Dagli appunti del dottor Francesco Licata su Filippo Bentivegna, scultore siciliano (1967).
- Ammucchia teste nel giardino.
- Un povero idiota. Da giovane ha lavorato a Boston in una linea ferroviaria. Un negro lo ha colpito alla testa in una rissa. Da allora ha perso la ragione. Nel 1919 è tornato in Sicilia.
Io, Filippo de li testi, scultore. Il pensiero è qui: l'ho conservato per il mondo.
È tutto dentro le teste. Non ho lasciato niente fuori.
Basta così. Vivete, voi, nell'inferno. Io raccolgo. Io - nel paradiso.
- Si dice ne abbia scolpito più di tremila.
- Intere piramidi, gironi infernali, senza regalarne una.
- Le tiene nascoste come un tesoro.
- È avaro, matto, pericoloso.
Qui, nel giardino. Qui: una montagna di teste. La chiave dell'incanto ce l'ho io.
Rocce, mandorli, ulivi - al mio servizio. Belli, teneri, duri.
Intaglio e scolpisco. Chiamatemi Eccellenza.
Gli uomini sono passi veloci: finiranno per perdere consistenza. Le statue no. Se ne stanno ferme, come schiave.
Lo batterò il tempo, il porco. Rovina e corrompe: è ora di finirla.
Nacqui quando scoccava mezzogiorno, morrò quando scoccherà mezzogiorno. Sole sulla testa. Sole sulle teste.
Non conosco che i volti che faccio. Devono essere qui. Teste da toccare. Ho altre vie di scampo? Il mondo scorre, sparisce. Lo fermo qui, fra pietre, pietruzze, sassolini. Qui posso. Se avessi più forza non riempirei solo un giardino ma due, tre, mille giardini, una regione, una nazione, la terra, e pianeti, pianeti...
Ma sto invecchiando, dannazione!
- Si proclama signore delle caverne, il matto.
- Sindrome ciclotimica, esaltazione maniacale.
- Di professione è marinaio: ma sulle sue carte la parola “marinaio” è cancellata dalla parola “inabile”.
- Indifferente al denaro. Non vende le sue teste neanche a peso d'oro.
Le teste umane non sono solide. Le ossa si disfano, il cervello si corrompe. Si diventa deboli, scemi. Non sarà così per le mie. Le coloro, a volte. Un po' di rosa, un po' di blu. Belle, calme. Di legno e di pietra. Ho riempito tutto il giardino. Sono il guardiano dell'eternità. Sono immortale. Chiamatemi Dio. Ora la creazione è a posto. Un po' d'ordine, accidenti! Tutti questi uomini presi dalla morte, travolti, cambiati, distrutti. Non si poteva andare avanti così. Eccole qua: teste vive, che non saranno mai polvere.
Ecco, concittadini, il mio tesoro.
- Scava cunicoli nel giardino. Scolpisce le espressioni più diverse. Dipinge i capelli di un rosa o di un azzurro violento.
- Non fa altro dal 1919. Noce o betulla? Non usa né l'uno né l'altra. Ama solo l'ulivo del suo giardino.
- Non si appoggia al bastone. Lo usa come scettro, il re di Sciacca. Noi, ogni giorno, ci inchiniamo ridendo. Ci ha nominati “dignitari di Sua Eccellenza”. Parla storpiando gli accenti, con frasi incomprensibili. A cena dal fratello, pretende dolci strani, con fichi secchi a forma di testa.
- Ieri mattina, martedì grasso, tutta Sciacca lo ha visto. Immobile sul carrozzone che traversava il paese, il vecchio era in compagnia della sua maschera di cartapesta, disegnata nell'atto di scolpire teste. Bentivegna rideva come uno scemo guardando il suo doppio di cartone. La folla applaudiva il corteo.
Sono invecchiato. Io sì. Le mie teste, no.
Ieri ho acconsentito al desiderio dei miei servi: apparire, in pieno carnevale, come il folle scultore di Sciacca. Esibirmi nel carnevale come quegli idioti che si mettono teste da mangiafuoco o da fata turchina. Hanno riso di gusto, gli stupidi.
Ma da domani, se mi restano le forze, riprendo a scolpire. Non ci sarà un solo momento di sosta. La creazione non è finita. Bisogna fare un po' d'ordine, nelle tribù di questo pianeta.
- Piramidi di facce. Ma non assomigliano ai lavori di Fernando Nanetti, che riempì di graffiti le pareti del manicomio di Volterra. Filippo Bentivegna ha un progetto preciso: vuole esibire la sua bizzarria, come il principe di Palagonìa i suoi mostri. L'isolamento in cui ha lavorato non ci impedisce di considerarlo, a tutti gli effetti, uno scultore dominato dall'idea fissa della testa umana. È proprio così diverso dal folle scultore di Sciacca un artista contemporaneo come Alberto Giacometti, di cui Bentivegna non avrà mai sentito neppure parlare? Giacometti, le sue teste le mette a confronto con l'aria e la strada. Bentivegna le ammucchia ossessivamente nel giardino, fino a farne un tempio involontario.
Testa fa li testi.
Testa fa li testi.
Testa fa li...
- Filippo Bentivegna è morto di vecchiaia, serenamente. Oggi, 1 marzo 1967. In fede: dottor Francesco Licata.