Luigi Malerba (1927-2008), pseudonimo di Luigi Bonardi, è stato uno dei maggiori autori dei decenni che vanno dagli anni Sessanta del Novecento a oggi.
La sua scrittura è capace di comunicazione immediata col lettore tramite la lingua standard e mai banale, tesa a cercare tra le righe delle parole le trappole dei paradossi, dei doppi sensi, degli sdoppiamenti dell’identità.
Così negli apologhi e nelle favole della SCOPERTA DELL’ALFABETO (1963).
Tali anche i primi romanzi a ossatura sperimentale: IL SERPENTE (1966, storia di un omicidio che avrebbe potuto essere commesso ma forse non è stato commesso da un personaggio inventore del “canto mentale”) e SALTO MORTALE (1968, storia di un personaggio denominato Giuseppe chiamato Giuseppe, che ha vari doppi e ne invia uno lontano con un treno); libri già da allora, nonostante la vicinanza al Gruppo 63, volti a evitare l’elitismo esasperato e a indagare l’onirico pervaso da un umorismo di origine tanto inquietante, pirandelliana, quanto fondata sulla ripetitività farsesca e l’autoironia da parte dei personaggi.
Si trattava, per il Malerba degli anni Sessanta, di scuotere il panorama del neorealismo senza allontanarsi dalla diffusione, non commerciale, delle opere tra strati di pubblico sia colti sia popolari. Gli statuti di certezza dei ruoli sociali individuali venivano contestati dalle nevrosi paradossali dei suoi personaggi insoliti. Tanto la narratività folclorica quanto l’avanguagrdia del primo Novecento stavano alla base delle sperimentazioni malerbiane.
Più costruiti strutturalmente, con intrecci anche da giallo, i romanzi degli anni Ottanta e Novanta, tra i quali si ricordano IL PIANETA AZZURRO (1986, al contempo una parodia e una denuncia delle trame segrete dell’Italia degli anni Settanta); LE PIETRE VOLANTI (1992, articolato sulle forze del caso e del caos attorno alla vicenda di un artista, Ovidio Romer, in parte collegato col pittore reale Fabrizio Clerici); e LA SUPERFICIE DI ELIANE (1999, un giallo di spionaggio industriale). In queste trame complesse, sempre agevolmente seguibili, il piacere della lettura si combina con insistenza con la designazione di problematiche dell’attualità. In tal senso Malerba si può senz’altro ritenere anche uno scrittore d’impegno, sebbene egli avrebbe forse respinto non il concetto, ma questa parola troppo legata agli anni Quaranta e Cinquanta.
Recensore di SALAMBÒ, attento anche al passato e all’insegnamento che ne proviene, Malerba scrisse vari romanzi storici. Si segnala qui, apologo sul tempo remoto verso la modernità, IL FUOCO GRECO per la sua scelta di argomento: l’invenzione di un’arma segreta nella società bizantina e gli intrighi e tradimenti determinati dai risvolti machiavellici della politica.
Volto al fantastico è IL CIRCOLO DI GRANADA (2002, recensito su “Carte allineate”, cfr. MALERBA, CIRCOLO).
Scelto più per la brevità che per preferenza (chi qui scrive non saprebbe scegliere una pagina di Malerba da privilegiare rispetto ad altre), si propone poco sotto un racconto tratto da IL PESCECANE (1988).
È mancato con Malerba uno scrittore di valida impostazione culturale, che ha saputo essere vitale e capace di esprimere l’esperienza fenomenologica e psicologica del quotidiano e della società a cui tutti apparteniamo.
[Roberto Bertoni]
Luigi Malerba, LA SIGNORA DEL WWF
[A little house in the garden was wrongly taken for a forest dwelling. Foto di Marzia Poerio]
Io le proponevo quasi ogni giorno di scappare e di andare a vivere insieme nella foresta africana. Conoscevo il suo impegno ecologico, credo che avesse un incarico nel WWF, amava gli animali selvatici compresi i coccodrilli e i serpenti. Lei temporeggiava ma era lusingata della proposta, di questo sono sicuro. La foresta che preferisco io, dicevo, è quella di alberi di castagno non soltanto per la bellezza degli alberi ma anche per ragioni di sopravvivenza. Le castagne sono molto nutrienti sia arrostite che bollite e il castagnaccio coi pinoli mi piace da pazzi. Anche a me, diceva la signora del WWF. Nei boschi di castagni, dicevo, ci nascono anche i funghi, porcini e ovoli, che si possono cucinare facilmente sulla brace con un pizzico di sale e niente altro. Quando le parlavo di funghi vedevo che le luccicavano gli occhi, non faceva commenti ma si capiva che i funghi le piacevano molto.
