2006. Sceneggiatura di Florian Henckel von Donnersmarck. Con Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Martina Gedeck, Ulrich Tukur and Thomas Thieme.
LE VITE DEGLI ALTRI è l'opera prima del giovane regista trentatreenne FLORIAN HENCKEL VON DONNERSMARCK, il quale ne ha anche scritto la sceneggiatura. È uno di quei film che vorremmo non finissero mai; il senso di partecipazione e le emozioni che ci lascia sono così forti che restiamo lì a guardare i titoli di coda riuscendo a fatica ad andar via solo quando si riaccendono le luci. Deve essere stato così anche per la giuria che gli ha dato l'Oscar 2006 come miglior film straniero e mai come questa volta la critica europea si è trovata d'accordo con l'assegnazione del premio hollywoodiano tanto che si è parlato di rinascita della cinematografia tedesca, grazie anche a recenti film come GOODBYE LENIN! e DOWNFALL (LA CADUTA).
La storia è ambientata a Berlino Est nel 1984. Il ministro della cultura si è invaghito di una sensuale attrice teatrale di successo Christa-Maria Sieland (MARTINA GEDECK) che è la compagna di un famoso drammaturgo, Georg Dreyman (SEBASTIAN KOCH), libero pensatore interessato più all'arte che alla politica, dalla quale intende restare fuori: infatti fino a quel momento non aveva subito alcuna censura o alcun controllo.
Ma il ministro della cultura decide di trovare una qualche pecca nella vita di Georg in modo da avere campo libero con la donna e per questo chiede al colonnello Grubitz (ULRICH TUKUR) di spiarlo. Grubitz a sua volta dà l'incarico ad un suo vecchio compagno di scuola, suo sottoposto, che è un integerrimo ispettore della Stasi, la polizia segreta che operava nella Germania dell'Est. Questi è il capitano Gerd Wiesler (ULRICH MÜHE), il primo personaggio ad apparire sullo schermo: freddo, senza emozioni, esegue i suoi compiti con diligenza e convinzione. Insieme alla squadra di tecnici istalla un sofisticato macchinario nel sottotetto del palazzo dove abita il drammaturgo per spiarlo 24 ore su 24.
Wiesler entra così nella vita degli altri, in un mondo che lui non conosceva dove Christa-Maria, Georg e i loro amici vivono di arte, sentimenti e passioni che contrastano con la sua vita, fatta di gesti quotidiani sempre uguali, grigia, vuota e senza affetti, che si svolge in un asettico e impersonale appartamento. In televisione c'è solo propaganda politica mentre la "sua" radio nascosta gli trasmette la musica di Beethoven che lo commuove, le parole di una poesia di Brecht di cui ruberà il libro, i dialoghi tra Georg e il suo più caro amico che lo turberanno e infine la storia di Christa-Maria, della quale diventa una specie di angelo custode. La sua intrusione nella vita degli altri porterà ad un profondo cambiamento della sua anima.
Oltre alla sceneggiatura e alla regia hanno sicuramente contribuito al successo del film la splendida recitazione degli attori, soprattutto di Ulrich Mühe, ma anche di Sebastian Koch e Martina Gedeck, la colonna sonora e le immagini. Dialoghi e immagini si sovrappongono a livelli paralleli creando spesso una sottile ironia rivolta in particolar modo al periodo storico. Contrariamente ad altri pareri, io non credo che Wiesler si innamori di Christa-Maria. Per lui l'attrice rappresenta tutto quello che l'arte alla massima espressione può suscitare, mentre sarà la scoperta delle emozioni e della compassione nel senso latino del termine, che agirà profondamente su di lui fino a fargli fare cose fino a quel momento impensate.
La scena conclusiva, che ovviamente non rivelo, si svolge negli anni subito dopo la caduta del muro di Berlino e noi spettatori, ancora scossi dal momento più drammatico del film, raggiungiamo la catarsi finale: Georg, il drammaturgo, viene a sapere dall'ormai ex ministro della cultura di essere stato controllato, quindi ricostruisce tutto quanto gli era successo in quel novembre del 1984, e scopre l'identità dell'uomo che aveva agito nell'ombra e che lo aveva salvato. Così, ora che è diventato anche autore di un best seller, trova il modo di esprimergli la sua riconoscenza e le immagini che accompagnano questo momento chiudono il film con un originale quasi-lieto fine.
[Paola Benchi]