In parte basato su fatti reali, come avverte l’autore in chiusura del volume, quali la politica dei bolscevichi in quegli anni, la figura di Roman Malinowski adombrata dal personaggio Gregory Petrov, infine un torneo di scacchi tenutosi effettivamente a Pietroburgo nel 1914, il romanzo è un thriller narrato in prima persona da uno psicoanalista di origine ebrea, Otto Spethmann che, prendendo in cura Rozental, un noto scacchista, su richiesta di un amico (in realtà una spia), si trova suo malgrado coinvolto in una cospirazione contro lo zar, orchestrata dai servizi segreti russi per creare destabilizzazione accusando gli anarchici, ma appoggiata da una parte dei bolscevichi per l’effetto che ne nascerebbe; ostacolata invece da altri, tra cui Lychev, un rivoluzionario infiltrato nella polizia.
L’intreccio è denso e si risolve con la fuga di Spethmann che riesce a salvare la figlia Catherine, divenuta comunista, ma a prezzo della perdita dell’amante, Anna, figlia di un funzionario zarista, anch’ella inizialmente in cura dallo psicoanalista.
La verità sull’identità dei vari personaggi si rivela lentamente: quasi nessuno è quello che sembra per buona parte del volume, come si addice alle identità mutevoli della contemporaneità che questo romanzo, in parte storico, metaforizza proiettandosi sul presente mentre mantiene la storicità col riferire puntualmente di luoghi, abitudini, contesti degli anni 10 del Novecento.
Le modalità d’inchiesta della psicoanalisi freudiana, accumulando dettagli significativi fino a scoprire le verità, somigliano all’inchiesta investigativa mentre ad un terzo livello di omologia si dispone la scacchistica, resa anche dai diagrammi di una partita che il narratore gioca con l’amico Kopelzon, il quale si rivelerà infine un nemico mortale.
Un’intervista di Alessandra Buccari con l’autore chiarisce il significato del titolo e gli scopi del libro in termini di poetica esplicita:
“Da dove nasce Zugzwang? Ricordiamo che il titolo del romanzo fa riferimento a una particolare posizione degli scacchi nella quale il giocatore è costretto a muovere pur sapendo che qualunque mossa peggiorerà la sua situazione.
Volevo scrivere qualcosa di leggero, quasi divertente, direi, ma che tuttavia ponesse dei quesiti al lettore. Ho scelto un periodo storico particolarmente drammatico - la Russia del 1914 - a causa di una situazione storico-politica piuttosto movimentata: lo zar, le spie, gli ebrei […]. Il romanzo ha due livelli di lettura. Quello letterario, romanzesco, con personaggi credibili, con un’estetica curata. E quello più profondo, che ha a che vedere con la politica e la moralità” [1].
NOTA
[1] Intervista a Ronan Bennett, a cura di Alessandra Buccari, “L’angolo nero”, 11-9-2007.
[Roberto Bertoni]