30/11/07

Gabriela Fantato, DUE INEDITI

CANTILENA DELLA SPECIE



I.

La scriminatura divide i capelli
in parti non uguali
- sono fragili i capelli, si vedono le ossa.
La pelle e il bianco sotto,
dove ognuno tiene stretta una dedizione
che non so
è questo, questo è il brivido
nella ruga precoce
dentro un cielo sfilacciato
su tutta la città


Le strade, vedi, lo sanno e si sono
predisposte in obliquo.
Lasciano che sia lento lo scivolare,
- una frana a valle
dove la cenere copre i resti
con la pietà di un dio più grande
del tuo sogno.
questa la fedeltà di chi cerca
un piatto perché sia casa
e il davanzale
per metterci i gerani


Un battito sale, entra nei muri,
arriva sino al terzo livello in verticale
- sotto.
Si muore bene, dici, coltivandosi
con attenzione,
come un fiore piccolo nel suo vaso.

è questa la gioia, un balzo dentro
la specie - le cellule lo diranno,
i rami e i figli
che tacciono di spalle




AI POCHI

I.

Anche oggi il sole ha aperto il cielo e dato
forma alla collina,
il sopra e il sotto e il mondo davanti.
Ieri è stato tutto un lavorìo
di tagli
e incastri nel fondo del baule.
La vita è tutta in questo
farsi estate
e aspettare che conduca il passo?

Nella fatica del paesaggio resta
un bianco ostinato e la fuga
verso est
dove cresce il tempo primo dell’invocazione
nel segno a puntasecca,
come se infinito.

II.

Resta una fedeltà ai pochi
a fare il perimetro
e un giardino selvatico prima del bosco,
oscuro quanto quello.
La strada - la strada è rossa,
dritta verso l’infanzia,
dove eri sempre stato.

Non sapresti dire se era vero quel tanto
girare di spalle,
- non sai trovare il nome di chi non c’è più
e inventi un piega del labbro
dove c’è la foce che attende
il sangue semplice come un’acqua
che viene e slitta, vedi,
s’avvicina


III.

Il sorriso copre l’assenza dei volti
- non tirare le somme,
sarà un numero a dire la vita,
non l’addio però, né la gioia.

Resta un patto senza abbreviazione
a legare la tua storia,
la memoria che inventa un bordo
dentro gli occhi e lo tradisce.

Solo nel taglio esatto a volte riposo,
nello slancio soltanto unisco il mio
al tuo passo
verso dove neppure lo so