13/01/10

Maria Predelli, SHAKESPEARE: È IL NOME D’ARTE DI JOHN FLORIO?

E se fosse vero? La notizia ha incominciato a circolare dapprima in una cerchia ristrettissima di amici e persone interessate, poi è stata comunicata ad un pubblico più o meno accademico nell’estate del 2009, durante la Settimana Italiana di Montreal, e il 9 dicembre al Centro Leonardo da Vinci; nella primavera del 2010 sarà presentata ad un convegno di professori universitari italianisti… a un certo punto bisognerà prendere il toro per le corna e presentarla ad un pubblico di accademici “inglesi” e soprattutto ai conoscitori di Shakespeare. La tesi è che al nome di Shakespeare corrisponda non il piccolo possidente di provincia e impresario teatrale Shakspere, come si crede da sempre, ma il grande linguista e umanista poliglotta di origine italiana, John Florio.

Quest’identificazione risolverebbe non pochi dei puzzles che da sempre circondano lo studio dei drammi di Shakespeare. E infatti è un luogo comune della critica la perplessità davanti all’evidente discrepanza fra quello che si sa della biografia di un certo Shakspere e la figura gigantesca dell’autore dei drammi. Per esempio, Mario Praz, illustre professore di letteratura inglese, riconosce la nostra totale mancanza di informazioni sulla formazione culturale di Shakespeare: “Resta dunque nella cronologia della vita di Shakespeare una lacuna di parecchi anni, gli anni più importanti della formazione d’un artista, quelli che sono intorno al venticinquesimo [anno d’età]. … Questo periodo, che dovette essere denso di avventure materiali e spirituali, non può ricostruirsi con le spesso ingegnose ma immancabilmente insignificanti ipotesi di biografi e dilettanti, di cui il campo abbonda” [1].

Questa insoddisfazione dei critici nel far coincidere la biografia storica di Shakspere con l’autore dei drammi ha già dato luogo a diverse ipotesi (dietro il nome di Shakespeare si celerebbe in raltà Francis Bacon, o Roger of Rutland, o Edward de Vere, o Guglielmo Crollalanza…) nessuna delle quali ha trovato il consenso unanime degli studiosi. Ma la tesi che l’autore dei drammi di “Shakespeare” sia John Florio è stata presentata dallo scrittore, giornalista e saggista Lamberto Tassinari, con argomenti molto pertinenti e scientificamente solidi. L’identificazione con John Florio darebbe ragione infatti di moltissimi degli aspetti problematici che i critici più acuti additano nei drammi di Shakespeare senza riuscire a trovare una spiegazione soddisfacente. Per esempio: la profonda cultura biblica che pervade i drammi di Shakespeare trova ragione nel fatto che John Florio proveniva da una famiglia di ebrei (originariamente ebrei spagnoli, si erano trasferiti in Italia quando nel 1492 la regina Isabella scacciò gli ebrei dalla Spagna), e che il padre, Michelangelo Florio, era certamente profondamente impegnato sul versante religioso: era stato infatti frate francescano prima di aderire al protestantesimo e, anzi diventare predicatore e pastore d’anime per molti anni a Soglio, nel cantone dei Grigioni. Una questione fondamentale, e finora misteriosa, è la straordinaria conoscenza della cultura italiana che si ritrova nei drammi di Shakespeare - una conoscenza eccezionale anche se si considera che la cultura inglese si stava aprendo in quegli anni all’influsso del Rinascimento italiano -. La maggior parte dei drammi prendono lo spunto da novelle italiane, e in alcuni drammi si fa allusione a luoghi precisi; e i critici hanno un bel daffare a capire in che modo Shakespeare poteva essere venuto a conoscenza di quelle storie, di alcune delle quali non si conoscono traduzioni, o di quei particolari. Alcuni critici pensano che Shakespeare abbia fatto un viaggio in Italia, ma nella biografia di Shakspere non c’è nessuna testimonianza di questo ipotetico viaggio; la maggior parte dei critici ritengono che Shakespeare non conoscesse l’italiano. Ma John Florio non soltanto era cresciuto in un ambiente di lingua italiana; erudito erede della raffinata cultura umanistica, uomo di cultura formato all’università di Tubinga, dove aveva ascoltato le lezioni dell’umanista Pier Paolo Vergerio, Florio insegnava l’italiano a Londra, e ai più alti livelli: importanti personaggi dell’aristocrazia inglese, e addirittura la regina Anna, avevano imparato da lui lingua e cultura italiana. Per alcuni anni insegnò a Oxford. Si può anzi affermare che John Florio fu uno degli operatori culturali più importanti del suo tempo e fu in gran parte responsabile di quella moda italianizzante che caratterizzò la cultura elisabettiana.

