La storia di questa traduzione (o, per essere più esatti, la sua ultima puntata) risale al 1974: fu in quell’anno che, durante un congresso di studi, Peter Christoph, curatore dei manoscritti storici nella New York State Library, fece la conoscenza di Charles Gehring, giovane laureato in germanistica con una specializzazione in studi neerlandesi, e si sentì chiedere da quest’ultimo se, a sua conoscenza, qualcuno fra i suoi colleghi aveva bisogno di un collaboratore per ricerche su documenti olandesi del Seicento. “Altro che!”, fu la risposta di Christoph, cui non pareva vero di essere piombato sulla persona giusta.
Proprio in quel periodo, infatti, stava ripartendo praticamente da zero il lavoro sulla documentazione riguardante l’insediamento seicentesco della Nieuw Nederland (che aveva coperto un territorio corrispondente oggi, grosso modo, agli stati di New York, New Jersey, Connecticut, Pennsylvania e Delaware), e in particolare Nieuw Amsterdam, antenata di Manhattan. Gli olandesi erano stati infatti i primi ad esplorare ed occupare questa parte del Nuovo Mondo, e dal 1626 al 1664, anno in cui venne estromessa dagli inglesi, la Westindische Compagnie (WIC), la potentissima società commerciale detentrice del monopolio della colonizzazione nei possedimenti americani, aveva dato vita ad una comunità fiorente e dinamica, caratterizzata da una tolleranza civile e religiosa poco comune all’epoca.
Gli archivi di questo periodo conservati in Olanda erano andati distrutti nel 1821, quando il governo aveva venduto come carta straccia tutti i documenti riguardanti le Compagnie delle Indie sia orientali che occidentali di data anteriore al 1700; quelli rimasti oltreoceano, già andati in parte smarriti nel corso di un secolo particolarmente movimentato e immagazzinati dalla fine del Settecento nella New York State Library di Albany, furono sporadicamente oggetto di attenzione da parte degli studiosi nel corso dell’Ottocento, ma le poche traduzioni fatte riguardavano soltanto i documenti più significativi di carattere amministrativo e politico, ignorando del tutto gli aspetti rappresentati dalla storia sociale e dalla cultura materiale della colonia (che occupavano circa 6000 pagine). A cimentarsi per primo con la traduzione, nel 1818, fu F.A. van der Kemp, un anziano religioso olandese che, oltre ad essere affetto da una forma di cecità andata vieppiù aggravandosi nel corso del lavoro, non aveva una conoscenza sufficientemente approfondita dell’inglese; prevedibilmente lacunoso, il risultato delle sue fatiche venne purtroppo utilizzato per molto tempo dagli storici, che in buona fede lo credettero una fonte adeguata. Quasi un secolo dopo un traduttore esperto e coscienzioso, A.J.F. van Laer, si era impegnato a rendere in inglese l’intero corpus per vedere poi il frutto di due anni di lavoro svanire nel nulla (assieme all’opera di van der Kemp) in un incendio che distrusse la biblioteca nel 1911 e causò la perdita di oltre due milioni di documenti relativi alla storia di New York. Per fortuna gli archivi olandesi sfuggirono all’annientamento totale grazie al fatto che, essendo considerati meno importanti di quelli in lingua inglese, erano stati collocati ai piani inferiori degli scaffali, cosicché vennero protetti dalla caduta di altri volumi. Parecchi documenti andarono comunque distrutti e quasi tutti furono danneggiati dal fuoco, dal fumo e dall’acqua utilizzata per spegnere l’incendio. Van Laer ricominciò a tradurre, ma dopo qualche tempo cadde in preda ad un ben comprensibile esaurimento nervoso e abbandonò l’opera intrapresa.
Verso la fine degli anni Sessanta Peter Christoph si era così imbattuto in una massa di documenti bruciacchiati, affumicati e mezzo ammuffiti immagazzinata negli archivi; messosi alla ricerca di un traduttore, si rese ben presto conto della difficoltà di trovare qualcuno che non solo conoscesse l’olandese del Seicento, diverso dalla lingua odierna quanto lo è Shakespeare dall’inglese contemporaneo, ma che fosse anche in grado di decifrare la scrittura (la grafia olandese si è profondamente modificata a partire dal Settecento, così che i testi anteriori a tale periodo risultano incomprensibili ad un lettore moderno). Un altro problema, costituito dalla mancanza di fondi, venne risolto grazie all’intervento di facoltosi americani di origine olandese che, sollecitati, accettarono di fornire i finanziamenti necessari.
