08/07/07

POESIA-SAPIENZA


[From the walls of London. Classic relief. Foto di Marzia Poerio]


"Argonauti nel golfo degli dèi" nasce nel 2001, come vero e proprio blitz poetico-rituale al solstizio di giugno, che prevede un arrivo sul lungomare di Lerici a bordo di un vecchio rimorchiatore ribattezzato per l'occasione Argò, azioni rituali e la lettura, da parte di poeti e attori, di testi ispirati al Risveglio, alla Rinascita Spirituale, alla denuncia dell'oscenità politica planetaria, con l'accompagnamento di grandi interpreti della musica contemporanea. Ci furono letture di Giuseppe Conte, Tomaso Kemeny, Massimo Maggiari, Gabriella Galzio, Mario Baudino, Angelo Tonelli, con l'adesione da Parigi di Alain Jouffroy; si proclamò il Governo Mondiale della Poesia e della Sapienza Illuminata, con un gesto simbolico di sfida alla logica del Mercato e del Potere che va sempre più ottenebrando le menti degli umani. Nel corso degli anni l'evento ha conservato questa caratteristica di blitz poetico dal mare, con una forte connotazione ideale, accentuando sempre più il suo carattere rituale, e insieme di grande evento spettacolare, capace di coinvolgere un'intero paese intorno alla poesia [1].

La poesia è la forma di pensiero più sintetica, e la più vicina alla sapienza: c'è in essa una potenza superiore alla filosofia, perché invece di fondarsi sul lógos razionale si fonda sull'intuizione e sul nous, e dunque è più vicina a quello che io definisco "il pensiero degli dèi". Essa è anche, come l'arte in generale, una forma raffinatissima di meditazione-contemplazione della vita e delle emozioni, perché scrivere, o dipingere, o comporre, o scolpire, implica insieme inerenza e distacco rispetto alla vita e alle emozioni. Detto questo, occorre rendersi conto che la civiltà d'Occidente e d'Oriente è al tracollo, e che uomini politici, economici, religiosi, militari hanno miseramente fallito nella gestione del mondo. Spetta dunque ai poeti, agli artisti, farsi promotori di un risveglio e di una sensibilità illuminata che aiuti le èlites di potere e le moltitudini a liberarsi dai demoni che le ottenebrano. La poesia, l'arte in generale, deve promuovere una civiltà della pace, della solidarietà, dell'evoluzione spirituale, nei modi che ad essa sono propri, in assoluta libertà creativa.

È questo lo spirito che anima gli Argonauti ad armare di poesia una volta all'anno la nave Argò, per disseminare poesia-sapienza nella polis (in questo caso Lerici, ma potrebbe essere qualunque terra che si affacci sul mare), e poi continuare a seminarla nella vita di ogni giorno, nel nome di Orfeo: è questo il titolo dell'edizione di quest'anno, che si è svolta a Lerici il 21 giugno, a cui ha fatto seguito una round table su POESIA E MITO il giorno dopo, con interventi di Mario Baudino, Roberto Bertoni, Lucetta Frisa, Giuseppe Gorlani, Massimo Maggiari, Cecilia Rofena, Dieter Schlesak, Antonio Staude.

La poesia ricomincia da Orfeo, che ne è l'archetipo, sospeso tra l'Apollo dell'arte e della parola - ma anche l'Apollo sciamano Iperboreo - e il Dioniso del páthos e della visione, e insieme loro unificatore, e mediatore tra cielo e Inferi, per la sua capacità di discendere nel regno delle ombre alla ricerca di Euridice, e risalire alla luce: così il poeta che ritorna a Orfeo recupera la propria natura regale di sciamano della civitas, e si muove tra disciplina meditativa e mistica della parola poetica, capacità di rasentare l'indicibile e azione civilizzatrice nei confronti della pólis.

Definisco orfica la poesia che vive l'incanto, la sacralità e la magia della natura e lo riverbera attraverso l'incanto e la magia della parola, della musica e della visione.

La poesia, estenuata dalla ipertrofia cerebrale e letteraria di troppo Novecento, fatta esangue da poeti deprivati di qualsiasi afflato sapienziale, mistico e civico, ricomincia da Orfeo: come i poemi orfici nella hermenéia di Colli erano preliminari alla epoptéia eleusina, così la poesia ritorna alla consapevolezza di essere parola-musica che conduce alla soglia dell'immediato, in varie forme, in vari modi.

In filigrana, dietro il poeta orfico, c'è lo sciamano: come lo sciamano, il poietés discende agli Inferi della psiche (così Dante, Rimbaud, Goethe) e ne riemerge per offrire alla collettività il frutto del suo experiri.

Il poeta compiutamente orfico è insieme iniziato e poeta, e alla luce di questa ricognizione sul suo archetipo, risulterà davvero risibile il poeta contemporaneo, che si è ridotto a essere solo un letterato, e la categoria stessa dell'"orfico" e del "neoorfico", che viene applicata a poeti concettosi e cerebrali, privi di qualunque misticismo e magia nella parola, e soprattutto nella vita.

Ma occorre andare oltre, e riannodare il filo che corre tra quell'Orfeo e l'Orfeo di oggi, per rigenerare la poietiké téchne alla luce di quello spirito mistico-iniziatico, magico, incantatorio, eleusino, e insieme raffinato, adogmatico, libero.

La poesia-sapienza orfica è anamorfosi consacrante del mondo, mondi che si creano e ricreano in continuazione e continuamente rasentano il mistero; incanto della parola e magia della natura, discesa agli inferi e anábasis lucente; estasi, visione, manía e memoria mistica di una divina radice metafisica; gioco (il Dioniso bambino!) e divinazione, trance apollodionisiaca, che è adesione e distacco dall'impulso, e aspirazione all'armonia che liberi il mondo da Contesa.


NOTE

[1] Un resoconto dell'evento, a cura di A. Tonelli, si trova in "La questione romantica. Rivista interdisciplinare di studi romantici", IX, Bologna, 2002, pp. 183-208. Non è naturalmente casuale il collegamento con l'antologia GLI ARGONAUTI. ERETICI PER LA POESIA DEL XXI SECOLO, a cura di Gabriella Galzio, Milano, Archivi del '900, 2001.


[Angelo Tonelli]