29/08/07

ARTISTI ITALIANI IN FINLANDIA


[Foto trasmessa da Margherita Levo Rosenberg]


Dal 30 giugno al 31 luglio 2007, A Viitasaari, in Finlandia, negli spazi della rinnovata galleria comunale Via Arte si è svolta un'ulteriore tappa della mostra itinerante, tra artisti finlandesi e italiani, OPERE A 63º 05'N - 25º 54'E / OPERE A 44º 35'N - 08º 18'E. Gli artisti: Fernando Andolcetti, Sergio Antola, Annalisa Campailla, Emma Caprini, Luisella Carretta, Bruno Cassaglia, Josephine Caviglia, Cosimo Cimino, Mario Commone, Marisa Cortese; Sandro Cortesogno, Giovanni Di Nino, Alberto Ferretti, Kapa, Harald Karsten, Margherita Levo Rosenberg, Ruggero Maggi, J-O Mallander, Mauro Manfredi, Paivi Merilainen, Angelo Molini, Eeva-Liisa Molsa, Riri Negri, Kirsi Neuvonen, Paolo Nutarelli, Aino Kaarina Pajari, Jaana Paulus, Giuseppe Pellegrino, Davide Ragazzi, Tiina Raitanen, Gianni Sedda, Juhani Takalo-Eskola, Kirsi Tapper, Alberto Terrile, Lea Turto, Jaakko Valo, Guido Ziveri .

La mostra, ideata, voluta e realizzata dall'artista italo/finlandese Alberto Ferretti, ha fatto tappa al Palazzo Ducale di Genova nel 2004, coi commenti di Germano Beringheli per gli artisti italiani e di Hannu Castren per gli artisti finlandesi.

La mostra di quest’anno conta 35 artisti di cui 22 italiani, la maggior parte liguri; una rappresentanza più nutrita, di entrambi i paesi, che rappresenta uno spaccato dell’arte contemporanea italiana e finladese, pur conservando, come aveva già osservato Castren in occasione della mostra al Palazzo Ducale di Genova nel 2004, un punto di vista prevalentemente regionale: Finlandia Centrale e Liguria soprattutto.

E non avrebbe potuto essere altrimenti dal momento che l’iniziativa di Ferretti, nato a Genova ed emigrato in Finlandia giovanissimo - per realizzare un sogno di bambino, fantasticato sulla carta geografica di un banco di scuola - ha motivazioni affettive oltre che artistiche. Ha radici nel desiderio di favorire il dialogo e lo scambio culturale fra la sua terra d'origine e la sua terra d'adozione – legato ad entrambe – e di costruire un legame tra queste due patrie con momenti d’incontro e contaminazione tra le due culture.

Per quanto concerne agli artisti finlandesi, che, per gli scopi di questa recensione dedicata alle presenze italiane in Finlandia, non saranno ricordati individualmente, possiamo dire - sempre con Castren - che dopo la forte tendenza all’assimilazione degli anni sessanta, che ha visto gli artisti finlandesi seguire le correnti del modernismo internazionale, negli anni ottanta, nella fase postmoderna, vi è stata una svolta che ha portato al recupero culturale ed antropologico delle radici autoctone ed il progressivo abbandono di quella che potrebbe definirsi un’estetica di tendenza. Gli artisti hanno cominciato a sperimentare tecniche e stili diversissimi privilegiando una ricerca identitaria, sostenuta da un forte individualismo, che ha favorito, negli ultimi anni, il riconoscimento internazionale di molti artisti finlandesi.

Per quanto riguarda gli Italiani si può confermare molto di quanto detto dei Finlandesi; si tratta di un panorama assai variegato dove il dato comune consiste proprio nella ricerca e nell’affermazione di un’identità propria, nonostante si trovino, all’interno di questa selezione, piccoli gruppi di artisti che storicamente orbitano intorno a progetti culturali fortemente connotati come quello dell’associazione “Il Gabbiano” di La Spezia.

Si scorre comunque dalla pittura alla fotografia alla grafica al recupero di oggetti alle installazioni, con tecniche ed intendimenti fortemente individualistici. La varietà dei linguaggi che caratterizza la selezione è tale da costituire un estratto ponderoso del panorama artistico contemporaneo del nostro paese. Non esaustivo, certamente, come difficilmente potrebbe accadere per qualsiasi mostra, in un momento storico in cui la scena artistica sembra dominata, prima di tutto, dalla differenziazione dei linguaggi.

