07/03/08

Satyajit Ray, SHATRANJ KE KHILARI (I GIOCATORI DI SCACCHI)


[The ruler (Bombay House, Cork). Foto di Marzia Poerio]

1977. Basato sul racconto omonimo di Munshi Premchand. Sceneggiatura e musica di Satyajit Ray. Fotografia di Soumendu Roy. Con Richard Attemborough, Shabana Azmi, Victor Bannerjee, Saeed Jaffrey, Farida Jalal, Amjad Khan, Sanjeev Kumar.

Nel 1856, Nawab Wajid Ali Shah, il re dello stato indiano di Oudh (oggi la regione dell’Awahd nell’Uttar Pradesh), poeta e musico, dedito ai piaceri estetici più che al governo energico dello Stato, viene messo da parte e deposto sotto la minaccia e poi con l’attuazione di un’invasione della "compagnia inglese", l'istituzione commerciale che agisce per conto della corona britannica. Mentre si consuma questo dramma politico, precedente solo di un anno le sommosse che finiranno in un bagno di sangue in varie pari dell’India, due proprietari terrieri residenti a Lucknow, la capitale dell’Oudh, trascorrono la maggior parte del tempo giocando a scacchi e consentendo che scorrano a loro insaputa nel mondo esterno il corso della storia, gli eventi quotidiani e le crisi dei loro matrimoni dovute al fatto che per passione del gioco trascurano le mogli.

Secondo Hans Georg Gadamer, “il gioco raggiunge il proprio scopo solo se il giocatore si immerge totalmente in esso” [1]: è quanto accade a Mir e Mirza, i due protagonisti del film; il gioco degli scacchi rappresenta dunque un’evasione dalla realtà: "Quando hai gli occhi sulla scacchiera", dice uno dei protagonisti, "non ti accorgi di nient'altro".

Come nota la scheda sul sito SatyajitRay.org, il film venne girato al tempo delle leggi speciali di Indira Ghandi, che soppressero alcuni diritti civili per garantire la sopravvivenza del governo; pertanto Ray sarebbe qui critico della neutralità dei cittadini rispetto a tale decisione [2].

Più che un’allegoria diretta dell’attualità, ci pare tuttavia, sul piano sociopolitico, una pellicola sul colonialismo e sulle sue capacità di penetrazione dovute alla soverchia forza militare oltre che all’abilità di inserirsi tra le contraddizioni sociali dell’India del XIX secolo.

È ancora la scheda citata a notare l’imparzialità di Ray nel rendere gli attributi positivi tanto degli inglesi quanto del re, non criticato per la sua assenza dalla conduzione della cosa pubblica [3], quanto lodato per le capacità artistiche. Ciò nonostante, a noi pare che ci sia una netta presa di posizione antinglese, non solo perché proprio con l’imparzialità che non distorce le qualità umane dei protagonisti risulta anche più evidente la tecnica di penetrazione adottata, ma per momenti della metafora “scacchi” utilizzata: per esempio Mir e Mirza giocano con regole indiane, deridendo (bonariamente) quelle inglesi.

La storia è narrata con le partite come intercalare, in ambienti di ottima ricostruzione d’epoca, con un intervallo danzato di notevole interesse, cercando infine di evitare ogni banalità e riferimenti alla cinematografia commerciale. Efficace la recitazione. SHATRANJ KE KHILARI è uno dei capolavori di questo grande regista nato nel 1921 a Calcutta e ivi deceduto nel 1992.


NOTE

[1] P. 133 di H. G. Gadamer (1960), IL GIOCO COME FILO CONDUTTORE DELLA ESPLICAZIONE ONTOLOGICA, in VERITÀ E METODO, Milano, Bompiani, 1986, pp. 132-68.
[2] http://www.satyajitray.org/films/shatran.htm.
[3] Ibidem.


[Renato Persòli]