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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
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ISSN 2009-7123
09/07/07
Piera Mattei, LE METAFORE ALIMENTARI NELLA POESIA DI EMILY DICKINSON (Seconda parte)
[Daily metal shining fork and knife. Emily's cutlery, though, is golden words. Foto di Marzia Poerio]
Liquori – Posateria – Carne
Insieme al richiamo evocativo della rima il metodo delle libere associazioni produce in Emily esiti di straordinaria originalità, e bere libera le associazioni, visive olfattive sonore. Tutto quanto nella sobrietà si trova freddamente separato secondo criteri di convenienza e di rango, si confonde nel vino beatamente, rivelando o addirittura inventando verità nuove, straordinarie. Per ogni bevitore un tappo di bottiglia ricorda un'avventura, di cui prova nostalgia (1628). Vino e liquori, bevitori e ubriaconi hanno la loro santa dignità in questa poesia. Li giustifica un sorriso che non separa il tragico dal comico, alla maniera di Shakespeare, altra fonte "classica", accanto agli Inni e ai Testi Sacri, sostanziale per la poesia di Emily.Tragicomico, ma anche simbolico, è l'aspetto del bevitore caduto nel fossato: la testa riversa nella sua "spettinata santità" guarda il cielo, come un arreso innocente.
Essere misurati e sobri non vale la pena e bere non corrisponde soltanto alla ricerca di un raffinato piacere da condividere, se possibile con l'amato, ma più ancora al bisogno di estinguere la sete (818) o di trovare l' oblio.
Tra le metafore alimentari risplende, è il caso di dirlo, un'altro vocabolo raro in poesia, che riguarda l'apparecchiatura della mensa: cutlery, posateria. Come può un fulmine che piomba giù far pensare a una forchetta che mani distratte lasciano cadere dalla tavola imbandita del cielo? L'immagine nella sua stravaganza diviene indimenticabile (1173).
Oltre ai convitati celesti, una minuscola creatura può vantare una posateria che invidierebbero a corte. È lo scoiattolo, la cui grazia nervosa, determinata e ben organizzata, Emily apprezza quasi altrettanto che la complessa psicologia dei piccoli uccelli. Lo scoiattolo di 1374 fa brillare le sue posate molto lucide tra le rossastre labbra, e l'eleganza con cui si apparecchia la mensa lo mostra, lontanissimo dall'avarizia degli uomini, magnifico e regale.
Avevo già accennato alla lirica 1651 per esemplificare espressioni evangeliche adattate liberamente alle esigenze del discorso poetico. Riprendo qui “Una parola fatta carne è di rado / e con tremore accettata” solo per sottolineare che Emily usa flesh, la carne in contrapposizione allo spirito, più raramente che meat, la carne che ci troviamo nel piatto, che si presuppone ci appetisca e che mangiamo.
Torniamo a quella fame da tigre, che si contiene solo in vista del cibo che ritiene più adatto al suo palato, della lirica 872 e avviciniamola all'offerta di cibo della poesia 1027. Qui Emily seguendo criteri di corrispondenza amorosa immagina di sistemare il suo cuore su un piattino, come una bacca, una ciambella, un'albicocca per deliziare il palato di chi ama.
C'è nella poesia della piccola donna biancovestita, della femminile produttrice di pane per i suoi cari, una componente di cannibalismo che certo dovette lusingare l'oggetto di tanto desiderio. Perché la parola cuore nella Dickinson non ha niente a che vedere con il dolciastro turbamento che aleggiò in molta poesia femminile, dal romanticismo in poi. Cuore è l'organo vitale che dà impulso alla circolazione del sangue, nelle vene e nel corpo: “Proprio come un parassita / la mente vive a spese del cuore” (1355). Il cuore è meat, non flesh. Non è la carne simbolica delle Sacre Scritture, è materia che nutre lo spirito. Il trascendentalismo di Emerson, per Emily sporadica fonte d'ispirazione, è capovolto. La materia è in continua dialettica con la mente che non la domina, anzi è il cuore di carne che accende ingegno e fantasia, quando ne ha la forza.
