29/03/09

W. Somerset Maugham, UNA INGLESE A FIRENZE


[Not from Florence, but it could be... (From the walls of La Serra). Foto di Marzia Poerio]


Titolo originale UP AT THE VILLA (1941). Traduzione di J. Giannini, Milano, Longanesi, 1966

L’inglese Mary Panton, trentenne vedova, reduce da un matrimonio sfortunato con un uomo inaffidabile di cui si era innamorata, in via di ricostruzione del proprio io dopo questa esperienza, attraente, con un patrimonio non ingente ma tale da assicurarle l’indipendenza, va a stare per un periodo di tempo nella villa toscana di amici altolocati nei pressi di Firenze. Le propone di sposarlo Sir Edgar Swift, rappresentante del corpo diplomatico inglese in India, più anziano di lei di più di venti anni, visto dalla giovane come rassicurante, in grado di proteggerla, per cui lei decide di accettare sebbene si prenda tre giorni per comunicare la sua decisione mentre Edgar è via per lavoro. Giorni decisivi, nel corso dei quali Rowley Flint, ricco sfaccendato e dongiovanni, cerca di sedurla e le propone a sua volta di sposarlo: per scherzo, pensa lei, almeno all’inizio. Tornando a casa da una cena al ristorante, un musicante che aveva suonato per quella serata e abitava nei pressi della villa, profugo austriaco antinazista, impietosisce Mary, che per questo, contrariamente alla sua impostazione tradizionalista, accetta di consumare alcune ore d’amore con lui, spiegandogli poi di averlo fatto per renderlo felice, per pietà, da cui la reazione scomposta del ragazzo che, già emotivamente provato da altre esperienze, si suicida a casa di lei con un revolver lasciatole per ogni evenienza da Edgar. La aiuta in questo frangente Rowley, rivelandosi più deciso e comprensivo di quanto sarebbe sembrato a prima vista. I due nascondono il cadavere del suicida in un bosco, dove sarà assai improbabile che venga trovato. Mary combatte contro la tendenza a dire tutto alla polizia perché ciò comprometterebbe la sua rispettabilità, ma per onestà, in vista del matrimonio, racconta la propria storia a Edgar, il quale, per rigidezza morale, pur restando impegnato a sposarla, decide di dimettersi dal corpo diplomatico: una moglie che ha infranto le leggi, qualora ciò venisse scoperto, cozzerebbe contro i principi di servitore della Corona. Mary dunque gli rivela di non amarlo e di non volerlo sposare. Accetterà alla fine la richiesta di matrimonio di Rowley, che si era innamorato sul serio e le è più simile; progettano di andare a vivere in una proprietà di lui in Kenya.

Contrariamente all'impressione di quasi appendice che potrebbe forse dare la sequenza degli eventi come è stata riassunta sopra, si tratta di un romanzo breve ben costruito e letterariamente raffinato. Contiene tanto ammirazione per la dignità e la rigidezza da “vero gentleman”, come lo definisce Mary, di Egdar, che appare il rappresentante di vecchie virtù in declino, di cui tuttavia la voce autoriale in questa storia pare suggerire necessaria la sopravvivenza destinandola a mantenere la coesione sociale all’interno della compagine politica britannica; e per la flessibilità accompagnata da rinuncia a manifestare giudizi troppo forti su chi ha momenti di debolezza, rappresentata da Rowley, decadente rispetto alla propria classe sociale, ma in grado di manifestare una qualità umana di comprensione. La rispettabilità alto-borghese, tuttavia, resta in piedi, sebbene si spendano note di simpatia per il giovane diseredato e si rappresentino con rispetto i domestici italiani di Mary, di origine contadina.

Sull’orlo della fine dell’impero britannico, è una storia narrata in modo in parte teatrale con dialoghi efficaci e in parte con andamento propriamente narrativo, schivo di dettagli superflui. È un racconto che procede spedito e avvince.


[Roberto Bertoni]