09/02/07

Emmanuel Carnevali, RACCONTI DI UN UOMO CHE HA FRETTA

A cura di Gabriel Cacho Millet, Roma, Fazi, 2005

Il racconto, quando è grande, è anche poesia e anche filosofia. Una meravigliosa "incapacità" di separare tecnicamente i generi di discorso rende luminosi i racconti di Emmanuel Carnevali pubblicati ora per la prima volta in italiano. Pienezza, rapidità, audacia, energia nel perseguire il culmine, libertà da schemi letterari e di pensiero. Eppure di questo straordinario scrittore italiano in lingua inglese non c'è quasi traccia nelle nostre storie letterarie. Mai espatrio linguistico è stato più simile a un esilio. Beckett si mise a scrivere in francese ma restò scrittore irlandese. Lo stesso vale per l'ungherese Kristov. L'Italia invece ignora Carnevali. Fu Ezra Pound a parlarcene per la prima volta sul "Corriere della sera" nel 1925. Poi silenzio fino al 1978, quando Adelphi pubblica IL PRIMO DIO, un volume di 434 pagine che raccoglie il romanzo autobiografico omonimo, poesie, racconti e saggi. Poi di nuovo silenzio. Carnevali scappò dall'Italia e dal padre a diciassette anni, nel 1914. Si imbarcò per New York senza un soldo e senza conoscere la lingua. Fece il lavapiatti e lo spalatore di neve.Tre anni dopo, mandò alla prestigiosa rivista "The Poetry" alcune poesie in inglese con queste parole: "Voglio diventare un poeta americano perché, nella mia mente, ho ripudiato i modelli italiani di buona letteratura". La rivista le pubblica, vince un premio, collabora a altre riviste. Così Carnevali, a appena vent'anni, entra nel centro più vivo della ricerca poetica americana, e la colpisce al cuore, influenzando le sue linee future. William C. Williams gli dedica nel 1920 un numero della rivista "The Others". Ammalatosi di encefalite letargica rientra in Italia nel '22, dove passerà da una clinica all'altra fino alla morte, avvenuta nel '42, all'età di 45 anni. "Di tutte le attività umane l'unica utile è l'arte" – scriveva Carnevali contro i poeti tecnicisti americani e la loro "incapacità di essere parte combattente del mondo che li ha espulsi". Oggi la forza della sua scrittura ci giunge intatta, senza che nessun Verlaine italiano gli abbia appiccicato su l'etichetta limitante del poeta maledetto.


[Carla Benedetti]