1645
The Ditch is dear to the Drunken man
for it is not his Bed –
his Advocate – his Edifice –
How safe his fallen Head
In her dishevelled Sanctity –
Above him is the sky –
Oblivion enfolding him
With tender infamy
1645
Il fossato è caro all'ubriaco
non è forse il suo letto
il suo difensore, la casa?
Com'è sicura la sua testa riversa
nella sua spettinata santità
sopra di lui il cielo
e l'oblio lo ricopre
di un'infamia protettiva.
1628
A Drunkard cannot meet a Cork
Without a Revery –
And so encountering a Fly
This January Day
Jamaicas of Remembrance stir
That send me reeling in –
The moderate drinker of Delight
Does not deserve the spring –
Of juleps, part are in the Jug
And more are in the joy –
Your connoisseur in Liquors
Consults the Bumble Bee –
1628
Chi beve non trova tappo di bottiglia
senza ricordo
così incontrando una mosca
in questo giorno di gennaio
si agitano giamaiche di ricordo
che mi fanno roteare
il bevitore moderato di piacere
non merita la primavera
ciò che inebria è in parte nella bottiglia
più ancora nella gioia
il tuo conoscitore di liquori
consulti il calabrone.
818
I could not drink it, Sweet,
Till You had tested first,
Though cooler than the Water was
The Thoughtfulness of Thirst.
818
Non potei berlo, amore,
fino a che tu, prima, non ne avessi gustato
e tuttavia l'urgenza della sete
era più fredda dell'acqua.
1173
The Lightning is a yellow Fork
From Tables in the sky
By inadvertent fingers dropt
The awful Cutlery
Of mansions never quite disclosed
And never quite concealed
The Apparatus of the Dark
To ignorance revealed.
1173
Il lampo è una forchetta dorata
fatta cadere da mani distratte
dalle tavole del cielo
maestosa posateria
di palazzi mai del tutto aperti
né del tutto segreti
congegni delle tenebre
che si rivelano all'ignoranza
1374
A Saucer holds a Cup
In sordid human Life
But in a squirrel's estimate
A saucer holds a Loaf.
A Table of a Tree
Demands the little King
And every Beeze that run along
His Dining Room do swing.
His Cutlery – he keeps
Within his Russet Lips –
To see it flashing when he dines
Do Birmingham eclipse –
Convicted – could we be
Of our Minutiae
The smallest Citizen that flies
Is heartier than we –
1374
Un piattino sostiene una tazza
nell'avara esistenza umana
ma nel giudizio di uno scoiattolo
un piattino sostiene un cuore di pianta.
Il re minuscolo esige
un albero come tavola,
a ogni refolo che passa
dondola la sua sala da pranzo.
Trattiene l'argenteria
tra le labbra rossastre
e vederla brillare mentre pranza
eclisserebbe Birmingham.
Se fossimo giudicati
per le nostre miserie
il più piccolo cittadino dell'aria
risulterebbe di noi più generoso.
1027
My Heart upon a little Plate
Her Palate to delight
A Berry or a Bun, would be,
Might it an Apricot!
1027
Il mio cuore su un piattino
per deliziare il tuo palato
potebbe essere una bacca, una ciambella
oppure un'albicocca!
1355
The Mind lives on the Heart
Like any Parasite –
If that is full of Meat
The Mind is fat.
But if the Heart omit
Emaciate the Wit –
The Aliment of it
So absolute.
1355
Come ogni parassita
la mente si nutre del cuore.
Se il cuore è ricco di carne
la mente è ben nutrita.
Ma se il cuore lo dimentica
l'ingegno deperisce,
così essenziale
il nutrimento del cuore!
[Traduzioni di Piera Mattei. La precedente puntata è in “Carte allineate”, 6, in data 2-6-2007]