03/12/07

Benzo, TRE TESTI

1.

MAGNITUDO 10

La perizia fotografica
Del trascorrere degli anni
Tempo mastodonte
Dell’attimo congelato

Materici déja-vu
Mesmeriche figure
Affollano i sogni
In ritorni fuggenti

Niente è come ieri
È già andato
È una costante
Un divenire

Cassiopee spente
Che noi crediamo vive
Frantumate implodono
Raffreddano l’anima

Crolli interiori
Di magnitudo 10
Incidono incedono
Solcano profondo

Niente è come ieri
È già andato
È una costante
Un divenire

La memoria
Codifica segnali
L’escremento attesta
La nostra presenza

La cornea pura
Lo sguardo terso
Del bambino indagatore
Acuto scopritore

Niente è come ieri
È già andato
È una costante
Un divenire

Inesistente presenza
Presente inesistenza
Fisicità cannibale
Divoratrice temporale

Assemblare ricordi
Occultare scatole
Di liquido amniotico
Di pomice lavica

Niente è come ieri
È già andato
È una costante
Un divenire


2.

LIED PERIFERICO

Percorso di porcellana
Vitreo deserto bianco
Caselle incastonate
In pareti di cemento

Angoli di vita
Presenze solitarie
Fragili inquietudini
Domestiche abitudini

Vasche di ghisa bianca
Ingiallita consumata
Condotte d’acqua satura
Nascondono segreti

Cubici appartamenti
Palazzi tutti uguali
Scale di ferro nero
Odore di detersivo

Schegge d’asfalto arido
Solido compatto
Che esili gambe
Hanno consumato

Setole d’erba secca
Estirpate sradicate
Spazi numerati
Asmatici parcheggi

Camere di controllo
Croniche incubazioni
Metalliche linee curve
Lampioni in estinzione

Luce d’insetti
Secchi tramortiti
Brucianti di calore
Di lampade fameliche

Sbattere di ali
Tracciate traiettorie
Impatto di falene
Su vetri impenetrabili

Neon di porticati
Irradiano fredde ombre
Piazze periferiche
Memorie partigiane

Ossa di mattoni
Alzano le visuali
Profonde fondamenta
Solcano la terra

Semafori d’incroci
Riflettono lucenti
Borse di vinile
Nomi serigrafici


3.

LA TENEREZZA DEL LUPO

Chi si avvicina ora
A chiedere come stai
A guardare nella profondità
Dei tuoi occhi stanchi

Tutto è restato dentro
I sentimenti la furia
Niente sgorga fuori
Nel frastuono dell’urlo

Chi si avvicina ora
A chiedere dove vai
A guardare dentro i tendini
Il grado di sopportazione

Tutto è restato dentro
I sentimenti la furia
Niente sgorga fuori
Nel frastuono dell’urlo

Chi si avvicina ora
A chiedere chi sei
A tenderti una mano
Per sollevarti dalla polvere

Tutto è restato dentro
I sentimenti la furia
Niente sgorga fuori
Nel frastuono dell’urlo

Chi si avvicina ora
Nella paura del riaverti
Lontani aspettano
Che tu sparisca

Tutto è restato dentro
I sentimenti la furia
Niente sgorga fuori
Nel frastuono dell’urlo



BENZO: IL SENSO E IL SENTITO

Benzo (pseudonimo di Renzo Daveti) legge le sue poesie con voce recitante stentorea, ritmata. L'emissione vocale è importante, sottolinea l'iterazione dei versi, cerca una via di espressione a quanto "è restato dentro". La parola scritta è un "vitreo deserto bianco" che contrasta con l'enfasi dell'oralità. Ogni verso "è già andato", è "un divenire". Così, ci pare, sul piano metaletterario.

Ma la vita del soggetto c'è, ineliminabile: è questa la "costante" che sembra contraddire ciò che muta divenendo? La realtà interiore, le dinamiche dell'esistenza vengono annunciate e rese nei loro metodi più che nei contenuti concreti: "sentimenti", "traiettorie", "ombre", "trascorrere degli anni", "crolli interiori".

Frattanto si allude a una realtà esterna delimitabile, afferrabile: la memoria storica, la periferia.

Parrebbe di trovarsi sulla scia di Campana e dei futuristi; in modo poi ridetto come in un rap, moderno e personale.

[Roberto Bertoni]