Mi dicono che le donne che hanno temperamento sono anche golose. Pare che in Africa ci siano foreste di castagni, diceva, bisognerebbe informarsi. Io mi accontento anche delle foreste dove si trovano le banane o le noci di cocco, dicevo, con te scappo in qualsiasi tipo di foresta perché ti amo. Ma a lei le noci di cocco non piacevano mica tanto e le banane così e così. E io dicevo perché dobbiamo pensare che in Africa non ci siano i ristoranti? Sicuramente ci sarà qualche foresta con un ristorante abbastanza vicino, così all'ora dei pasti ci facciamo cucinare quello che ci pare, questa mi sembra l'idea migliore, e dopo avere mangiato ritorniamo a fare i selvaggi, io e te, noi due soli, e ci rotoliamo nudi su un letto di foglie come due scimmie. Se vogliamo nessuno ci impedisce di portarci dietro una coperta da stendere sulle foglie e uno spazzolino per i denti. Per il resto possiamo andare in giro nudi per la foresta dalla mattina alla sera, tanto in Africa fa caldo. Dobbiamo solo fare attenzione ai serpenti e a certe formiche voraci e golose di uomini che possono spolpare un uomo in un batter d'occhio. Bisognerà stare attenti anche a tanti altri animali feroci, dicevo, come i leoni le tigri i giaguari i leopardi e certe scimmie ferocissime con le unghie taglienti come coltelli. Insomma io le proponevo di scappare per andare a vivere nella foresta però non avevo nessuna voglia di finire mangiato dalle formiche o sbranato da un giaguaro. Nemmeno io, diceva quella signora del WWF, nemmeno io. A un certo punto, mentre le facevo un quadro delle malattie tropicali che mi ero studiato con attenzione su una rivista medica, mi ha interrotto e mi ha detto che nessuno ci costringeva a scappare proprio in Africa dove si corrono tanti rischi per la nostra salute mentre ci sono foreste bellissime in tanti altri posti come in Carinzia in Austria o la Foresta Nera in Germania.
In Austria e in Germania fa freddo, dicevo io, non possiamo andare in giro nudi come piace a noi. Allora abbiamo scartato sia l'Austria che la Germania e abbiamo deciso che ci conveniva scegliere una foresta italiana, per esempio quella del Gargano. Intanto c'è il vantaggio che si può attraversare tutta in automobile, c'è una bella strada asfaltata e se uno si ferma si possono vedere i caprioli che si rincorrono tra gli alberi e centomila uccelli che svolazzano da un ramo all'altro o sfrullano tra i cespugli. Purtroppo ai margini di questa strada c'è una rete alta due metri per impedire alla gente di entrare, siete voi del WWF che fate mettere queste reti, dicevo, e va bene proteggere la natura ma non è giusto lasciare tutta la foresta agli animali e escludere l'uomo che in un certo senso è il re degli animali. Lei rideva ma io dicevo non c'è mica tanto da ridere perché ci sono anche degli umani come noi che vorrebbero vivere come selvaggi in mezzo alla natura e non possono farlo per via di queste reti alte due metri.
