Milano, Bompiani, 2003
Carotenuto segue in parte la linea freudiana del rapporto tra inconscio e Super-Io con la conseguente necessità di riequilibrare in termini di non repressione e allo stesso tempo di controllare le emozioni socialmente distruttive. Nell’ambito sociale, infatti, “non esiste cultura che non eserciti la sua funzione regolatrice sulla manifestazione e gestione dei sentimenti da parte dell’essere umano, proprio per evitare che talune dinamiche emotive possano poi sfociare in atteggiamenti distruttivi sia verso se stessi che nei confronti degli altri individui” (p. 35).
In parte predominante si determina una linea junghiana, riposta in particolare nella discussione sul male in una concezione dell’intreccio tra i lati della personalità positivi e negativi, in luce e in ombra, entro un “mosaico interiore” che implica “la consapevolezza della presenza in noi stessi della dimensione del male”, inteso come “quella componente oscura che alberga nei meandri più riposti della psiche” (p. 92). Si evidenzia un “processo di autoconoscenza che conduca l’individuo a “integrare gli elementi opposti che compongono la sua personalità”, in quanto “solo l’avvenuta comprensione della profonda ambivalenza che segna l’esistenza umana potrà aprire la strada verso la conoscenza della personale verità interiore” (p. 95).
Legata all’individuazione junghiana è la difesa della conoscenza personale dell’emotività:
“L’individuo, sotto la pressione degli impulsi esterni, può esperire vissuti di intensa conflittualità nel momento in cui la propria verità interiore cozza contro gli ideali della collettività. Ma è in tali situazioni di contrasto che l’essere umano deve lottare in virtù delle sue aspirazioni più profonde, difendendo le sue emozioni dalle aggressioni invasive della realtà circostante. Abbandonare le vesti dell’illusione e dell’apparenza, nel momento in cui le soddisfazioni condizionanti del mondo esterno non riescono più ad appagare la psiche dell’individuo, apre le porte alla conquista di una conoscenza personale che sovrasta le barriere architettoniche del collettivo perché appartiene unicamente alla sfera interiore dell’uomo” (p. 85).
Attraverso la conoscenza di sé si determina il rapporto con gli altri, fondamentale, indica Carotenuto, dato che “le sofferenze maggiori che individuo esperisce durante il suo percorso evolutivo sono legate […] a quelle situazioni in cui la solitudine diventa il portavoce della sua anima, per cui sono assenti le dinamiche relazionali in grado di garantire i rapporti con gli altri esseri umani” (p. 59).
La solitudine può essere una scelta dovuta la necessità di prendere respiro dal contesto sociale, una necessità, o una costrizione psicologica legata all’assenza del desiderio, dell’oggetto e della vitalità e collegata invece alla nostalgia:
“Il senso di solitudine […] è collegato a un vissuto nostalgico di ritorno verso una condizione esistenziale precedente, in cui il rapporto con l’altro, l’oggetto del desiderio, appariva costellato dalla vicinanza e dalla prossimità temporale e spaziale.
Anzi, possiamo […] affermare che è proprio la solitudine la dimensione emotiva primaria in grado di suscitare nel soggetto il vissuto del desiderio, e la memoria evocativa rappresenta lo strumento strategico che sostiene tale dinamismo psichico e affettivo” (p. 152).
Nel campo della nostalgia, il senso di solitudine si lega alla malinconia dell’esilio, alla tristezza nata dal distacco da ciò che conferiva “familiarità e sicurezza” (p. 162). Chi ha perso quell’ambito originario cerca “elementi sostitutivi […] al fine di colmare quel vuoto interiore che rende la mancanza insostenibile; si tratta di surrogati che, pur tentando di sovrapporsi all’oggetto del desiderio, mai riusciranno ad alimentare uno stato psicologico di pienezza” (pp. 164-65) in una situazione divenuta “precaria”, insoddisfacente e la cui soluzione di appagamento è almeno temporaneamente affidata alla fantasia invece che al senso di realtà.
Esaminata in dettaglio nell’arco di vari capitoli, tra le “emozioni di coppia”; la gelosia, suddivisa in gradienti normali, possessivi e nevrotici il cui sospetto e rancore accompagnati da obiettivi di controllo, nati da un desiderio legato alla sfera materna di fusione totale con l’oggetto e motivati dalla paura della perdita, inerenti a un concetto arcaico dell’amore, possono anche orientarsi contro manifestazioni checchessia di autonomia dell’altro indipendenti da modalità di tradimento concreto.
[Roberto Bertoni]