07/04/10

Marina Pizzi, L’INVADENZA DEL RELITTO, 2009 [50-59]

50.

all’urlo della cornucopia
l’angolo che svetta il mondo
il safari di perdere memoria
la sconfitta pendula del sacro.
in mano al gerundio del pianto
il ricordo di dio che mi giocava
accanto fanciullo d’elemosine.
in tutto il frastuono del dolore
l’ora canuta di oscurare specchi
la venuta del ramo che si spezza
dentro il tramestio dell’alba bara.


51.

l’alloro dell’aurora
prenda questo rovistare
questa camicia vuota
suicida contro il treno
dado di scempio
maestro il maestrale delle isole
senza scampo pregne.
immola che si faccia rispetto
il molo solitario al tarlo
che lavora le faccende d’Ercole.
re commise le fidanze d’abaco
per correre in soccorso a chi sviene
idillio di sorriso ben comunque.
invece di elaborare la sorte in svendita
sono la moda di una regina tattica
col pegno del respiro. invano con le meringhe
delle giostre sono in attesa di un respiro
che redima la melma del vano eloquio.


52.

in piena scimitarra ho visto
l’occhio del lupo, il luccichio
al diniego di pregare. così finisce
l’intonaco e il malanno di capitar
infelici. la terra è umida ma solo
di brina in cerca di gemme da aiutare.
mi avvince il cielo che non ebbi
la clausura mortale senza beneficio
né montatura di ponteggio.
tu che cingi le eresie del sale
conta per me le darsene del dubbio
le ferite in cigolio di abbraccio.


53.

ogni mattina squilla il telefono
per la pubblicità. è una speranza
in più che se ne va. nessuno raggiunge
questo trovatello spazio fatto di piante
grasse molto pazienti e vestiti alla rinfusa
per imparare a vivere sotto il dado della
fortuna o la schedina balorda. in era di mansarda
sto sotto il tetto delle ossa e la bravura è carica
di divieti. alcolizzate le finestre del suicidio
è più facile divenire voli, mali inconsolabili
nel lenzuolo immortale! tu lo stiri con i palmi
scheletrici come un tale che ti faccia bastone
ma sei tu che reggi. dall’antenna parabolica
a getto continuo le voci stanno bene. così
si traccia indice del sudario alla faccia del
calendario ammesso tra mille giocatori in ottima
salute boia di risate ed indirizzi veloci e esatti.
è il mass-media bellezza: non ha pietà.


54.

in un mondo di bara voglio morire
fuori. a scapicollo immortale i fiori
immortali. avere l’originale del dio
vivo, toccarlo con la nuca contro il polso
per sentirgli il cuore. chiamarlo bambino
del mio vezzo per staccargli il cielo
e cullarmene. condividere il vizio
della solitudine. darlo in pasto alle preghiere
per esaudirle. un baluginio di giara con
l’olio santo effervescente per tutti.


55.

in un cielo suicida si straluna
la giacca del suicida.
in un mare di debiti si salva
la ressa della vanga.
tu dammi un dollaro che io possa
ossequiare le membra di chi muore.
braccami le ossa che io possa
gridare la cacciata finalmente!
di te non voglio l’ilarità della fine
settimana. un cuore d’asma mi spaventa
nel dividendo del capitale omesso.
ho perso il braccio della lira vuota
in una specola senza universo.


56.

chiamami dalla resina del buio
portami al cantone del sipario
per essere un estro di tornato
presso la nenia che non mi fa dormire
né imitare gli angeli.
portami dove la luce è fioca
e libera la morte.


57.

la culla della strofa è stare in attico
accanto al cielo a fare da traguardo
al dito mignolo che lo può toccare
senza destrezza solo per bellezza.
in pasto all’amarezza della ruggine
la gimcana della resina la casa fredda
minacciata dalla ragione della morte.
labirinto di cimase se intorno al polso
per dare un argine alle lacrime del rito
che a basilica pungono di dolore.
genia del pane la libertà di esilio
andare via con il libro chiuso
verso le soglie delle logiche cattive.
gelo di vestibolo la notte
questa sterpaglia al palo degli uccisi.
la scienza della lavagna è di rimando
edizione della notte dado tratto.


58.

a frutto me ne andrò con far di notte
con il cespuglio dell’agave sul collo
con la mansione del gallo senza alba.


59.

è giorno che straluna nel bicchiere
che detta legge alle maniere darsene
delle ruggini implacate. tu dettami
lo sguardo che mi rapisca nella tua
tasca sola. sono un coriandolo sfortunato,
vivo per scansioni d’ansia. l’acqua chiusa
sa d’infante viscido. le ondulazioni del suolo
hanno le radici ribelli. in regno d’ora
le donne mugolano la perdita del grano
con la cometa in gola a mo’ d’impiccagione.
qui resta l’etica di non potare né l’albero
né la regìa del pianto. dammi l’orto e le
piraterie del sogno. qui si muoia
lo spreco del fondale canaglia di palude.


Le sezioni 1-49 dell'INVADENZA DEL RELITTO sono state pubblicate su "Carte allineate" in data 3-11-2009, 15-12-2009, 19-1-2010, 3-2-2010, 3-3-2010.