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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
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ISSN 2009-7123
19/11/09
Wong Kar-Vai, 2046
[Hong Kong Day, 2007. Foto di Marzia Poerio]
Wong Kar-Vai, 2046, 2004. Con Maggie Cheung, Carina Lau, Takuya Kimura, Tony Leung, Gong Li, Faye Wong, Zhang Ziyi
Una storia complessa e narrata con alcune iterazioni e discrepanze di matrice onirica.
Una linea dell'intreccio è la vita del protagonista Chow a Singapore, città in cui perde Su Li-Zhen (l'attrice Maggie Cheung), la quale, nemiche le carte cui è stata affidata la scelta, non lo seguirà a Hong Kong dove Chow si reca per lavoro. Un altro aspetto di questa linea narrativa è un flashback che, verso la fine del film, conduce a Singapore dove Chow aveva incontrato, dopo aver perso Su Li-Zhen, un'altra Su Li-Zhen (Gong Li), la quale, giocatrice di professione e dal passato misterioso, lo aiuta a recuperare del denaro perso in un casinò.
Una seconda linea narrativa si svolge a Hong Kong. Divenuto Casanova dopo la delusione con la prima Su Li-Zhen, Chow incontra diverse donne in una pensione in cui si installa mentre lavora per un periodico, nella stanza 2047, accanto alla 2046, che aveva scelto perché era lo stesso numero della stanza condivisa con Su Li-Zhen. Nella 2046 di Hong Kong risiede per poco Lulu (Carina Lau), una ragazza conosciuta da Chow a Singapore e che non si ricorda di lui. Nuova vicina di stanza, nella 2046, è Wang Jing Wen (l'attrice Faye Wong), una delle figlie del proprietario della pensione, innamorata di un giapponese; inizialmente osteggiata dal genitore, finisce in una clinica psichiatrica per la pena d’amore. La stanza 2046 viene così occupata da Bai Li (l'attrice Zhang Ziyi) che, lasciata dal fidanzato, coinvoltasi con Chow, ricerca una relazione stabile che lui non le dà, per cui Bai Li se ne va e si rivedrà con Chow solo brevemente il Natale successivo. Tornata nella pensione, Wang Jing Wen, coronerà infine il sogno d'amore sposando il fidanzato giapponese vinta la resistenza del padre.
Wang Jing Wen anche lei scrittrice, aiuta Chow a scrivere un racconto ambientato nel futuro, nell'anno 2046, che costituisce la terza linea narrativa del film. Questo racconto di fantascienza si svolge su un treno che va al luogo del recupero degli amori perduti, dal quale nessuno è tornato tranne il protagonista, il giapponese Tak (l'attore Takuya Kimura), che su un treno, tra la propria disperazione, si innamora di un'inserviente androide, la quale ha un doppio ed entrambe sono la copia del personaggio di Wang Jing Wen nella storia principale di questo film.
Il film è sull'amore perduto, forse, principalmente; e sulla difficoltà degli esseri di corrispondersi. L'amore non ricambiato, il doppio, le coincidenze sfortunate, la sensualità legata all'affetto sono motivi reperibili in altri film di Wong Kar-Vai e qui elaborati con un andamento non cronologico, che intreccia le tre storie, mostrandone frammenti che vanno ricostruiti unitariamente dallo spettatore, come nei sogni, ma non costituiscono un ostacolo, stranamente, alla fluidità del film, una volta accettato il meccanismo per cui la memoria si sovrappone al presente e la letteratura (il racconto 2046 dentro il racconto che è il film 2046) rappresenta il correlativo distorto dei fatti presentati nella pellicola come illusione di realtà. I riferimenti storici sono a eventi accaduti tra il 1966 e il 1969 a Hong Kong, anche se l'ambientazione e i costumi sembrerebbero, tranne forse le acconciature, ricordare più gli anni Trenta e Quaranta che gli anni Sessanta.
L'uso del colore è notevole per il cromatismo ricercato dell'abbigliamento che contrasta con lo stato decrepito della pensione, coloristicamente atona verso il verde e il beige forse prevalenti, in cui si svolgono molti dei fatti. Gli esterni sono rappresentati, oltre a brevi scene in bianco e nero di tafferugli a Hong Kong, dal cielo a colori semiinvaso dalla scritta luminosa della pensione sul tetto. Gli effetti di movimento del treno nel futuro, nel racconto interno al racconto, accrescono interesse estetico; il cromatismo è qui intenso, tendente al rosso, al giallo, ad altre tinte forti.
La musica ha, come in altri film di Wong Kar-Wai, un ruolo di accompagnamento del movimento della cinepresa, di alleggerimento della pesantezza delle situazioni, o al contrario di sottolineatura della loro ossessività. Cuce inoltre alcune delle scene, facilitando la ricostruzione delle cronologie spezzate dei tre racconti. Il tema principale, con orchestrazione classica in una delle sue esecuzioni, e con impostazione latino-americana in una seconda versione, è di Shigeru Umebayashi. Una rumba, SWAY, di Pablo Bertrán Ruiz, cantata da Dean Martin, è uno degli elementi principali e che si ripetono.
Avevamo visto 2046 con entusiasmo non eccessivo quando uscì e ottenne la Palma d'oro a Cannes. Questa seconda visione ci porta invece a pensare a un classico vero e proprio, un'opera di intelligenza, abilità tecnica, riflessione profonda sulla vita e sulla condizione umana.
Elisabeth Wright scrive sull'opera di Wong Kar-Vai:
"Questioni di identità e la fusione sempre presente tra Oriente e Occidente trovano un contesto nel tema dell'amore, della solitudine e dell'alienazione che pervadono i protagonisti. La tensione tra il passato e il presente si congiunge con la memoria, il desiderio, lo spazio, il tempo, l'ambiente. La situazione complessa del cinema di Hong Kong in quanto nazionale e al contempo 'transnazionale', come pure i rapporti con l'entroterra cinese, sono aspetti distintivi della ricerca di una definizione da parte di tale cinema. L'arte cinematografica di Wong Kar-Vai è fondamentale nella discussione relativa a un cinema innovativo ed inimitabile che sia allo stesso tempo collettivo ed esclusivo. La sua puntualizzazione dei dettagli a preferenza della totalità consolida la capacità di creare ambienti e atmosfere ben caratterizzati, un pastiche visivo di colori ed emozioni" [1].
NOTA
[1] E. Wright, WONG KAR-VAI.
[Renato Persòli]