23/06/10

Marina Pizzi, L’INVADENZA DEL RELITTO, 2009 [63-72]


["Snow will be". Foto di Marzia Poerio]

63.

vigilia di sorpasso stare in sede
definire la lingua in un viatico
per colonnati assoluti dove gli angeli
pareggiano la flotta dell’arena
agone di perle bavero di ascesi.
incluso il monte in un apice di stasi
sta la rena in frottola di eclissi
in mano alla rada della polvere.
alle ginestre la formula del treno
animato da fiaccole di favole
per un arrivo in nido. e quale analfabeta
ci darà la caccia? in mano alla cometa
della bisaccia si corre indietro. tra una
moria e l’altra la giostrina dell’attesa
con in palio un rantolio di ghiaccio
l’ultima febbre fata per morire.


64.

non ho posto in profitto né sullo schienale
del verbo. abborraccio una palpebra da vivo
che non basta. sei esalato con tre lacrime
sul respiro agonico. mio antefatto, mio padre.
la regia della vergine è una stozza
di pane velenoso, amaro quanto il fiele
della roccia. cialda del cucciolo vederti
tramortito dalla scoria di soccombere.
velo di bara il commiato lacerato dal riso
della fretta dolorosa. imposta di me
la scorreria e il vanto di darti addio.
così non basta l’atrio della notte
la furberia del caso di lasciarci.
il timbro delle tenebre son bare
lasciate alle stanzette del baratro.
poi così ti venne l’elemosina del ciao
il rimanente iato del tugurio. il nome
sul regno prìncipe del fuoco. la foto,
magnifica, sul coro degli ambulanti.


65.

la solitudine delle cose
dove si rammenta la natia
indole. il panico astratto
della formica, l’oltre questua
del morente. invece è sibilo
di panico vederti senza sguardo
al rantolo. il titano del buio
non ha pietà né la baita del caso
si connette al sogno del sorriso.
il martirio ti divora panico,
l’accento della dorsale scompiglia
il vuoto. l’anfiteatro ti dà questa premura
d’ascia. anatema e verdetto sono gemellari
al tetto che sostiene la catastrofe.


66.

la storia dell’ombra dà gendarmeria
ira del dado che non può lanciarsi
da pavimenti di sterminio da paludi.
il ludo della venere boschiva
schiva la ronda che la vuole morta
soldato di sé stessa senza remore.
l’elegia del sogno dà parenti morti
esequie senza giara d’olio né resine
benigne per la quiete. nessuno tornerà
dal regolo per un soppiatto amore.


67.

collasso di acrobata l’eclisse
quando da vicino si pestava il grano
alla scansia del mago somigliava il pane.
indagine d’averno vederti panico
la lacrima nel mare di Odisseo
senza sentire il grido che si aggiunge.
memoria in face panica vederti
morente occhio spento nel recesso
d’un’analfabeta sorte. gerundio scempio
l’agonia. a bocca aperta l’ossigeno
sul male. patema giovanile guardarti
piccolo vecchio per sempre. infuso
alla cometa ora sarai chissà
per le ronde delle gioie cicale del perenne.


68.

sarà la neve sarà lo schianto
sarà la bozza del tuo pianto.
aureole maligne intorno allo sguardo
quando si muore con la pertica del fiato.
l’assenza della rendita è morire
acqua marcia di un silenzio enorme.
maretta di bellezza era il tuo nome
lontano dalla lenza del martirio.
ora si regna l’eremo del vuoto
colpito in base alla carezza inutile
dove germogliano lacrime di senso.
in base alla moria delle riviere
resta la stalla dell’asino filosofo
il molto addebito per non capirci niente.
è dolore è dolore è dolore
è lo schianto del tuo albore.


69.

quale sarà il solco del sudario
il coma con la venia del respiro
morire accanto a una finestra nera.
incudine asprigna la resistenza
senza cuore le folate d’ascia.
inutile serbarsi caramelle
per attutire il barato del certo
la morte con l’ossigeno sparente.
gli stridi belli delle rondini infinite
non hanno strade per portarti a loro
né alloro per l’eroe mortale.
qui si diviene fosse al capezzale
inesorabile. inverno di covata stare
all’isola senza salvarsi. tu non dire
permessi notarili questa spiaggia
di cocci di vetri aguzzi di ciminiere
lente. qui è l’ora di starsene alla bara
cere immolate per un qualunque dio
senza pietà cortese.


70.

le mani a conca per trovarti vivo
amico del fratello che mi sei.
patacca d’oasi questo vestito
che copre il corpo fisso.
armonica del lutto forse la terra
ardente a mo’ di fuoco il tuo candore.


71.

la freccia dell’arbitro è mestizia
acuta sfinge che non saluta mai
le rondini che giocano fanciulle
le stasi buone del litigio d’acqua.


72.

un murmure occaso mi serra la gola
dentro la madia dell’ombra. con il costato
ferito salgo le scale altissime.


Le sezioni 1-62 dell'INVADENZA DEL RELITTO sono state pubblicate su "Carte allineate" in data 3-11-2009, 15-12-2009, 19-1-2010, 3-2-2010, 3-3-2010, 7-4-2010, 9-5-2010.