27/04/19

Marina Pizzi, DAVANZALI DI PIETÀ, 2008 (Strofe 61-65)


61.


un codice di nero un avvistamento
dentro la stanza del cordolo
domestico agguato ad ogni giorno.
le premure dell’àncora stamane
hanno indipendenze non servono
il lato della musa reliquiaria.
lo sgombero per potere le distanze
in terra di anomalia la grande gioia
se finalmente taccia il sì della caccia.


62.

dove si sta termini di eclissi
vige la nenia nell’agonia
del minatore. il torto assiso
dentro la nicchia dell’ulivo 
a mo’ di demerito con zattera
del sale. il leggio del rantolo
trovi la giostra del miracolo
del gioco. a terra per il mito
ti vedrò lo sguardo di natale.


63.

in un mare di corsa corsaro
la sassaiola di un io di flagello
flagellato. a ritmo di neve
la verità di andarsene 
se questo è il dazio se questo
è il gelo che fa cantone il mondo.
in officina il fatuo ripetente
ha teschio in cima alla sorveglianza
che veglia di moribondi il fatuo
piatto.


64.

finalmente avrò l’accattonaggio del sonno
l’erta fumida dell’aria da buttare
contro il tranello del seno nudo
che fa svoltare le curve per mentire
il tiro del cipresso verso il cielo.


65.

nel lutto che sconquassa tutta la voce
l’avaria del varo, il lungo vano
che ammaina la rendita del sangue
che il guado innalza senza la partenza.
ricamo a marmo questo soqquadro
tenente l’irriverenza dell’acqua marcia
finalità del pane la muffa in far d’affanno.



[Le strofe precedenti sono sui numeri scorsi di Carte Allineate]