28/12/07

Francesco Macciò, TRE POESIE INEDITE


[Contemplation of lotus flower (Bangkok 2007). Foto di Marzia Poerio]


1.

A VIVERE, AD AGIRE CI SPINGE

A vivere, ad agire ci spinge
l’oscuro di ogni sostanza -
pensa quando sfinita dalla sete
ti slanci verso l’acqua,
pensa all’acqua: Narciso
che si consuma in un desiderio
e deve rimanere un corpo, niente
altro che un corpo disciolto
in un bulbo, in uno stelo,
mentre un altro corpo
si consuma nell’aria evaporando
in un filo di voce…
E non importa se era eco o finzione,
se desiderio o visione
questo doppio indizio del vero.



2.

VERSO CASA

Nel blocco di un tragitto
metropolitano si scioglie in un gesto
che non abbiamo compiuto quel luogo,
quel tempo che non ricordi
e nuovi giorni a palpebre chiuse,
passi oscuri sul tuo corpo,
stragi, pericoli di attentati.
E se di noi al ritorno,
se dentro di noi di quello che è stato
non trovassimo più niente?

Scatta il rosso fosforescente
di un semaforo. Ora in transito
dietro la luna nelle serpentine
delle strade infedeli è solo il calcolo
del vuoto e la sua oscillazione.

È tutto miracoloso fuori di noi
e altrove nella stessa sostanza
nella consistenza che non ci illude,
è l’oro del giorno, l’argento
di una quiete siderale.
Perfino queste automobili in fila
dalle crepe scabre, dai bordi
dei palazzi scorticati,
perfino queste automobili in fila
come cigni posati sull’acqua
che non sono niente fuori di noi
che non sono niente…


3.

È BASTATO UNO SQUILLO

È bastato uno squillo e qualche
secondo obliquo, logorante
di frasi discordi. A nulla
è servito riagganciare di scatto,
in fretta riprendere il filo.

Eppure doveva esserci ancóra,
da qualche parte sospesa sul punto
di dire qualcosa. Forse in attesa
se ne stava nascosta. Non era
svanita per sempre in un buco.

O forse un vetro… là in basso
obliquo, impreciso
il taglio di un vetro più spesso
non ne faceva passare neppure
una minuscola piega del volto.

Certo sapeva - anch’io
certo dovevo sapere - se a qualche
parola in tregua amorosa
aveva accordato il respiro.

Neppure un grano di quella voce ora…
Ora che non so se ombra o forma vera,
se persona o che cos’altro era.



L’OMBRA E LO SPECCHIO

Forse è vero che "a vivere, ad agire ci spinge" il buio interiore, frattanto aderiamo alla luce specchiandoci; oppure forse è vero che, mentre ci riconosciamo nelle immagini riflesse, ci dissolviamo nel vapore mattutino come in Montale nell’“aria di vetro”, restando in questa sparizione al contempo, paradossalmente, essenziali e presenti.

Se invece perdessimo la memoria, come in VERSO CASA? Questa sarebbe la montaliana “ventura delle venture” che ci farebbe cadere in una metropolitana (come Euridice in un Ade), nel vuoto, nel niente…

Del resto, interrotta una conversazione, resta un’”ombra”.

Questa è una reazione personale alle poesie qui pubblicate di Macciò, che dicono di più, spingono a riflettere oltre che ad apprezzare la fluidità e la musicalità dei versi.


[Commento di Roberto Bertoni]