09/01/09

Baz Luhrmann, AUSTRALIA

2008. Con Bryan Brown, David Gulpilil, Hugh Jackman, Nicole Kidman, Jack Thompson, Brandon Walters, David Wenham.


"I can't look at this movie and be proud of what I've done. [...]. It's just impossible for me to connect to it emotionally at all." ("China Daly", 9-1-2009)."Non riesco a guardare questo film sentendomi orgogliosa di ciò che ho fatto. Mi è semplicemente impossibile rapportarmici emotivamente". Così dichiara Nicole Kidman a proposito di AUSTRALIA, il suo film più recente. Ma come?, diciamo noi. Un momento di crisi? Una risposta ai critici che per lo più, finora, hanno dato voti non troppo alti alla pellicola? A noi pare una dichiarazione poco pertinente rispetto alla materia di cui si occupa. Kidman è splendida in questo film: presenza di scena evidente ma non invadente; recitazione senza ombre e non tutta shillerianamente sentimentale, anzi a tratti ironica e perfino distaccata, contrariamente a quanto hanno scritto in molti in proposito, accompagnata dall'ottima copartecipazione degli altri protagonisti [1].

La storia comincia con Sarah Ashley, inglese dell'alta borghesia che, per arrivare a un chiarimento col marito residente in Astralia riguardo i problemi di coppia e gli interessi di una proprietà nel Northern Territory, compie un viaggio, all'altro capo del quale, agli antipodi, trova il marito assassinato. Gradualmente scopriamo che l'uomo non è stato ucciso da King George, l'anziano aborigeno incolpato del delitto. Sarah licenzia l'amministratore corrotto della famiglia, Neil Fletcher; decide di portare il bestiame di sua proprietà a Darwin, cederlo all'esercito per ricavarne quanto dovuto, vendere la casa e il terreno e tornare in Gran Bretagna. Per il lungo percorso verso Darwin, si rivolge a un mandriano rude quanto affidabile, Drover. Ostacolati con metodi illegali e pericolosi da Fletcher, i nostri eroi... sì, riusciranno nell'impresa. Parallelamente, oltre a una storia romantica, si delineano un cambiamento di Sarah a favore dell'Australia, una modificazione interiore rispetto a ciò che conta davvero nella vita, un senso materno nei confronti di Nullah, un bambino di madre aborigena e padre bianco. Intanto c'è il bombardamento giapponese e...

Insomma, la dimensione epica è senz'altro presente. Le vicende private e pubbliche si intrecciano. Il destino agisce con coincidenze non sempre facilmente credibili, ma utili a creare una storia di identificazione emotiva. Indubbiamente il regista cerca di sollecitare la partecipazione, le lacrime, l'affetto, il rispetto per le comunità originarie del continente australe. Le scene di natura sono mozzafiato. I movimenti dei cavalli e degli altri animali sono dinamici e coinvolgenti. I buoni sono buoni anche se non vorrebbero esserlo; e i cattivi sono cattivi. Citato con funzioni narrative varie volte, con canzoni e alcune scene, anche IL MAGO DI OZ. A noi questo film è piaciuto tanto proprio per tutto questo.

I cliché, si potrà dire: ma per evitarli si doveva fare un antidramma o un film insipido e da nouvelle vague che non avrebbe avuto alcun senso in questo àmbito cinematografico? Se ricorda una certa Hollywood da VIA COL VENTO ai MAGNIFICI SETTE, meglio così, perché non si tratta di un revival vuoto, meramente spettacolare e melodrammatico. AUSTRALIA è infatti un film progressista; e non ci pare che la presenza forte delle ideologie dell'amore e dell'attaccamentoe alla terra lo inficino, anzi ci sembra bene che vengano ribadite visto che si trovano in un contesto di contrapposizione all'avidità, alla sopraffazione, al razzismo... (uno degli aspetti principali del film è anzi la contestazione del sistema di adozione forzata dei bambini aborigeni da parte di istituzioni del governo australiano, per "detribalizzarli" costringendoli poi ad assumere abitudini di tipo australeuropeo al fine di utilizzarli in lavori di servitù o comunque scarsamente qualificati nel periodo storico in cui è ambientata la pellicola).

Noi daremmo quattro stelle.


NOTE

[1] Tra le critiche negative, si veda per tutte, data anche la levatura del quotidiano su cui compare, la recensione di James Christopher ("Times On Line", 24-12-2008).


[Renato Persòli]