12/02/07

Lia Levi, TUTTI I GIORNI DI MIA VITA

Roma, E/O, 2003


Anche Lia Levi, come altre autrici italiane contemporanee di varia impostazione (Lavagnini, Maraini, Tamaro), scrive una storia di famiglia, attraverso la quale può esprimersi un punto di vista femminile, in questo caso nel periodo precedente la modernizzazione dei comportamenti (avvenuta in Italia a partire dal miracolo economico). Nel rappresentare gli anni tra Venti e Quaranta del Novecento, espone i rapporti patriarcali, recuperando un'angolazione femminile sull'interpretazione del passato: dall'interno della microsocietà della famiglia si spazia sui rapporti sociali più ampi.

Tra le due sorelle protagoniste, Corinna è più tradizionale e Regina più ribelle, impegnata a sinistra e autonoma. Vengono così date anche forme prefemministe di indipendenza, collocate credibilmente all'interno di una famiglia benestante di professionisti (il capofamiglia, Valfredo, è avvocato) e non provinciale, residente a Roma. Dei genitori, i vicini mormorano con stupore: "[...] hanno due ragazze che vanno a scuola"; e c'è chi si domanda: "[...] cosa ci vanno a fare a scuola delle signorine? Non saranno mica di quei tipi alla moda, quelle 'emancipate'... che poi magari portano scandalo nel palazzo?" (p. 15). Insomma, che farsene dell'istruzione, visto che il ruolo era l'accudimento della casa, il badare alla famiglia?
Altre figure della storia sociale sono la domestica Tarantella e la vicina di casa Lilli. La prima si lascia ingannare dalle promesse di un fidanzato che la seduce a la abbandona, cosicché subisce un aborto e viene di conseguenza licenziata, torna al paese e lì ci sarà un matrimonio riparatore con un vedovo. La seconda è mantenuta da un gerarca fascista dal quale trae benefici ed è appoggiata nel lavoro di attrice.

Oltre a tali connotati, Lia Levi mette sulla pagina un'altra fondamentale forma di identità, che è quella degli ebrei nell'Italia fascista. Spiega che ancora ai tempi dell'approvazione delle leggi razziali del 1938 (descritte dettagliatamente alle pp. 245-46) c'era qualche speranza che "qui non è come in Germania... in Italia la gente comune non ha niente contro gli ebrei" (p. 249); aspettative detronizzate e svanite ben presto, perché parecchi ebrei spariranno nel 1943 deportati nei campi di concentramento: "'Stanno a porta' via li giudii [...], sono arrivati i camion tedeschi in ghetto... Stamattina presto... pare che hanno caricato tutti... pure i vecchi e le creature..." (p. 313). Se muoiono di morte naturale i piú anziani, Eliana e Valfredo (p. 285 e p. 290), l'olocausto perde tra i suoi violenti labirinti i giovani. Corinna denunciata da Lilli, l'amante del marito non ebreo Enzo, lascia un messaggio in cui accusa la propria denunciante e lo mette dietro l'armadietto del termosifone (pp. 320-21); all'arrivo dei tedeschi e dei fascisti, anche Enzo si denuncia come ebreo e vengono deportati in un campo di sterminio. Sarà Anna, la figlia di Corinna e Enzo, adottata da Regina e dal marito di lei, Claudio, a ritrovare il filo dell'identità ebraica, andando in un kibbuz israeliano dopo la guerra. È surrealmente la casa, che era stata la prima a parlare (nel corsivo a p. 9), l'ultima a rivelare il ritrovamento del biglietto di Corinna negli anni Novanta del secolo scorso, messaggio non più interpretabile e finito tra i calcinacci di una ristrutturazione dell'appartamento venduto da Anna (che vive a Israele e ha costituito una sua famiglia) e Regina (ora senatrice); ma la memoria non si perde, perché resta la storia narrata a portare al presente la necessaria testimonianza di quegli anni.

Non solo microstoria di vite spezzate e problematiche familiari, dunque, ma macrostoria e dramma. Lo sviluppo del regime fascista viene descritto, con riscontri dalla cronaca, nella formazione, avvento al potere, dittatura, soprattutto tramite le conversazioni tra il padre delle ragazze, Valfredo, e lo zio Cesare, ma anche attraverso i dialoghi di altri personaggi e citazioni dai giornali dell'epoca ("Gramsci in prigione, Buozzi scappato in Francia, e così Treves... Saragat... Nenni, Rosselli e Parri arrestati, e Turati fuggito su un motoscafo in Corsica... 'Ma lo sai, già a dicembre dell'anno scorso, quanti erano i confinati? [...] Più di cinquecento, e questo dopo nemmeno due mesi dalle leggi speciali", p. 186). È realistica anche la differenza di impostazioni e di rapidità nel capire il ruolo del fascismo dei vari personaggi: da quelli piú conservatori agli oppositori. Simili per esclusione in quanto donne, anch'esse in questo romanzo sono diverse per convinzioni politiche.

Scritto con semplicità, TUTTI I GIORNI DI MIA VITA è un romanzo di effetto collettivo ed esistenziale che riesce a raccontare con sincerità oltre che con efficacia, alternando il tono leggero di alcuni avvenimenti del quotidiano al racconto tragico di chi è travolto. A volte si pensa che la narrativa mimetica e intesa all'immedesimazione sia formulaica e impedita nell'innovare, ma in quale altro modo si ripropone ai lettori la possibilità di riflettere su quanto non va dimenticato? Tra chi oggi narra secondo queste modalità ci sono diversi approcci: se ne tenga conto per valutare il divario tra romanzi conformisti e alternativi. Altrettanto dissimili sono i procedimenti di chi scrive secondo poetiche meno incentrate sulla presa diretta del reale: nemmeno in questo caso si ignorino le ideologie e i punti di vista avanzati. Pare infine positivo che ci siano modi differenziati di esprimersi nel campo della finzione: non ci sembra indice di confusione che oggi si possano adottare diverse tecniche narrative, bensì una possibilità in più a disposizione degli autori. La scrittura è letteratura se è linguaggio; ma se nelle storie e nelle poesie la vita che viviamo non c'è, a cosa servono i libri?


[Roberto Bertoni]