENSIONE AD AUSTER.
[Roberto Bertoni]