14/03/08

Khwaja Ahmad Abbas, ANHONEE


[The lovers. Bombay House (From the walls of Cork). Foto di Marzia Poerio]

1952. Sceneggiatura di Khwaja Ahmad Abbas. Con Nargis (Fatima Rashid) e Raj Kapoor

Roop, signorina ricca e compita, fidanzata con Rajkumar, onesto avvocato spiantato, apprende a causa di una coincidenza di avere una sorella, Mohini, figlia non riconosciuta dal padre e cresciuta nei quartieri poveri ed equivoci della città in cui vivono entrambe. La coincidenza è una disputa legale per cui Mohini si era rivolta a Rajkumar, sviluppando per lui un’attrazione immediate. Alla rivelazione dell’incontro tra Mohini e Rajkumar, il padre, comprendendo di chi si tratta, muore d’infarto. Riconosciuto il genitore da una foto sul giornale, Mohini spera di essere reinserita nella vita familiare, il che avviene soprattutto per la buona disposizione della sorella, nella cui casa Mohini è accolta senza riserve col dono di metà del patrimonio. Le cose si complicano perché Mohini vorrebbe acquisire anche l’amore di Rajkumar, il quale è invece ben saldo nell’affetto per Roop. Quest’ultima, tuttavia, scoprendo che la madre della sorella povera aveva scambiato le due neonate nella culla affinché sua figlia crescesse in una famiglia benestante, decide di lasciare Mohini padrona del campo, tanto che costei sposa Rajkumar fingendosi Roop con la complicità di Roop medesima ma a insaputa di Rajkumar (le due sorelle sono fisicamente identiche e le interpreta la stessa attrice). Dopo altre vicende, Mohini muore sparando a un quadro del padre che le cade perciò addosso; e Roop e Rajkumar restano a coronare il loro amore pacato.

L’intreccio ci ha colpito per le sue complicazioni che somigliano alle commedie degli errori o alle fiabe. Le funzioni narrative sono numerose e affastellate seppure la storia si segua con linearità ammirevole quanto sorprendente vista l’intricatezza di ciò che accade.

Si sospende senz’altro, durante lo svolgimento dell’azione, la diffidenza per eventuali problemi di credibilità; ci si affida anzi alle coincidenze, come si fa nella favole o nel magico, aspettandone a vari svincoli dell’intreccio di nuove: la sorella è identica all’altra anche se non sono gemelle; non erano la ricca ricca e la povera povera, bensì erano state sostituite; tra tutti gli avvocati della città, in chi s’imbatte Mohini se non nel fidanzato di Roop per caso? Eccetera. A noi non dispiacciono queste coincidenze, anzi ci intrattengono a volte e a volte ci commuovono, indicando sempre le svolte imprevedibili del destino (questo nel sostrato filosofico, che non manca nemmeno in un film popolare come questo).

Se domina il melodramma, il comico ha buon campo nel tentativo non troppo riuscito dell’apprendimento delle regole della buona società da parte di Mohini, ma il film si risolve poi in tragedia; e l’arma che provoca la caduta del quadro è una pistola che si è vista abbastanza presto nel corso della pellicole come nei gialli che si rispettano. Naturalmente il film, come ogni opera di Bollywood, è anche un film musicale.

Pronunciato è infine lo sfondo sociale ed etico: l’avvocato è squattrinato ma serio; e Roop, come suo padre, è priva di pregiudizi al contrario di alcune persone della sua cerchia che irridono chi non ha denaro. Roop dà senza chiedere; e la sua innocenza risulta alla fine più foriera di benessere psicologico e di fortuna che non l’avidità.

A noi questo film in bianco e nero, interpretato da grandi attori (Nargi era anche in MOTHER INDIA), è piaciuto.

[Renato Persòli]