21/03/10

Mircea Eliade, ASPECTS DU MYTHE

[Symbol? Or is it an allegory? (From the walls of London). Foto di Marzia Poerio]


Mircea Eliade, ASPECTS DU MYTHE. 1962. Parigi, Gallimard, 1963

Se si può criticare Eliade per la sua insistenza sul mito di creazione e di origine, al punto da farne un elemento, se non l'elemento, costitutivo del mito, è pur vero che la sua riflessione su questo tema è tuttora stimolante, valida per l'ampiezza delle prospettive e centrale per interpretare cosa significhino mito e religioni.

Non è possibile stendere una trattazione esaustiva e complessiva del mito, né l'autore si propone di farlo, al contempo però fornisce elementi essenziali in questo volume successivo a MITI, SOGNI, MISTERI [1].

La definizione di mito che Eliade ritiene "meno imperfetta" è questa:

"[...] le mythe raconte une histoire sacrée; il relate un événement qui a eu lieu dans le temps primordial, le temps fabuleux des 'commencements'. Autrement dit, le mythe raconte comment, grâce aux exploits des Êtres Surnaturels, une réalité est venue à l'existence, que ce soit la réalité totale, le Cosmos, ou seulment un fragment: un île, un espèce végétale, un comportement humain, une institution. C'est donc toujours le recit d'une 'création': on rapporte comment quelque chôse a été produit, a commencé à être" (p. 15) [2].

La natura di questo tipo di racconto è che viene considerato vero dalla comunità in cui nasce. Il mito è un aspetto della realtà, non dell'invenzione. Il rituale che a esso si collega serve a ripetere tale realtà originaria e fondante. Tramite la ripetizione il mito viene riconfermato:

"Vivre les mythes implique [...] une expérience vraiment 'religieuse' puisqu'elle se distingue de l'expérience ordinaire, de la vie quotidienne. La 'religiosité' de cette expérience est due au fait qu'on réactualise des événements fabuleux, exaltants, significatifs, on assiste de nouveau aux oeuvres créatrices des Êtres Surnaturels. Il ne s'agit pas d'une commemoration des événements mythiques, mais de leur réitération [...] C'est pur cette raison qu'on peut parler du 'temps fort' du mythe: c'est le temps [...] 'sacré' lorsque quelque chose de [...] significatif s'est pleinement manifesté" (p. 31) [3].

Si tratta di un'esperienza religiosa, dunque, sacra e vissuta come reale, in tal senso da distinguersi dalle forme contemporanee di sopravvivenza del mito, non ignorate da Eliade, quali il millenarismo utopico, finanche i personaggi dei fumetti e della società di massa.

L'aspetto centrale è il ciclo della morte e delle rinascite. Nel pensiero mitico, come nella storia individuale pare necessario, tramite i riti di iniziazione, passare attraverso i rituali simbolici della morte (il digiuno, la mortificazione della carne, il dolore) per rinascere a una nuova fase della vita, così sul piano cosmico la fine del mondo è il passaggio verso un nuovo inizio. In questi miti apocalittici (il diluvio, la distruzione, il ciclo delle fini) quello che conta di più, secondo Eliade, non è la morte, ma la rinascita, il nuovo inizio.

A esso collegato è il ritorno all'indietro nel tempo filogenetico e ontogenetico, verso il riassorbimento nell'ambito prenatale e verso ciò che esisteva prima che l'universo esistesse: un regressus ad uterum, come lo definisce lo studioso rumeno, che propone una nuova nascita, non più concreta bensì spirituale.

Il mito trasforma "le paysage naturel en milieu culturel" (“il paesaggio naturale in ambito culturale”) (p. 173); non implica valori morali, bensì attribuisce un significato all'esistenza e fonda un modello del mondo.

Il libro di Eliade mette in rilievo come la demitizzazione avvenga a partire dall'antichità, nel pensiero razionalista dei greci, per esempio, o nella formulazione, fin da Erodoto, della storiografia che sostituisce al tempo sacro il tempo cronologico.

Esamina infine il mito e la demitizzazione in varie culture, più dettagliatamente in quelle indiana e greca.


NOTE

[1] Su MITI, SOGNI, MISTERI cfr. le note di lettura in "Carte allineate", 11-8-2010.

[2] "[...] il mito racconta una storia sacra; riferisce un avvenimento che ha avuto luogo nel tempo primordiale, il tempo favoloso degli 'inizi'. Ovvero, il mito racconta come, grazie alle imprese degli Esseri Soprannaturali, una realtà è venuta a esistere, sia essa la realtà totale, il Cosmo, o solamente un frammento: un'isola, una specie vegetale, un comportamento umano, un'istituzione. È dunque sempre il racconto di una 'creazione': si riferisce come qualcosa è stato prodotto, ha iniziato a essere".

[3] Vivere il mito implica un'esperienza effettivamente 'religiosa' in quanto si distingue dall'esperienza comune, della vita quotidiana. La 'religiosità' di tale esperienza è dovuta al fatto che si rendono di nuovo attuali degli avvenimenti favolosi, esaltanti, significativi, si riassiste alle opere creatrici degli Esseri Soprannaturali. Non si tratta di una commemorazione degli avvenimenti mitici, bensì della loro reiterazione [...] Perciò si parla di 'tempo forte' del mito: è il tempo [...] 'sacro' di quando qualcosa di [...] significativo si è manifestato pienamente".


[Roberto Bertoni]