Quando Gehring iniziò il lavoro, nel settembre 1974, si trovò di fronte a dodicimila pagine di carta grossolana coperta di una scrittura spesso sbiadita, estremamente difficile da decifrare, che stando alle descrizioni sembrava un incrocio fra l’alfabeto romano e quello arabo o tailandese : si trattava di lettere, atti giudiziari e notarili, testamenti, verbali, diari, una documentazione vastissima che copriva praticamente ogni aspetto delle vicissitudini storiche e della vita quotidiana in quella che sarebbe diventata Manhattan, dalle liti fra vicini, alla compravendita di terreni, all’architettura locale, agli usi e costumi, alla flora e fauna dell’isola. Nel 2000 erano stati pubblicati sedici volumi di traduzioni e restano ancora da tradurre alcune migliaia di pagine. A complicare ulteriormente il lavoro di Gehring è stata fra l’altro la qualità decisamente carente delle traduzioni fatte in passato, che, con l’avanzare del lavoro, l’ha convinto della necessità di procedere, in moltissimi casi, ad un rifacimento completo.
Gehring dirige attualmente il New Netherland Project, un’organizzazione fondata per promuovere la ricerca sul periodo coloniale olandese e completare il lavoro di trascrizione degli archivi, sponsorizzata dalla New York State Library e dalla Holland Society of New York. Il suo lavoro ha permesso a poco a poco di risvegliare l’interesse per questo capitolo finora dimenticato della storia americana e ha ispirato non solo numerosi lavori di approfondimento e tesi universitarie, ma anche libri, come il suo A JOURNEY INTO MOHAWK AND ONEIDA COUNTY, 1634-1635, traduzione del resoconto di una missione effettuata per proteggere gli interessi olandesi nel commercio delle pellicce; come BEVERWIJK, A DUTCH VILLAGE ON THE AMERICAN FRONTIER 1652-1664 della sua assistente Janny Venema, e come THE ISLAND AT THE CENTER OF THE WORLD di Russell Shorto, il più noto fra tutti, recentemente pubblicato in Gran Bretagna (dove “center “ è ovviamente diventato “centre”). La tesi di fondo di quest’ultimo autore, che è anche quella di Gehring, è decisamente ambiziosa, poiché si tratterebbe niente meno che di cambiare radicalmente i presupposti alla base della storiografia americana: secondo quanto sostengono Shorto e Gehring, finora le origini degli Stati Uniti sono state identificate (a torto) pressoché esclusivamente nelle “tredici colonie” del New England fondate dai puritani inglesi, e per un vizio anglocentrico (nonché il fatto che per lungo tempo le fonti disponibili sono state quasi soltanto in inglese) si è ignorato o sottovalutato il ruolo svolto dalla Nieuw Nederland, e più particolarmente da Nieuw Amsterdam, nel plasmare la società americana; la traduzione degli archivi della Nieuw Nederland dovrebbe invece permettere di riequilibrare questa prospettiva, rivalutare l’importanza del periodo olandese per il futuro degli Stati Uniti e chiarire che, lungi dal costituire una congerie pittoresca, ma disordinata e storicamente di poco peso, la colonia era prospera e dotata di un’amministrazione piuttosto efficiente, e che le rivendicazioni presentate dai suoi abitanti alla Westindische Compagnie testimoniano di un’esigenza di rappresentanza e di partecipazione democratica insoliti per quell’epoca. Con il suo carattere multietnico, aperto e pragmatico e la sua libertà commerciale (dovuti anche, e proprio, al fatto di trovarsi sotto il controllo dell’Olanda, che in quel secolo era la società politicamente e socialmente più avanzata d’Europa) quella minuscola, variegata comunità avrebbe rappresentato il nucleo prefigurante della società americana. Secondo la formulazione di Shorto: “Manhattan is where America began”.
FONTI:
- Russell Shorto, THE ISLAND AT THE CENTRE OF THE WORLD, Doubleday, London 2004 (specialmente introduzione e ultimo capitolo).
- Steve Wick, THE DUTCH PAPER CHASE, www.newsday.com/extras/lihistory/2/hs218a.htm.
- THE TRANSLATOR OF MANUSCRIPTS AND AN ERA: CHARLES GEHRING OF THE NEW NETHERLAND PROJECT, www.thenaf.org/NAFNEWSfall2003.pdf e http://www.thenaf.org/NAFNEWSfall2003.pdf.