05/07/19

Miguel Grinberg, MARIO SOFFICI

Buenos Aires, Centro Editor de América Látina, 1993

Nato nel 1900 a Firenze, Mario Soffici emigrò a nove anni in Argentina con la propria famiglia. Nella vita adulta, passando attraverso lavori manuali, il circo, il teatro e in parte il cinema muto, divenne infine regista del sonoro, producendo uningente quantità di film, circa ottanta, di valore artistico variabile, ma tutti destinati a segnare i sentieri della cinematografia argentina per alcune caratteristiche tipiche: il riferimento alla realtà quotidiana, la consapevolezza neorealista delle classi sociali, il melodramma e l’importanza dei sentimenti oltre che della descrizione di ambiente.

Tra i film più noti a sfondo sociale, si ricorderà Prisonieros de la tierra (1939), che Grinberg considera una delle pellicole fondanti di vari “archetipi riconosciuti del cinema latino-americano […]: riferimenti al contenuto sociale, aspetti drammatici, eroe incorruttibile, inserzione del paesaggio, diversi elementi etnici, ritmo narrativo, lampi poetici” (p. 45).

Oltre a Prisonieros de la tierra, tra i film considerati maggiormente validi da parte dello stesso regista, si collocano Tres hombres del río (1943) e Viento Norte (1937).

Giustamente Grinberg ne aggiunge altri, in particolare Rosaura a las diez (1958), basato su un romanzo di Marco Denevi, film costruito sul rapporto tra immaginazione e realtà, le coincidenze che spingono verso un destino, i motivi della famiglia e dell’amore fatale, melodramma in parte e in parte racconto onirico seppure caratterizzato da una recitazione realistica.

Secondo il critico Madrid, citato da Grinberg, “Soffici è argentino per via del clima; nazionale per i temi; e tipico per l’originalità che esclude quanto è comune e banale. La sua cinepresa si muove con lentezza, gravità e trascendenza pausata” (pp. 39-40).


[Roberto Bertoni]