21/12/07

Gabriela Fantato, TRE POESIE

1.

CITTÀ IN SOTTERRANEA

I.

Sotto, proprio qui sotto il metallo
sutura la pelle
e gli strati non riparano dal freddo
- la città prepara un disegno di
strade a perdere,
senza nulla che mondi dal nero
dentro gli occhi.
Non la resa delle bestie a primavera,
non la terra aperta
dal vomere, la terra tagliata
tra le mani.

Qui sotto non c’è l’ombra
a fare i corpi meno soli
- batte il ritmo di un’infanzia
rubata con il gesto semplice
che strazia.
Resta il metallo dei binari
e la fuga nelle spalle
- si è persa la luce che alzava un mondo
dentro la mattina, a capofitto
senza requie.


II.

Fuori resistono i gerani al davanzale,
l’edera al cancello
- esistenze mai cresciute nella gioia,
mai venute alla sfida
di un amore.
Tengono la casa, la tengono dove il giorno
è polvere
e l’occhio non decifra una legge
nelle stagioni.
Qualcuno prega la pietà senza saperla,
senza averla mai avuta
- è solo un vizio la pietà,
una crepa nel battito cardiaco
prima che svanisca il muscolo del cuore
e la lama dica il male.


III.

Dov’è la parola?
La radice selvatica che unisce
il tronco con le mani, la punta
al taglio nel mio fianco e fa una linea esatta
- una linea vera, solo per metà.
Una dolcezza dentro il bianco
e perdiamo
ogni volta l’abbraccio
.

Sotto, qui sotto la partenza è
un tuffo - viaggio nella specie,
fiume di cunicoli
e ombre nella pancia di Milano
dove dici - mare
quel sogno nel cuscino.

Si agita un’acqua gonfia
dentro il margine - sotto il cemento,
dentro i navigli interrati
come una serpe che non si vuole
per vicina, ma sale
- vedi? adesso sale l’acqua
e arriva sino al cielo.



2.

POTSDAMER PLATZ
(in tre scene o una sola)

Riemerge adesso
oltre il filo che rosso segna il cemento
e divelta in due la città
il tempo come il mondo che sempre
ci accade di sopra.
Riemergono le facce spezzate
con gli occhi di oggi
a celare una storia che taglia
la cima e il nome
ha preso l'inganno.

S'ammassano in piazza le gru con la fretta
di mordere
- frana intera la città di giallo e rosso
nelle case venute su in corsa
per non dirsi da meno.
Il nero ha intagliato il suo cuore
più strano e s'inventa
adesso una linea per terra
- rossa e che scordi le scritte e quel muro…

... ecco la scalinata, il regno di Pergamo,
- un gesto nel marmo
a difesa mostrare
a fermare fulmine e saette
e la condanna in faccia agli umani...


Ritornano più belle le case dove
c’era la linea del fuoco,
riemergono le teste con quegl'occhi scuri
a mandorla lunga
a dire le fila di urla nei campi e le spine.
Sul ponte una donna orientale
cammina la sua via senza fine,
nessuno si ferma a guardarsi
alle spalle



3.

IN FUGA

Molti perdute le tracce dell’andare
hanno fori lunghi negli occhi
e un segno nelle mani
- quasi che il buio li tenga uniti
nella dolcezza
o come morti.

Vanno verso quel filo di terra
che si perde mare
senza un gesto
senza altro che fuggire
.

Lasciate le ceste di cibo e la casa
sanno soltanto le labbra
e il sole che scalda
- il nome è di stanze nel bianco esatto
del ricordo.

Sono quelli che il tempo scorda
- l’amore troppe volte
è andato al gemito che strappa
via l’abbraccio
.

Questi escono lentissimi
a frotte,
dall'acqua in strada
come una marea che insegue
il flusso delle lune e segue il passo
solo nel passo.

Si dice che un bambino vaga
dentro il labirinto che la corsa ha scavato
nelle sue vene.
Chiama qualcosa che è già
scappato via
.