La ricchezza straordinaria del vocabolario di Shakespeare è un altro fenomeno macroscopico delle sue opera; e insieme alla ricchezza del vocabolario lo stile barocco, fiorito, sovrabbondante e anzi, l’espressione spesso vagamente “odd’, un po’ spiazzata, come se la lingua non fosse sgorgata precisamente da una bocca inglese. Anche qui l’opera di John Florio si presenta come perfettamente coerente con quelle caratteristiche culturali: John Florio è di origine italiana ma, “più realista del re”, come spesso sono gli immigrati, ha sposato integralmente e coscientemente la causa dell’aristocrazia nazionalista inglese e si impegna con le sue opere ad arricchire e ad illustrare la lingua e la cultura inglese. Florio è un linguista di statura eccezionale. Una delle sue opere più importanti è il WORLDE OF WORDES (1592), un dizionario inglese-italiano, il primo del suo genere nella storia della cultura europea, e di un’ampiezza e di un peso tali che la sua seconda edizione (1611) supera per numero di parole il primo VOCABOLARIO DELLA CRUSCA (pubblicato nel 1612, un anno dopo il WORLDE OF WORDES). Un’altra è la traduzione in inglese degli Essais di Montaigne, anche questa pietra miliare nella storia della lingua inglese, per le brillanti soluzioni nella traduzione di nozioni poco comprensibili nell’ambiente inglese, e per l’allargamento del vocabolario inglese indotto da questa traduzione.

Nei drammi di Shakespere sono state riconosciute eco linguistiche di opere letterarie italiane, impossibili da realizzare da qualcuno che non fosse in grado di capire bene la lingua letteraria italiana. Cosa ancora più interessante, tutte le volte che si riconoscono espressioni o nozioni riprese da altre opere, siano queste italiane o inglesi, si riscontra che queste altre opere o sono di Florio stesso, o sono opere che certamente Florio conosceva. Così per esempio la traduzione di Montaigne, il BASILIKON DORON (operetta di James I tradotta in italiano da Florio), opere di Ben Jonson, opere di Bruno, opere di Ariosto, opere di Tasso, “et j’en passé”.

Insomma, ragioni storiche, ragioni culturali, ragioni linguistiche rendono davvero molto plausibile la tesi proposta da Tassinari. L’acquisizione a mio parere più interessante di questa scoperta è la definitiva demolizione del mito del genio ignorante, provinciale e sprovveduto che, con la sola forza della sua intuizione riesce a raggiungere le vette del pensiero e della cultura… I drammi di Shakespeare sono molto più comprensibili se se ne intravede un autore coltissimo, oltre che geniale. Questo non per affermare che non vi possano essere geni fra le persone che non sono andate a scuola (me ne guardo bene: “Dio non fa di questi dispetti ai poveri”, diceva Don Milani), ma per riaffermare l’importanza che la formazione culturale riveste nel profilo complessivo di una personalità: il genio può arrivare fino a un certo punto, ma per arrivare alle acquisizioni veramente somme va coltivato. Di qui l’importanza di buone scuole. Non dovremmo mai stancarci di riaffermare che la cultura è importante, di fronte alla volgarità di tante scelte praticate dalla politica e anche, ahimé, da istituzioni che si dichiarano “depositarie di cultura.

Gli argomenti a favore di uno Shakespeare “transculturale” sono naturalmente più numerosi di quelli ai quali qui si è fatto appena un cenno. Per approfondirli, si possono andare a cercare i volumi in cui Tassinari argomenta la sua tesi, in italiano o in inglese [2].


NOTE

[1] M. Praz, Introduzione a William Shakespeare, TUTTE LE OPERE, Firenze, Sansoni, 1964, p. X.

[2] SHAKESPEARE? È IL NOME D’ARTE DI JOHN FLORIO, Montréal, Giano Books 2008; JOHN FLORIO, THE MAN WHO WAS SHAKESPEARE, Montréal, Giano Books 2009.