Molti degli artisti di questa mostra, si muovono tra poesia visiva e concettualità, alcuni con una sensibilità particolare per la musica, tanto per la visualizzazione delle armonie quanto per la musicalità dell’immagine, come Fernando Andolcetti, anche ottimo pianista, e Mauro Manfredi, recentemente scomparso; figure di primo piano entrambi del “Gabbiano”, con Cimino e Commone. Bruno Cassaglia, ai margini della poesia visiva, si muove tra poesia ed immagine facendo prevalere ora l’una ora l’altra, sconfinando più spesso nell'immagine-poesia come in questo caso, con due teneri uccellini immersi nel colore giallo e rosso di due grandi tele, non lontano dalla concettualizzazione di tematiche naturalistiche, altrimenti espresse da Luisella Carretta e Riri Negri, sulla scia di una grafica inespressionista e concettuale la prima, pittorica, ma rigorosamente acromatica, la seconda, che ha fatto delle sue galassie in bianco e nero - ottenute cancellando a gomma tele e tavole trattate col nero alla nitro - e della musicalità del segno la cifra della sua annosa ricerca. Concettualmente variegato il lavoro di Emma Caprini, tra recupero di segni della quotidianità e sensibilità compositiva; di Ruggero Maggi, milanese, artista –poeta, come si definisce personalmente, di matrice decisamente concettuale, che sa muoversi a proprio agio verso qualsiasi possibilità espressiva dell’arte contemporanea; di Giuseppe Pellegrino che, di formazione letteraria, predilige il segno scritturale declinato visivamente nel testo pittorico, scritto a mano dal basso verso l’alto con una biro, nel caso di Penelope, l’opera di questa mostra. Marisa Cortese, piemontese, quasi sempre partendo da materiali di recupero, porte, tavole, piume, perle e frammenti di qualsiasi cosa, apporta i suoi interventi coloristici, scritturali e compositivi, appropriandosi della “connotazione nostalgica” degli oggetti che ha scelto per restituirli in opere dai rimandi poetici, più spesso al femminile. Accanto a questi, i quadri di luce e colore, archeologie probabili, di Angelo Molini; la cupola surreale abitata dagli angeli di Annalisa Campailla, intimamente dialogante con l’opera della collega finlandese Lea Turto. Il tema dell’angelo è caro anche ad Alberto Terrile, che, con le sue fotografie d’atmosfera, ne ha fatto un work in progress da molti anni, occupandosi anche d’installazione che è, invece, il terreno di gioco di Gianni Sedda, scultore contemporaneo di forme astratte, spesso curvilinee, leggere, dinamiche, colorate e sospese, sul tema dei rapporti plastici e della modularità dello spazio.

Nel percorso dei rapporti tra idea e creazione artistica, oggetto e speculazione concettuale, natura e cultura, si inseriscono le ricerche dai rimandi new –dada di Cosimo Cimino, che, declinando frammenti di lattine per bibite in ritratti dal sapore citazionista, come la Paolina Borghese Buonaparte di questa mostra, moltiplica il dialogo tra storia e memoria così come Margherita Levo Rosenberg che, incurante della congruità temporale, spaziale e contenutistica degli accostamenti, assembla i suoi pavé di coni rossi contenenti immagini plastificate tratte per lo più dai giornali; una salsa mass-mediale incombente della storia contemporanea che, volendo, si potrebbe ricomporre come i ritagli stampati dell’”ultima cena” di Leonardo da Vinci, frammentati, destrutturati e riordinati nelle composizioni geometriche di materiali plastici di Josephine Caviglia, o ancora gli objets trouvés delle installazioni di Alberto Ferretti, accostati in composizioni stranianti – talvolta inquietanti - che sembrano tentare una ridefinizione del reale per rimandare a significati inediti. Ancora sulla scia della ricerca concettuale gli interessi poliedrici di Mario Commone, che nei suoi accostamenti d’immagini riesce ad integrare pittura, video e fotografia, evocando scenari inconsueti che rimettono in discussione le differenze fra le tecniche, fra le categorizzazioni della rappresentazione, fra i generi artistici.

Nella scia di una maggior attenzione alla costruzione pittorica dell’immagine, agli aspetti iconografici dell’espressione e delle risultanze estetiche della rappresentazione, in senso lato, le ricerche pittoriche, materiche, coloristiche e formali di Sandro Cortesogno in cui l’ambivalenza e la commistione tra reale e virtuale, tra manufatto e prodotto tecnologico, si avverte insidiosa per palesarsi del tutto nel lavoro di Sergio Antola che, con le sue immagini vere o specchiate, i suoi specchi veri o finti, confonde le acque per riflettere sulla complessità sociale e culturale del nostro tempo, aiutato dagli spessori e dalla ricchezza polimaterica Giovanni di Nino e le immagini coloratissime, dai rimandi neo pop, elaborate a computer, di Paolo Nutarelli dove la prevalenza delle tonalità calde della tavolozza sembra evocare la mediterraneità. La pittura di Davide Ragazzi poi, con le sue pennellate veloci, i suoi aerei e i suoi mondi d’immediatezza percettiva, trattiene e filtra tutta l’esperienza del 900 per transitarla nella contemporaneità.

Infine, ma non ultimo, Guido Ziveri, classe 1927, che, con la pittura di contenuto sociale, la fotografia, la grafica pubblicitaria, le citazioni e gli accostamenti d’immagini, nella scia delle ricerche concettuali contemporanee, il Novecento lo ha percorso in lungo e in largo, anche temporalmente, davvero.


[Margherita Levo Rosenberg]