Pierre Bourdieu, SCIENCE DE LA SCIENCE ET RÉFLEXIVITÉ. COURS DU COLLÈGE DE FRANCE 200O-2001, traduzione di A. Serra, IL MESTIERE DI SCIENZIATO, Milano, Feltrinelli, 2003
Bourdieu vede nella scienza un "campo" che nei secoli, a partire da Copernico, ha cercato di conquistarsi autonomia dal potere religioso, politico ed economico con strumenti quali la creazione di un gruppo.
Tale autonomia, secondo Bourdieu, si sarebbe indebolita alla fine del ventesimo e all’inizio del ventunesimo secolo perché “i meccanismi sociali che sono andati instaurandosi a mano a mano che la scienza si affermava, come la logica della concorrenza tra pari, rischiano di trovarsi messi al servizio di fini imposti dall’esterno” con “sottomissione agli interessi economici e alle seduzioni mediatiche” (p. 7).
Gli aspetti autonomistici, tuttavia, ancor si rivelano nella “creazione delle condizioni favorevoli alla produzione del sapere e alla riproduzione a lungo termine del gruppo” attraverso la “creazione di associazioni scientifiche e professionali”, il che non può essere visto semplicemente come “professionalizzazione” (p. 67), bensì come una “dualità del mondo scientifico” (p. 68), riposta in “due pratiche […]: una confinata nell’università, l’altra aperta all’industria” (p. 67).
Il campo scientifico è in realtà “un campo di forze dotato di una struttura”, nonché “un campo di lotte per conservare o trasformare questo campo di forze” (p. 48).
Se da un lato, dunque, Bourdieu insiste sull’autonomia scientifica, con l’idea di campo introduce varie contraddizioni coesistenti. C’è, sì, ricerca di autonomia da parte degli scienziati, ma vengono contestate al contempo le concezioni utopistiche dell’autonomia, la “visione ingenuamente idealistica del mondo scientifico come ‘comunità solidale’” (p. 62), l’idea che il pensiero scientifico si sviluppi secondo una propria logica esclusiva, con scambi altruisti tra i ricercatori. Allo stesso tempo viene ritenuta da sfatare anche la visione opposta della scienza come “bellum omnium contra omnes” (pp. 62-63).
Esiste nel campo scientifico ciò che Bourdieu chiama l’“illusio”, ossia “la sottomissione assoluta all’imperativo del disinteresse” (p. 69), anche se questo non sempre si realizza, si direbbe, nella pratica, in quanto ci si trova di fronte a “due specie di capitale scientifico: un capitale di autorità propriamente scientifica e un capitale di potere sul mondo scientifico”, per esempio quello dei “ministeri, dei rettori, dei presidi o degli amministratori scientifici” (p. 75), il che è dovuto alla necessità delle scienze di ricorrere a due tipi di risorse, quelle “propriamente scientifiche” e quelle “finanziarie che occorrono per comprare o costruire gli strumenti […] o per pagare il personale, o le risorse amministrative, come i posti” di lavoro (p. 76).
Il “campo” è proprio composto da queste diverse sfaccettature e dalla maniera in cui in certi periodi storici e in determinate realtà sociali essi si dispongono. I vari “agenti” di cui sopra “si scontrano, all’interno di quel gioco che è il campo, in una lotta per far riconoscere un modo di conoscere (un oggetto e un metodo), contribuendo così a conservare o trasformare il campo di forze” (p. 81).
All’interno delle scienze, Bourdieu pone anche le scienze sociali, la cui particolarità è la “debole autonomia” (p. 108), dovuta al fatto che esse, in particolare la sociologia, sono troppo “scottanti”, hanno “un oggetto che interessa a tutti”, compresi i potenti (pp. 108-09). La sociologia è “esposta all’eteronomia per il fatto che la pressione esterna è in essa particolarmente forte e […] le condizioni interne dell’autonomia sono difficili da realizzare (soprattutto attraverso l’imposizione di un diritto d’ingresso)” (p. 109). Anche i sociologi, in quanto scienziati sociali, sono sottoposti a pressioni: ci sono coloro che scelgono di stare dalla parte del potere, “magari anche soltanto per omissione” (p. 8); oppure contribuire a far emergere verità nel mondo sociale.
Si intrecciano in queste analisi di Bourdieu concezioni di provenienza marxista, strutturale e di altro genere. Si tratta di una sintesi che cerca, qui, come in quella degli intellettuali letterari, di dar conto della complessità, senza cadere né nell’economicismo né nell’idealismo, ma mostrando anche implicitamente quali sono i compiti sociali di modificazione della realtà e difesa delle idee rispetto alle interferenze del potere.
[Roberto Bertoni]