Sai che cosa ti dico? diceva questa signora alla quale avevo proposto di scappare nella foresta, ti dico che c'è una stupenda foresta di querce secolari a Manziana sopra il lago di Bracciano a una trentina di chilometri da Roma. Il Gargano è lontano, saranno almeno sei o settecento chilometri e con quello che costa oggi la benzina e il pedaggio dell'autostrada non è uno scherzo, mentre a Manziana ci possiamo arrivare in una mezzoretta. Lì c'è questa foresta di querce antiche e ci sono uccelli di ogni specie, gli scoiattoli che saltano da un ramo all'altro, lepri ricci ghiri lucertole e ramarri. Naturalmente ci saranno anche le formiche i ragni le bisce gli scorpioni e le vipere, dicevo io, ma basta stare attenti a non farsi morsicare. Altrimenti ci possiamo anche mettere gli stivali, nessuno ce lo impedisce. In mezzo alla foresta di Manziana, diceva la mia amica, ci sono tanti sentieri e strade di terra battuta dove si può arrivare anche con l'automobile, lo so perché ci vanno quelli del cinema a girare i film in costume quando hanno bisogno di una foresta. Ma allora come facciamo a andare in giro nudi, dicevo, se c'è la gente del cinema io mi vergogno. Hai proprio ragione, diceva lei, c'è anche il rischio che incontriamo qualcuno che ci conosce, per esempio qualche amico di mio marito che alla domenica va lì a fare il picnic con la famiglia. Il sabato e la domenica la foresta è tutta piena di turisti che vanno a prendere il fresco e a raccogliere i fiori, cosa che sarebbe proibita perché ci sono dei fiori molto rari che non si possono toccare altrimenti il seme non cade nel terreno e l'anno dopo non rinascono più. Ci sono anche degli sporcaccioni che buttano in terra recipienti di plastica e di vetro che non sono biodegradabili, gente che non sa nemmeno che esiste l'ecologia. E io dicevo dovrebbero obbligare i turisti a spogliarsi nudi quando entrano nella foresta perché in ogni evenienza l'uomo nudo è biodegradabile. Quando mi ci metto sono ecologico più di quelli del WWF. Addio vita selvaggia, dicevo, ho paura che dovremo proprio rinunciare a stare nudi in mezzo alla natura, nella foresta. Detto tra noi questa proposta della vita selvaggia e dell'andare in giro nudi in mezzo alla foresta, sia pure quella italiana, era soltanto una idea romantica e romanzesca per sedurre questa signora ecologa amante della natura e degli animali. In realtà io non sopporto nemmeno le zanzare e se vedo uno scorpione mi prende un tremore ai ginocchi che non mi reggo in piedi. Non sono certo il tipo più adatto a vivere come un selvaggio in mezzo ai centomila pericoli della foresta. Ma di fronte a una donna non confesserò mai le mie debolezze, non racconterò mai che una volta sono svenuto per il morso di una vespa.
Così abbiamo deciso di andare a fare una passeggiata nel parco di Villa Borghese. È inutile andare tanto lontano, ci siamo detti, quando abbiamo a portata di mano un parco favoloso come questo. A Villa Borghese ci sono alberi secolari, pini romani lecci tigli platani e un viale di magnolie gigantesche, ci sono anche due laghetti con i pesci rossi e una infinità di uccelletti che cinguettano fra i rami. Per fortuna non ci sono serpenti né giaguari né tigri né coccodrilli e non ci sono nemmeno quelle scimmie ferocissime con le unghie taglienti come coltelli. Bisogna stare attenti a sdraiarsi sull'erba, questo sì, perché purtroppo in mezzo all'erba ci può sempre essere una vipera e sicuramente ci sono le formiche e centomila insetti pericolosi. Non come quelli africani in ogni caso.
Mi sono messo in tasca un impermeabile di plastica di quelli che stanno tutti dentro una piccola busta, e quando siamo arrivati in una zona solitaria dietro il Prato dei Cani ho detto guarda che fortuna, ho in tasca questo impermeabile che si può stendere sull'erba. Così ci siamo nascosti dietro un grande cespuglio di pitosforo in fiore, profumatissimo, fin troppo perché io soffro di allergie e ho fatto subito qualche sternuto. Io sono previdente e in primavera tengo sempre in tasca qualche pilloletta di antistaminici così ho rimediato a questo piccolo inconveniente e abbiamo cominciato a farci delle carezze e dei piccoli giochi erotici. Guarda come è bella la natura, dicevo, senti come sono profumati questi alberi, guarda quante sfumature di verde che hanno queste foglie, come si sta bene qui in mezzo alla foresta, lontani dalle automobili, lontani dalla civiltà e intanto la mia mano correva su e giù a carezzarla e lei sospirava e mi sembrava molto felice. Se non avessi avuto paura che arrivasse qualche cane randagio mentre stavamo ansimando allacciati stretti stretti, sarei stato felice anch'io.